Nato a Cecina da parenti tedeschi, padre agricoltore – biologico, immagino – e violoncellista dilettante, Augustin Hadelich riceve, come i suoi due fratelli maggiori, la prima iniziazione musicale dal padre. Ma sono i numerosi virtuosi che abitano o si aggirano per la campagna toscana – da Uto Ughi a Norbert Brainin, primo violino dell’Amadeus Quartetto – a individuare e coltivare, anche se irregolarmente, i suoi precocissimi talenti.
Gravemente ustionato da un incendio nella fattoria familiare – le tracce sono ancor visibili sul suo volto -, il giovane Augustin non potè più suonare per più di un anno. “È forse a causa di questa esperienza che ho meglio apprezzato quel che mi accadeva nella vita, ed ho cercato di approfittarne di ogni istante – ha detto Augustin – . E questo mi ha fato comprender a qual punto la musica era importante per me”. Proiettato successivamente dall’Istituto Pietro Mascagni di Livorno alla Juillard School di New York, la carriera di Augustin è stata poi un susseguirsi di trionfi e di innumerevoli riconoscimenti.
Festeggiamo oggi il suo accesso alla “scuderia” Warner per la quale, dopo il successo del suo cd dei 24 Capricci per violino solo di Niccolò Paganini, ha registrato questa singolare e rivelatrice associazione di due fondamentali Concerti per violino, quello notissimo di Johannes Brahms e quello certamente meno frequentato ma non per questo meno affascinante dell’ungherese György Ligeti, arricchiti delle cadenze specialmente scritte per l’occasione, dall’inglese Thomas Adès (per Brahms) e dallo stesso Augustin per Ligeti.
Degnamente accompagnata dall’orchestra della radio norvegese diretta da Miguel Harth-Bedoya, la lettura di questi capolavori è magistrale, rivelatrice di un talento capace di reinventare le emozioni che il monumento di Brahms aveva ormai consacrato e di suscitarne di nuove per questo arduo gioiello segreto del grande Ligeti.
Brahms, Ligeti
Violin concertos – Augustin Hadelich: violino, Norwegian Radio Orchestra, Miguel Harth-Bedoya – Warner Classics (71’45)
Præludio
Bach, Gabrielli, Gubaïdoulina, Menut – Patrick Langot: violoncello – Klarthe (82′)
Un cd che già dal programma avviva tutte le curiosità. Domenico Gabrielli, il Minghéin dal viulunzéel, di questi tempi tornato di gran moda come archetipo generatore di tutto il repertorio per violoncello solo, veglia come un patriarca benevolo e sorridente sull’intenso ed impegnato lavoro di Patrick Langot, che in questa registrazione è per la prima volta solo con il suo strumento (più esattamente con tre diversi strumenti, i più adatti a rivelarci i molteplici mondi che convivono nel programma).
E l’associazione dei Ricercari di Gabrielli oltre che alle Suites di Johann Sebastian Bach – di cui Patrick ha deciso di presentare giusto i sei Preludi – ai 10 Études (1974) di Sofia Gubaïdoulina, è giusta, originale e stimolante. Si sarebbe tentati di dire che il confronto è sopratutto tra il sublime prodigio architetturale del capolavoro di Bach e l’invocazione aspra e rugosa, ai limiti della disperazione, che è nella musica della grande compositrice russa, ma Patrick Langot ha deciso di raggruppare alla fine del cd i sei Preludi, e questo riporta il conflitto delle emozioni ad un rasserenamento finale. Ed io penso che la scelta, apparentement paradossale, di concludere con dei brani destinati, convenzionalmente, ad «aprire» il discorso musicale ben definisce le intenzioni dell’interprete.
Che inoltre crea un terzo polo di attrazione con il Postludio per violoncello solo che Benoît Menut ha composto due anni or sono su commissione del solista e che, pur evocando echi barocchi e gli schemi ripetitivi del basso ostinato, rimescola tutti i riferimenti in una caleidoscopica confusione.
