Nel numero scorso di questa rubrica – il primo di una primavera esitante – mi rallegravo delle sorprese che, sempre più frequenti, movimentano le novità discografiche. La primavera avanza e si afferma e le sorprese continuano, questa volta con un cd che associa un’ensemble inconsueto e un programma esaltante.
L’ensemble è quello delle Ance Stregate, un quartetto di clarinetti (clarinetto piccolo, clarinetto in si bemolle, corno di bassetto e clarinetto basso) che, in qualche anno e con una decina di cd – pubblicati autonomamente, per il proprio label QAH (Quatuor Anches Hantées) -, ha presentato una serie di programmi originali e pieni di vitalità (e di umorismo), associando geniali trascrizioni dei capolavori del quartetto per archi e del repertorio lirico al rock, al funk ed alla danza sino alle favole per i bambini.
La sua più recente edizione, quella che mi ha permesso di scoprire il QAH, ha per titolo Fanny M, ed è dedicata ad un personaggio affascinante anche se, nel panorama della musica romantica, non ha il posto che meriterebbe. Fanny Mendelssohn, sorella di Felix, che al fratello – ma sopratutto ad un secolo che alla donna concedeva la pratica musicale soltanto come una distrazione – sacrificò le sue aspirazioni, rinunciando a lungo a pubblicare les sue, pur interessantissime, composizioni, riservandole, come il suo talento di pianista, ad un ambito strettamente privato se non esclusivamente familiale.
Il momento forte, che conclude il programma del cd, è il suo Quartetto (l’unico composto da Fanny) in mi bemolle maggiore, un’opera sensuale e densa di fermenti e di emozioni e che, appunto, non essendo destinata ad uscire dalla cerchia ristretta del salone familiale, si permette inconsuete audacie formali. A questo capolavoro il Quartetto ne ha associato un altro, di comparabile intensità, il Quartetto op.18 n.1 di Beethoven, mirabilmente (e fedelmente) trascritto per il singolare organico di fiati, poi un’opera originale, anch’essa ispirata a Beethoven, quasi un melodramma, che l’autore, il compositore francese Richard Dubugnon, a scritto per le Anches Hantées: la Lettre à l’immortelle bien-aimée. Il riferimento alle tre lettere che Beethoven scrisse ad una sconosciuta nell’estate del 1812 (senza mai inviarle; esse furono trovate tra le sue carte soltanto dopo la sua morte), è evidente. Didier Sandre, della Comédie Française legge con molta penetrazione i testi.
In attesa di Strauss&Co, il prossimo opus del Quartetto che dovrebbe uscire entro l’anno, creato in collaborazione con ballerini classici ed hip-hop, segnalo inoltre l’entusiasmante Opéra Sans Diva,
Per il suo travolgente programma, niente dive o soprano coloratura né tenori di grazia o baritoni di forza, ma i quattro clarinetti prestano le loro molteplici e versatili voci alle pagines più emblematiche del repertorio lirico, da Verdi a Puccini e Leoncavallo e da Johann Strauss a Jules Massenet e Nikolaï Rimsky Korsakov. Un’ora di assoluta delizia e scatenata fantasia.
Fanny M
Quatuor Anches Hantées – QAH (68’02)
Opéra sans Diva
Quatuor Anches Hantées – QAH (56’35)
Carlo Gesualdo
Sacrae Cantiones – Il Pomo d’Oro Choir, Giuseppe Maletto – Aparté
Decisamente, Il Pomo d’Oro affolla non soltanto le mie cronache, ma, nelle forme più variegate e nei repertori più diversi, la vita musicale, con i suoi concerti e le sue gloriose registrazioni. Questa volta Il Pomo d’Oro canta, e canta la polifonia più straordinaria, più inattesa e sorprendente, un monumento della musica della fine del Rinascimento, un’epoca già illuminata da geni come Monteverdi e Luca Marenzio. Il Primo libro delle Sacre canzoni a cinque voci, che Carlo Gesualdo, principe di Venosa e conte di Conza – più noto ai suoi tempi per aver assassinato la moglie (e fatto uccidere il di lei amante) sorpresi in flagrante adulterio – scrisse e pubblicò, si dice, per espiare un delitto che pure, all’epoca – e secondo gli usi della Corte spagnola, applicati a Napoli -, era considerato pieno diritto del marito offeso (nell’Italia del nord, invece, la morte della moglie poteva bastare…).
