I sogni, talvolta, si manifestano su internet, ci affascinano, ci coinvolgono e trasportano altrove, poi svaniscono lasciandoci con un vuoto misterioso dentro, un interrogativo a cui soltanto la musica può dare una plausibile risposta.
Il sogno che vi propongo questa volta – e che potrete vedere cliccando sul link – ha un titolo – Vivaldi e l’Angelo d’avorio -, degli interpreti evanescenti, una regista, ma sopratutto un luogo – che, di per se stesso, è un sogno: Venezia -, ed uno strumento che è il vero protagonista. Tutto potrebbe restare indeterminato per rendere la storia ancora più incredibile, affascinante, ma i personaggi meritano di essere citati: Simone Toni è l’oboista disoccupato che attende in cima al ponticello sul canale un segno del destino, il quale gli arriva attraverso gli occhi di Camilla Grandi, la putta onorata che con uno sguardo carico di promesse lo attira nella sua scia verso la chiesa dell’Ospedaletto ed il confessionale in cui si cela il meraviglioso strumento – un oboe d’avorio – che animato dal soffio di Simone evocherà il cosiddetto Adagio dei chiodi del Concerto RV458 di Vivaldi. Simone mi ha raccontato che alla prima, reale, apparizione dell’Angelo d’avorio (è questo il nome del meraviglioso strumento), perse la testa e non vide altro; nel video, invece, non si accontenta della magia dell’oboe ritrovato, la putta lo distrae, vuol farne la sua allieva se non più, ma lei, come in tutti i sogni che si rispettano, svanisce ed un inquisitore sopraggiunto (Alessandro Bressanello, noto attore veneziano) allontana definitivamente l’interprete dai suoi fantasmi e dalle sue velleità …
Senza dimenticare Valentina Confuorto che è la realizzatrice di questo gioiello – candidato al David di Donatello -, donna d’immagine ma sopratutto musicologa e musicista, che ha saputo immergere la storia in cadenze ed atmosfere vivaldiane.
Cosa accade poi a Simone – che ha, comunque, conservato nella fuga il prezioso strumento? La risposta la troverete nei tre cd che seguono …
Vivaldi e l’Angelo di avorio vol.I
Late Oboe Concertos – Silete venti!, Simone Toni, oboe e direzione – Deutsche Harmonia Mundi (64’17)
Vivaldi e l’Angelo di avorio vol. 1 – Late Oboe Concertos
Vivaldi e l’Angelo di avorio vol.II
The European Journey – Silete venti!, Simone Toni, oboe e direzione – Deutsche Harmonia Mundi (58’03)
Vivaldi E L’Angelo Di Avorio vol. 2 – The European Journey
Vivaldi e l’Angelo di avorio vol.III
The Soul of Venice – Silete venti!, Simone Toni, oboe e direzione – Deutsche Harmonia Mundi (63’08)
Vivaldi E L’Angelo Di Avorio vol. 3 – The Soul of Venice
So che non dovrei ma non ho resistito. Non è ancora ciò che sarà nel cd, ma ne esco devastato, e volevo condividere con voi. Qui risiede il nostro cuore, qui risiede l’anima dei nostri suoni. Qui spero si percepisca l’Anima di Venezia, che tanto abbiamo cercato in questi anni, in questo che rimarrà dentro di me come il viaggio più profondamente ricco di tutta la mia vita cercando la musica e il suo incanto. In questo adagio di Vivaldi, l’Adagio dei chiodi, registrato all’Ospedaletto, chiusi nella chiesa ferita, protetti e accuditi dalla meraviglia dell’organo Nacchini. Era il 3 novembre 2014 ultimo giorno di registrazione e ultimo concerto di tutti i Concerti di Vivaldi per oboe che mai avrei immaginato un giorno di poter esprimere con la nostra voce e con la voce di un angelo di avorio. Dopo una settimana di sole Venezia ci salutava avvolta nella nebbia, pervasa di struggente bellezza e di tutta la sua magia di un luogo in cui realtà e immaginazione non sono sempre distinguibili. Quale dono del cielo ci è stato concesso di poter vivere …
Così scriveva, circa un anno fa, Simone Toni, il meraviglioso solista di questi tre prodigiosi cd, e direttore di Silete venti!, l’ensemble grazie al quale la musica di Antonio Vivaldi risorge a nuova vita dalle ceneri di interpretazioni abusate e di violente cure di ringiovanimento che non facevano altro che ridicolizzarne la rugosa vitalità.