Comunque, alla fine, Bach rimette tutto in ordine.
Clairs de Lune
Berlioz & Fauré – Jean-Paul Fouchécourt: tenore, Quatuor Manfred – Paraty (68’42)
In oltre 30 anni di intensa attività, la passione del Quartetto Manfred per la voce è sempre stata evidente. Quindi per il repertorio che la associa alle affascinanti e complesse sonorità del quartetto d’archi, lo “strumento” più completo nello sconfinato universo della musica classica. Diversi cicli sono stati realizzati, dedicati a musiche di Haydn, Schumann, Dvořák, Brahms, Mahler, approfittando di trascrizioni commissionate o realizzate “in casa”, dall’ensemble stesso.
Questo cd, dedicato alla musica francese ed ai Chiari di Luna, si apre illuminandosi di quella sublime, assoluta delizia che sono le Nuits d’été di Hector Berlioz, trascritta per voce di tenore e quartetto d’archi da Emmanuel Haratyk, il violista del quartetto. Ancor più aerea, alonata di oniriche trasparenze, si rinnova la seduzione della musica di Berlioz che, pur privata della sua fantastica strumentazione originale, fluttua con una nuova, inedita leggerezza, portata dalla incantevole voce di Jean-Paul Fouchécourt. E il viaggio notturno prosegue nell’evanescente astrazione del Quartetto per archi di Gabriel Fauré, il capolavoro di un genere che egli affrontò soltanto negli ultimi mesi della sua vita, nel più grande segreto (“… è un genere che Beethoven ha particolarmente illustrato – diceva Fauré alla moglie – quindi puoi immaginare l’imbarazzo di chi non è Beethoven …) e che ebbe la sua prima esecuzione soltanto dopo la morte del compositore.
A concludere, 6 Melodie di Fauré su versi di autori francesi, tra le quali l’elegante versione del Canto del pescatore, un poema di Téophile Gautier, l’autore dei testi che Berlidoz ha messo in musica nelle Nuits d’été, ed il Chiaro di luna di Paul Verlaine.
Offenbach – Gulda
Cello Concertos – Edgar Moreau: violoncello, Les Forces Majeures, Raphaël Merlin – Erato (74′)
Prima ancora che celebre compositore d’opera, Jacques Offenbach fu fanciullo prodigio e grande virtuoso di violoncello. Il suo “Concerto militare”per violoncello è conosciuto, ma non quanto merita, lasciato nell’ombra dal ben più luminoso, intramontabile successo dei Racconti di Hoffmann, Orfeo all’Inferno, Le Belle Hélène e tutte le altre opere buffe, comiques e fantastiche, composizioni ancor oggi di attualissima vitalità, animate da un umorismo che sopravvive a tutte le mode.
Sino ad oggi nessun grande solista, che io sappia, ha degnato dedicare la sua attenzione a questa musica così densa di sorprese e di trovate, senza mai cadere nella facilità degli “effetti” comici di cui pure Offenbach era maestro. Edgar Moreau, giovane virtuoso che ci ha già entusiasmato con le sue intense interpretazioni delle opere di compositori francesi del XX secolo, rende giustizia al “Concerto militare” con una lettura virtuosa, mai superficiale e che mette il giusto accento sugli slanci romantici del bellissimo Andante.
Non cerco neanche di definire il Concerto per violoncello, orchestra di fiati e jazz-band di Friedrich Gulda, il celebre pianista austriaco famoso per le sue interpretazioni di Beethoven – di cui ha registrato per ben tre volte l’integrale delle Sonate – e di Mozart, ma che si è sovente, tuttavia, esibito come musicista – e compositore – jazz. Delirante, piena di umorismo etnico e di fantasia, questa musica sfugge ad ogni classificazione, ma è divertente senza esser mai frivola, piena di idee e di trovate, ed Edgar Moreau ci si scatena, dandogli quella vitalità e quel significato che, Gulda vivente, il gran pubblico, disorientato, non seppe riconoscere.