Al di là della personalità ambigua ed affascinante del Principe-assassino-compositore, colpisce la forza espressiva e l’originalità di questa musica, sopratutto nelle inquietanti, mai ascoltate armonie che, molto più tardi, hanno ispirato compositori nostri contemporanei. Ernst Křenek scriveva alla fine degli anni ’50: «Se Gesualdo fosse stato preso sul serio ai suoi tempi come lo è oggi, la storia della musica avrebbe seguito un percorso ben differente». E Igor Stravinsky, con il suo Monumentum pro Gesualdo, iniziò una lunga serie d’omaggi alla memoria ormai assolta del Principe, sino alle Voci sottovetro, elaborazioni da Carlo Gesualdo di Venosa di Salvatore Sciarrino (che ha anche scritto, per l’«opera dei pupi», La terribile e spaventosa storia del Principe di Venosa e della bella Maria) ed alla canzone Gesualdo di Venosa di Franco Battiato.
L’interpretazione che Il Pomo d’Oro diretto da Giuseppe Maletto dà di questa musica, che oggi ancora ci sorprende sino al turbamento, ne mette in rilievo, attraverso gli elusivi colori delle armonie e lo splendore delle voci, tutto un mondo di tormenti e perversioni sublimati in un’indecifrabile ascesi.
Il divino Cipriano de Rore
Ensemble Il Ballo, Leonardo Loredo de Sá – Hortus (77’05)
Ed ecco, quasi evocata per esorcizzare l’oscuro personaggio del Principe uxoricida, un altro astro della musica vocale del Rinascimento, il divino Cipriano de Rore, morto a Parma qualche mese soltanto prima della nascita a Venosa di Carlo Gesualdo. Un florilegio delle sue composizioni – sopratutto dal Primo libro dei Madrigali a quattro voci del 1550, arricchito dalle delle «diminuzioni» (adattamenti per voce e strumenti, movimentati da ornamentazioni) di Giovanni Bassano, Girolamo della Casa ed altri compositori che sino alla fine del ‘600 continuarono ad adattare queste sublimi musiche ai gusti dell’epoca.
Il programma si apre col conosciutissimo Ancor che col partire (originariamente a 4 voci) il cui testo è denso di sottintesi erotici, e prosegue inframmezzato da trascrizioni di Ricercari di Adrien Williaert e Marco dall’Aquila.
Il canto, sia quello della deliziosa soprano Véronique Bourin, dalla grazia agile, senza alcuna forzatura, che quello del liuto di Leonardo Loredo de Sá che dirige l’ensemble Il Ballo, del cornetto, del sackbut (spingi-tira: l’antenato del trombone) o della viola, si solleva, puro e leggero, grazie anche alla registrazione, aerea e mai forzata.
Hager Hanana
Ballade pour un violoncello piccolo – Weiss, Abel, Bach, Biber – Seulétoile (53’)
«Questo programma è nato da una meravigliosa scoperta, quella del violoncello piccolo – scrive Hager Hanana, la geniale virtuosa interprete della «Ballata» (lo strumento a cui è dedicato questo singolare cd è più piccolo del suo fratello maggiore, e gli è stata aggiunta una quinta corda, nell’acuto). – Dotato di bei gravi e di acuti luminosi, il suo potenziale espressivo non cessa di abbagliarmi. Che si manifesti attraverso il più stravagante virtuosismo o la più pura poesia, questo mondo sonoro così particolare lascia raramente indifferenti.