Vivaldi è un compositore che, condannato da chi lo accusava di aver scritto 400 volte lo stesso concerto (Igor Stravinsky), è stato in realtà sacrificato da interpreti che non hanno saputo scoprire la prodigiosa ricchezza della materia sonora della sua opera. Crediamo di conoscerlo ed ancora, miracolosamente, riesce a sorprenderci, ma soltanto quando sono i suoi interpreti i primi ad esserne sorpresi, e si mettono in condizione di far veramente rivivere tutto il prodigio delle sue sonorità in una diversità che non è ricercata, voluta, ma nasce da un’esigenza spontanea, invocata dalla musica ed evocata dagli strumenti. E non è cosa facile, le intenzioni non bastano, né tutti i supporti culturali e filologici e gli strumenti originali.
Una prodigiosa alchimia è all’origine del miracolo di queste registrazioni, basata su due poli estremi: l’oboe d’avorio ricostruito da Olivier Cottet ed al quale Simone Toni è arrivato in seguito ad una serie di coincidenze che hanno del soprannaturale, e l’organo Nacchini – altrimenti detto «l’ammiraglia di Venezia» – nella chiesa dell’Ospedaletto ove sono stati registrati tre cd, uno strumento dalle sconvolgenti sonorità, base monumentale alle vertiginose invenzioni dei sette solisti dell’ensemble, uniti in un comune e travolgente godimento, in una vitalità non egoista, contagiosa, tutta vivaldiana.
Ho parlato dell’oboe d’avorio, ma in realtà ce ne sono tre. Dopo la miracolosa apparizione del primo, Simone ne ha voluto due altri, partecipando alla loro creazione – dovrei dire «nascita» – e lasciandosi sedurre dalla loro identità, dalla loro sensualità, ognuno di essi con un suo modo particolare di accogliere il fiato, di accompagnarlo per trasformare il soffio in vibrazione.
Tutto questo, con tante altre storie, è raccontato nei libretti che accompagnano i cd, densi di informazioni (scritte, ohimè, in caratteri un po’ minuscoli …), ognuno con una storia di intrighi vivaldiani scritta dallo storico della musica Mario Marcarini. E Vivaldi e l’Angelo di avorio è anche il titolo di un bellissimo libro edito da Skira, che contiene altri «Racconti veneziani» di Marcarini, impreziositi dalle splendide illustrazioni di Piero Fornasetti.
Un grande evento musicale, vivaldiano e veneziano: non a caso il terzo cd si conclude con il suono della «Marangona», la campana maggiore del campanile di San Marco e l’unica ad essersi salvata dal crollo del campanile il 14 luglio del 1902.
Su YouTube, Simone Toni vi racconta la sua avventura con la musica di Vivaldi e l’Angelo d’Avorio.
Vivaldi e l’angelo di avorio. Racconti veneziani
Le geste augmenté
for cello solo & electronics – Marie Ythier: violoncello – Evidence (48’42)
Le geste augmenté -Marie Ythier
Ricordo i primi tempi della musica elettronica in Italia. Era il 1955 e nasceva a Milano lo studio di Fonologia della RAI, nato su progetto del fisico Alfredo Lietti e animato da due geniali compositori, Bruno Maderna e Luciano Berio, ma che viveva e progrediva grazie all’altrettanto geniale e appassionato tecnico, Marino Zuccari. A quell’epoca i tecnici della RAI officiavano in camice bianco, come i farmacisti, e l’informatica – che oggi starebbe tutta in un computer portatile – esigeva delle apparecchiature imponenti (lo Studio di Fonologia della RAI è stato trasferito al Museo degli strumenti musicali, al Castello Sforzesco di Milano, ma potete anche vederlo su YouTube).
