“Da giovane per un periodo ho fatto il lucidatore di bare. Una sera mi sentivo così stanco che l’idea di tornare a casa mi dava il voltastomaco. Mi dissi: perché non ci dormi dentro? e mi stesi tranquillamente. Dormii come un ghiro. Il brutto venne quando mi svegliai e, non realizzando subito la faccenda, mi prese una paura fottuta!”. Così raccontava Sean Connery in un’intervista di trent’anni come era la sua vita prima di diventare una star internazionale. Nato il 25 agosto 1930 a Edimburgo, figlio di un camionista e di una donna di servizio, lascia la scuola dopo aver conseguito solo la licenza elementare e si arruola in Marina. Congedato fa di tutto: lattaio, muratore, scaricatore, venditore di giornali e altro. Poi grazie al fisico atletico, si trasforma in guardia del corpo. Nel 1950 rappresenta la Scozia nell’ elezione di Mister Universo e nel 1958 è scritturato come ballerino di fila a teatro. Inizia a recitare nel cinema, ma è considerato un attore mediocre. Molti film di serie B, molta televisione e una piccola parte nel kolossal “Il giorno più lungo”, contraddistinguono gli inizi della sua carriera. La fortuna è però dietro l’angolo. Viene scelto a sorpresa dai produttori Saltzman e Broccoli per il personaggio dell’agente segreto 007 James Bond, tratto dai romanzi di Ian Fleming, probabilmente ingaggiato al posto di star del calibro di Richard Burton o Peter Finch, molto più costose. Il successo è planetario anche se Sean non casca nella trappola tesagli dai suoi manager che lo vorrebbero per sempre nei panni della spia “più amata al mondo”. “James Bond- confessa ancora Connery- l’ho odiato spesso. L’ho spiegato mille volte che quello di Bond è un mondo di fantasia e non puoi metterti lì a pretendere paragoni realistici, sottofondi socializzanti.” Detto fatto l’attore scozzese dopo sei film su 007 girati dal 1962 al 1971, si dedica a un altro tipo di cinema, quello che racconta la vita vera. In “La collina del disonore” di Sidney Lumet, 1965, interpreta un sergente condannato per vigliaccheria. Il dramma miliare in bianco e nero di notevole tensione lo segnala alla critica cinematografica come attore di solido mestiere.
Poi chiamato ad Hollywood si dedica a produzioni a cavallo tra commedia e film d’azione: “Rapina record a New York”, una bizzarra storia di spionaggio, 1971 e “Riflessi in uno specchio scuro”, 1982, nei panni di un sergente di polizia inglese che vuole fare condannare un innocente. Due film diretti da Sidney Lumet, regista con il quale girerà anche “Assassinio sull’Oriente Express”, 1974. L’attore è ormai pronto a togliersi di dosso in panni ingombranti di James Bond. Dopo il fantascientifico “Zardoz2, 1973, di John Boorman, è in coppia con Michael Caine in “L’uomo che volle farsi re”, 1975, diretto da John Huston e tratto da un libro di Kipling. Attore disciplinato, preciso e serio, non si tira indietro nel produrre e recitare anche in pellicole poco commerciali che spesso lo costringono a sborsare somme considerevoli per i magri incassi al botteghino. Lui non se ne cura e continua la sua carriera leggendaria, da “Robin e Marian” a “Il nome della rosa” fino a “Gli intoccabili” di Brian De Palma, che gli vale il suo unico Oscar come miglior attore non protagonista. Con il passare degli anni l’inevitabile invecchiamento fisico lo rende un uomo ancora più sexy e desiderato dal pubblico femminile. Sean Connery da sempre schierato a favore della lotta per l’indipendenza della sua Scozia, nel 1996 dichiara perentorio ad un settimanale francese: “La Scozia merita di essere indipendente. Con i nostri vicini inglesi saremo finalmente partner allo stesso livello e aggiunge: “Ciò che ha fatto la Thatcher imponendo alla Scozia la poll-tax, è simile a quanto avveniva in Russia ai tempi di Stalin. La data chiave della nostra storia è il 1707, l’anno in cui la Scozia fu venduta per un pezzo di pane all’Inghilterra. Pensate, 25 mila sterline: il prezzo della vergogna”.