Ed ecco, attorno alla Suite n.6 di J.S. Bach (scritta, a quanto pare, specificamente per questo strumento che sembra Bach prediligesse), trascrizioni di musiche per liuto di Sylvius Leopold Weiss, per la viola da gamba di Carl Friedrich Abel e, per concludere, la sublime Passagaglia in Sol minore «L’Angelo Custode» dalle 15 Sonate del Rosario che Heinrich Ignaz Franz von Biber scrisse per il violino solo.
Prima apparizione discografica, questo cd d’Hager Hanana è l’affascinante ritratto di questa entusiasmante solista franco-tunisina dai molteplici talenti, sia umani che musicali.
Berlioz Lost Oboe
Early French Romantic Music for Oboe and pianoforte – Christopher Palameta: oboe, Olivia Sham: pianoforte – Ramée – (55’41)
«Non è altro che il marchio di una storica ingiustizia che gli oboisti sono costretti a sopportare» diceva il grande oboista inglese Leon Goossens, reagendo al luogo comune secondo il quale l’800 è stato un periodo di crisi nella storia dell’oboe, in quanto lo strumento era giudicato incompatibile con l’estetica dell’espressione romantica. Ed, opportunamente, il programma di questo cd – intitolato nell’evocazione di un «oboe perduto» di Hector Berlioz – sembra concepito per, in qualche modo, spazzar via questo banale pregiudizio.
Mondnacht di Robert Schumann ma anche illustri sconosciuti come Gustave Vogt con i suoi Vocalises de Crescentini transcrites pour le hautbois, Nicolas-Charles Boxas e Johann Peter Pixis, ritrovano suono e vita nell’impegnata interpretazione di Christopher Palameta – virtuoso canadese di evidente origine italiana – ed Olivia Sham, che interpreta inoltre Les soupirs de la harpe éolienne di Friedrich Kalkbrenner e L’art du chant appliqué au piano del grande pianista virtuoso Sigismund Thalberg. Queste opere, qui registrate per la prima volta, fanno parte di un vasto corpus di composizioni cameristiche dell’800 per oboe e pianoforte, sepolte dall’oblio malgrado la loro appartenenza alla più vivace e dinamica tradizione della musica francese per strumenti a fiato. Si potrà, forse, rimproverare allo strumento protagonista – un oboe francese di Guillaume Adler (Paris, 1835 circa) – qualche sonorità un po’ vuota nell’acuto, ma nondimeno la raffinata interpretazione, accompagnata da un grand piano Erard del 1840, mette nella giusta luce le liriche rarità piene di sentimento di questo repertorio ingiustamente dimenticato.
Tatiana Probst
Matter of Time Project – Laurent Korcia, Nicole Garcia, Gillaume Vincent, Philippe Hattat, Quatuor Rosamonde… – Continuo Classics (65’)
«J‘écris ce que je veux entendre» (Scrivo quel che ho voglia di ascoltare) dice Tatiana Probst, la giovane soprano-pianista-poetessa-compositrice francese parlando della sua musica, di cui questo cd presenta una prima, eclettica, scelta. Differenti ispirazioni, dal jazz (con armonie debussyane: D’ombre et de lumière) al contemporaneo Dutilleux (Ainsi un nouveau jour) e dalla mitologia greca (Le serment d’Hippocrène) a quella nordica (Wotan’s Träumerei) si succedono in questo programma, in un itinerario ben rappresentativo dell’evoluzione e della continuità del lavoro di Tatiana. Una musica sensible ed accessibile che gioca sulle emozioni, gioiose o melanconiche, ispirate da mondi diversi come il jazz, la melodia francese o il repertorio verista.