Sessant’anni sono passati, e la musica elettronica a fatto tanta strada, evadendo dallo sperimentale e diventando, tra l’altro, molto più conviviale, grazie anche alle sue frequentazioni pop. Questo singolarissimo cd è l’illustrazione di quel che l’elettronica può essere per il musicista, uscendo dal laboratorio ed entrando in scena al fianco del strumento tradizionale (nel caso il violoncello). Marie Ythier ha «creato» le sei composizioni qui registrate (due di esse Zamyad di Alireza Farhang e Naissance des mots – Nascita delle parole – di NúriaGimenez-Comas sono state scritte per lei) ed in concerto le presenta assieme ad un altro personaggio – non so più come definirlo, se tecnico, ingegnere del suono o manipolatore della strumentazione elettronica – giovandosi di apparecchiature per la spazializzazione acustica elaborate dall’IRCAM in collaborazione con il Conservatorio Nazionale Superiore di Musica di Parigi. Nel disco, grazie a sofisticate tecniche che tengono conto sia di un possibile ascolto in cuffia che su altoparlanti, questa spazializzazione degli effetti elettronici permette di riprodurre gli stessi effetti del live.
Al di là, comunque, di tutte questi misteriosi intrichi informatici e acustici, affascina e convince la densa e intensa interpretazione di Marie Ythier che dà un senso musicale e poetico a questa sorprendente integrazione di suoni reali e inventati (per non dire irreali).
Potrete qui vedere la solista durante una seduta di registrazione del cd.
alla breve
Antoine Forqueray
Pièces de viole – Musicall Humors: Julien Léonard: viola da gamba, Thomas Dunford: tiorba, François Guerrier: clavicembalo – MUSO (72’56)
Antoine Forqueray – Pièces de viole
Julien Léonard entra in scena – come solista, poiché in ensemble aveva già dato prove notevoli delle sue doti – con un disco di grande impegno, dedicato ad Antoine Forqueray, musicista – ed uomo – misterioso. Sappiamo, dalle cronache dell’epoca, che fu l’unico, grande rivale di Marin Marais. Si diceva di lui che suonasse «come un diavolo» (Marais suonava, invece, « come un angelo») ma ben poco della sua musica è giunto sino a noi, e soltanto grazie al figlio Gian Battista – violista anche lui, e che il padre, geloso di una possibile rivalità, fece gettare in prigione e tentò di far esiliare.
La sua musica è complessa e tormentata come il suo carattere, ma Julien Léonard la suona senza amarezza, e, se il diabolico l’accende dei suoi foschi barbagli, sono piuttosto gli accenti di disperazione per un paradiso perduto, i singhiozzi e i lamenti di un angelo ribelle e non rassegnato. Il virtuosismo e la sensibilità del solista tracciano una nuova, possibile storia di questo personaggio, abbastanza unico nella storia della musica, e le cui composizioni dovrebbero dirci qualcosa di più che non gli aneddoti a sensazione che ci sono stati tramandati.
Enzo Carniel
Erosion – Enzo Carniel: pianoforte – NoMadMusic (50’57’’)
La musica di Enzo Carniel, alla frontiera tra composizione ed improvvisazione jazz, è illuminata da una vitalità visionaria che non si lascia trattenere dal rigore essenziale, in una struttura scarna, priva di ogni superfluità (Gesualdo non è lontano). E questi limiti divengono sempre più sfumati in un’erosione (da cui il titolo) che permette di «cercare al più profondo di sé il suono più puro».
Enzo Carniel, che ha una formazione classica e si è perfezionato nella classe di Jazz e Musiche improvvisate del Conservatorio Nazionale Superiore di Musica di Parigi, sarà in Italia in febbraio con una formazione di strumentisti italiani: il trombonista Filippo Vignato (incontrato al CNSM), la giovane contrabbassista veneta Rosa Brunello e Stefano Tamborrino alla batteria. Due concerti in due luoghi singolari che ospitano sovente jazz ed altre musiche: il 6 febbraio alle Cantine dell’arena di Verona ed il 18 al Tag in Jazz di Mestre.