Capita raramente che un disco susciti, sin dal primo ascolto, tanta emozione, soprattutto quand’esso mi ripropone un’opera già conosciuta ed eccessivamente amata. È il caso di questo Lachrimæ Lyræ – Tears of Exile ed il capolavoro su cui esso si basa è Lachrimæ or Seaven Teares figured in seaven passionate pavans, with divers other pavans, galliards and allemands, set forth for the lute, viols, or violons, in five parts (Lachrimæ, ovverosia Sette lagrime raffigurate in sette appassionate Pavane, Gagliarde ed Allemande, avviate per liuto, viole o violini, in cinque parti) l’opera più conosciuta, e la più rappresentativa, dell’inglese John Dowland.
Il lungo, ampolloso e ridondante titolo introduce 7 composizioni – Lagrime antiche, Lagrime antiche nuove, Lagrime gementi, tristi, forzate, Lagrime d’amante, Lagrime vere – che il grande virtuoso elisabettiano, allora liutista alla corte di Cristiano IV di Danimarca, dedicò alla futura regina d’Inghilterra, Anna di Danimarca. Questa suite di brani impregnati di malinconia – il sentimento prediletto dal compositore: “Semper Dowland, semper dolens“ (“Sempre Dowland sempre dolente”, anch’esso presente nel cd) – trova una nuova, insospetta vitalità nella versione che ce ne dà Sokratis Sinopoulos accompagnato da L’Achéron diretto dal gambista François Joubert-Caillet.
Sokratis – chitarrista di formazione – scopre poi la πολίτικη λύρα, o lira greca (anche se originaria di Costantinopoli) ed a questo strumento – che non ha nulla a che vedere con la lira di Omero, ma rassomiglia, piuttosto, ad una specie di ribeca – dedica tutta la sua attività, di solista o in ensemble, ed in diversi generi, dal jazz alla musica contemporanea. Questo cd è, credo, l’espressione più bella e completa di tutto il potenziale espressivo di un strumento che, pur semplice e di sonorità piuttosto grezza – comunque tutt’altro che sofisticata – nelle mani di Sokratis ed accompagnato dalle raffinatissime viole da gamba dell’Achéron, dischiude uno sconfinato panorama sulla malinconia, illimitato nel tempo e nelle culture, alterando la musica di Dowland a quella di Sinopoulos, improvvisazioni e danze anglo-bizantine.
Lachrimæ Lyræ
Tears of Exile – Sokratis Sinopoulos, L’Achéron, François Joubert-Caillet – Fuga Libera (65’38)
Johann Sebastian Bach
The complete work for keyboard 2: Towards the north – Benjamin Alard: organo e claviorgano – Harmonia Mundi (4h24’)
Non insisterò nell’esaltare Benjamin Alard, uno dei più interessanti e appassionanti interpreti, oggi, della musica di Johann Sebastian Bach, di cui ho già detto tutto il bene possibile in occasione dell’uscita del primo volume dell’Integrale delle opere di Bach per clavicembalo e organo.
Ed ecco che, con apprezzabile puntualità, arriva il secondo volume di questa monumentale impresa. Il suo titolo, Verso il nord, evoca il viaggio del giovane Bach che nel 1705, a piedi, percorse 400 chilometri da Arnstad a Lubecca per incontrarvi Dietrich Buxtehune, uno dei massimi organisti di quei tempi.
Il programma che Benjamin ha concepito per questi 4 cd, e che comprende, oltre alle composizioni di Bach, opere di Buxtehude, Reinken et Pachelbel, mostra con bella eloquenza come i suoi rapporti con le musiche – ed i compositori – del nord della Germania furono per lui essenziali nell’identificare i fondamenti stilistici delle sue opere per organo e clavicembalo.
Ne è un bel esempio il Capriccio BWV 992 en si majeur “sopra la lontananza del suo fratello dilettissimo”, unico esempio di musica a programma nella vastissima opera di Bach, che egli compose ispirandosi, probabilmente, alle Sonate bibliche di Johann Kuhnau (ogni movimento è accompagnato da un’indicazione ben precisa di quel che la musica illustra).
Benjamin Alard ha scelto di interpretare questo Capriccio sull’organo del Tempio di Sainte-Aurélie di Strasbourg, uno strumento raro e dalle eccezionali caratteristiche. Nel video, Benjamin spiega le ragioni di questa sua scelta.
Fernando Sor
Philippe Muratoglou: chitarra – Vision Fugitive (54′)
Mélodies & Lieder
Ariane Wohlhuter, soprano, Philippe Muratoglou: chitarra – Tròba Vox (46’23)
Fernando Sor, compositore e chitarrista spagnolo, un genio musicale che seppe scrivere – piegandosi alle esigenze degli editori – musiche semplici di esecuzione per non scoraggiare il giovane dilettante e pur piene di segrete bellezze e di geniali trovate che sono la delizia del virtuoso dello strumento. Una luce tutta mozartiana illumina le sue composizioni per la chitarra, e giustifica la scelta che Philippe Muratoglou ha fatto di aprire il programma di questo bellissimo cd con le Variazioni su “O, cara armonia” op.9 dal Flauto Magico, un capolavoro di sfumate allusioni e delicate sonorità che evocano Mozart come in un sogno. Segue una serie di Études che si conclude con l’Andante largo op.5 su “God save the King”.