Differenti interpreti, solisti – i violinisti Laurent Korcia e Iris Scialom, Philippe Hattat al pianoforte, la sassofonista Carmen Lefrançois assieme all’attrice Nicole Garcia – ed ensembles (il Quartetto Rosamonde) si alternano in un’impegnata interpretazione delle opere della versatile ed appassionata compositrice, in un’intensa integrazione di suoni e parole, di musica e poesia.
Nel video, registrato a Parigi, Salle Gaveau, Tatiana interpreta Les Ans volés (Gli Anni rubati) accompagnata dall’Orchestra Pasdeloup – che ha commissionato l’opera – diretta da Julien Masmondet.
Camille Pépin
Les Eaux célestes – Orchestre National de Lyon, Ben Glassberg – NoMadMusic (64’)
«Camille Pépin è una delle compositrici più prestigiose della sua generazione», «… una figura fondamentale (irrinunciabile, imprescindibile …) della scena musicale contemporanea» … ma, sopratutto Camille è un giovane (33 anni), affascinante genio capace, con le sue composizioni, di «comunicare», senza celarsi dietro inutili, indecifrabili, intrichi.
Camille ha non soltanto la fantasia, l’immaginazione per concepire magiche atmosfere sonore, evocatrici di paesaggi e di eventi, di attese, nostalgie o rimpianti, ma una sapienza, una «cultura musicale» e, sopratutto, una vitalità quasi artigianale, capaci di dare a queste manifestazioni del suo genio una forma concreta, accessibile e di immediata, istintiva comprensione.
Ma, veramente, tutte queste parole sono superflue: la sua musica va ascoltata, non raccontata. Ed è con la gioia di una scoperta continuamente rinnovata che si ascolta questa prima monografia che l’Orchestra Nazionale di Lione, egregiamente diretta da Ben Glassberg, dedica alle musiche di Camille Pépin. Opere concepite per formazioni diverse, dall’orchestra da camera alla grande orchestra sinfonica, magistralmente impegnate nella rappresentazione delle poetiche evocazioni dei Confins de l’orage, delle Eaux célestes, di Avant les clartés de l’aurore e delle altre composizioni, tutte densamente abitate da un immaginario poetico e dall’evidenza quasi pittorica.
Oeuvres pour la main gauche, volume 9
7ème Art (Musiques de Film)
Maxime Zecchini: pianoforte – Ad Vitam Records
Oeuvres pour la main gauche, volume 10
Quintettes de Franz Schmidt – Quintetto con clarinetto in si bemolle (1930), Quin tetto in Sol maggiore (1926) – Maxime Zecchini: pianoforte, Patrick Messina: clarinetto, Quartetto Ellipse – Ad Vitam Records
Con il volume 9 & 10 si conclude l’impresa del pianista Maxime Zecchini che, grazie all’appassionato impegno di Ad Vitam Records, ha registrato in 9 anni tutto (o quasi) quanto è stato scritto o adattato per il pianoforte suonato con la sola mano sinistra. Tre secoli di musica, 48 compositori, 78 opere, dai concerti con orchestra e la musica da camera alla musica contemporanea e per il cinema. «Questo repertorio, denso di ricchezza poetica, è altrettanto sensibile che virtuoso e spettacolare – ha detto Maxime Zecchini -. Dietro ciascuna di queste composizioni c’è una storia umana, un incontro, un contesto singolare. È il caso di Paul Wittgenstein, per esempio, che perse in guerra la mano destra. Per lui Maurice Ravel scrisse il Concerto per la mano sinistra dimostrandone le immense possibilità. Grazie alla disposizione delle dita, alla sua agilità naturale (esaltata da un lungo lavoro, è il caso di aggiungere …) ed alle potenti sonorità del registro grave dello strumento, la mano sinistra può far suonare il pianoforte come un orchestra».
L’opus completa è ora anche disponibile in un cofanetto di 10 cd + 1 DVD che contiene la registrazione video di alcune delle opere presentate, dalla trascrizione per pianoforte solo del Concerto di Ravel alla Méditation de Thaïs di Jules Massenet.