È questo il primo recital monografico di Philippe Muratoglou che della chitarra è grandissimo virtuoso ed appassionato conoscitore dei vari modelli, classica, folk a 6 e 12 corde e baritono. Il suo Sor è pieno di delicata poesia nello straordinario rinnovarsi delle sonorità, esaltate da una registrazione molto prossima allo strumento, senza per questo ingombrarsi di parassiti. Per concludere un entusiasta elogio al libretto che accompagna il cd, graficamente curatissimo.
Ma non si deve dimenticare che Philippe è inoltre coraggioso e raffinato trascrittore, e lo prova il suo precedente cd, Mélodies et Lieder, nel quale, accanto all’appassionato soprano Ariane Wohlhuter, affronta opere armonicamente complesse come quelle di Franz Schubert e Gabriel Fauré. Nel suo ruolo di accompagnatore, anche se nell’ombra di uno sfumato secondo piano, egli è fondamentalmente presente con una ricchezza di luci e di colori che, sopratutto nelle Mélodies di Fauré, rivela insospettate, glauche profondità, esaltando poi la struggente intimità dei Lieder di Schubert.
Lumière & Méditerranée
Debussy, Chopin, Costantinidis, Albéniz, Liszt – Hermine Forray, pianoforte – Calliope (57’35)
La tarantella o, meglio, le tarantelle, sono il filo conduttore del fascinoso programma di questo bel cd che Hermine Forray ha concepito ispirandosi “… ai luoghi e alle danze … che sono dei regali della luce. Alcuni musicisti hanno saputo raccoglierli quando il Mediterraneo ha rivelato loro, nel sogno o nella realtà, l’armonia del mondo che disegnano le sue rive”.
E la tarantella è, di queste danze, la più emblematica della solarità dei paesi del sud che tanto ha attirato i compositori venuti dal freddo nord – Frédéric Chopin, Franz Liszt, Claude Debussy – e segnato quelli mediterranei come lo spagnolo Isaac Albeniz o il greco Iannis Costantinidis, ed alla quale Hermine, che vive ed insegna a Marsiglia è particolarmente sensibile.
La Tarantella, dunque, nelle versioni più esplicite, come quelle di Chopin e di Liszt, o nella versione styriana – alla moda nei saloni all’inizio del secolo scorso – di Debussy, ma anche nelle approssimazioni delle 8 danze delle isole greche di Costantinidis o di Alméria e Tirana, impregnate dei ritmi di danza e delle armonie andaluse.
La lettura che Hermine Forray ci propone di queste opere è elegante e sensibile, tracciando, senza troppo insistere sulle analogie ritmiche, un tenue legame tra le differenti composizioni, sostenute da una registrazione opportunamente “solare”, fervidamente calda e luminosa.
Frédéric Chopin: Barcarolle
Toumanian Mek
Music from Armenia – Komitas, Sadat-Nova, Gusan SheramAltunyan, Kachaturian – NoMadMusic (77’37)
Sonorità inabituali lungo gli ondeggianti sentieri di una musica che evoca ignoti orizzonti, ingannevoli miraggi di timbri, ritmi e cadenze che sembran familiari, ma si dileguano non appena tentiamo di identificarli, di confrontarli con qualcosa di già conosciuto. Come le Miniature, i 14 brevi, folgoranti brani che aprono il programma di questo cd, di Soghomon Gevorgi Soghomonian (Սողոմոն Գևորգի Սողոմոնյան), in religione Komitas, prete e compositore, martire delle persecuzione armena.
Non sono uno specialista del genere, ma mi era sembrato, per esempio, di riconoscere in Na mi naz uni (Lei ha una tale grazia) di Gusan Sheram la molle seduzione di certi canti greci (o tzigani ?), tratto forse in inganno dal fascino immediato, diretto, della voce del cantante-compositore-attore Dan Gharibian che grazie a non so qual artificio acustico sembra raddoppiarsi, ma non era che illusione.
Musiche dalle origini le più diverse, ma la radice comune è immediatamente percettibile: dalle composizioni di Sayat-Nova, bardo del XVIII secolo che ha influenzato tutte le musiche transcaucasiche, agli arrangiamenti per quartetto d’archi di alcune delle più belle composizioni di Aram Khatchatourian, a due pezzi originali per quartetto del contemporaneo Ruben Altunyan.
Interprete ideale Toumanian Mek, l’ensemble creato dal violinista David Haroutunian ed intitolato ad uno dei più grandi poeti e scrittori armeni, non abusa dell’originalità di queste opere, al limite tra l’etnico ed il classico, né si esaurisce in un virtuosismo coloristico, ma racconta appassionatamente questo ignoto mondo e le sue mille ed una notte.