“Scudo fiscale, allarme di Draghi”, è il titolo di apertura de La Repubblica. Si riferisce alle parole del direttore generale dell’Istituto, ascoltato ieri in Commissione Bilancio del Parlamento sulla legge Finanziaria. A parlare per la verità non era il Governatore, che non era presente all’audizione, ma il direttore generale Fabrizio Saccomanni. Ma Repubblica preferisce personalizzare, e scrive a pagina 2: “La rabbia del superministro. Con Draghi non farò mai pace”. “Io con Draghi non firmerò mai la tregua e quello lì non conta nulla”, avrebbe anche detto.
La stessa notizia non si trova in prima pagina sul Corriere, né sul Sole 24 Ore, che dedicano l’apertura alla nascita della Banca del Sud (“Tremonti: avrà poteri speciali di rilancio per le infrastrutture”, dice il quotidiano di Confindustria) e alla mafia (“I misteri del ‘papello’”), dove si parla del testo consegnato ai pm dal figlio di Ciancimino, che conterebbe le “12 richieste dei boss allo Stato” elaborate all’inizio degli anni 90, dopo l’omicidio di Borsellino. Il quotidiano milanese parla anche dei pm “cauti”. In prima sul Corriere anche una notizia dal Sudan: “Sette cristiani crocifissi in Sudan. Un vescovo racconta l’assalto in chiesa di guerriglieri addestrati da Al Qaeda”.
La Stampa: “Patto Berlusconi-Bossi. Il Veneto va al Carroccio. Trovata l’intesa nella maggioranza sulle regionali 2010. Ma la Lega rinuncia al Piemonte”. E poi: “Banca del Sud, ok del Governo. Tremonti: non sarà un carrozzone”. Di spalla in rilievo le parole di ieri del Capo dello Stato, a Torino ad un convegno di Bobbio: “Io Presidente sopra le parti e fedele alla Costituzione”, il titolo.
A centro pagina il “papello”: “Cosa nostra voleva benzina esentasse. Trattativa mafia-Stato, ecco le 12 richieste. Il ‘papello’ di Riina affidato ai pm”. In prima anche la firma del contratto dei metalmeccanici, da parte di Fim e Uilm. La Fiom Cgil non firma e anzi annuncia “scioperi spontanei”.
Il Riformista offre l’editoriale con le parole del Presidente Napolitano, pubblicando le sue parole di ieri al convegno su Bobbio, sotto il titolo: “Bobbio e la Carta. La Costituzione non è intoccabile. Nel titolo di apertura il quotidiano di Polito si occupa del Pd: “Una nuova grossa questione morale a sinistra. I killer del Pd. Castellamare di Stabia. Gino Tommasino, il consigliere comunale ucciso il 3 febbraio scorso, e uno dei suoi assassini, avevano la stessa tessera in tasca”. Quella del Pd, appunto.
“Santoro fa cilecca” secondo Libero, che parla della puntata di ieri, “allestita per processare Silvio Berlusconi”, e che ha finito per “ripetere le solite accuse e difendere (male) Repubblica. Riciclata la contessina Ariosto. Giallo su una telefonata del Cav”, annunciata dal conduttore ma mai arrivata.
Il Giornale: “E il giudice brindò alla fine di Silvio. Ecco l’imparzialità della toga che ha condannato la Fininvest a pagare 750 milioni a De Benedetti: quando già era titolare della causa improvvisò un comizio al ristorante. I contenuti? Viva Prodi, Berlusconi deve andarsene”. A centro pagina una grande foto di Santoro, che “trucca le carte dei processi del Cav”. In evidenza anche un titolo sui rapporti nel Pdl: “Scoppia (di nuovo) la pace tra Fini e il premier”.
Il Foglio: “L’onore perduto del Times. Il giornale londinese accusa gli italiani che hanno appena ucciso il capo dei talebani ad Herat”. Spazio anche per la situazione sul terreno: “Dall’incertezza americana a Kabul nascono le voci, i luoghi comuni e gli scambi di sospetti tra alleati”.
Di Kabul e delle accuse del Times parla anche Il Riformista, in prima pagina: “Il pasticciaccio Nato di Kabul”.
Lega
In Veneto il candidato del centrodestra sarà un esponente della Lega, e La Stampa dedica al fatto due intere pagine. “Varroccio verso la rinuncia a Torino,. Via loibera di Fini”. Per le altre regioni ci sarebbe Renata Polverini candidata in Lazio, Gianfranco Rotondi in Campania, candidati leghisti in Emilia e Toscana. Il partito di Bossi, scrive Michele Brambilla, “aumenta il proprio peso nel centrodestra e vede approssimarsi un salto di qualità nella gestione di amministrazioni locali”.
E’ una notizia importante anche per il fatto che “per la primav volta dai tempo dell’alleanza che diede vita alla Lega Nord, i veneti passano davanti ai lombardi”. La Liga Veneta è nata prima della Lega in Lombardia, il Veneto porta più voti della Lombardia, e alle ultime elezioni europee la Lega ha strappato il primato al Pdl nella regione. Eppure il partito è sempre stato ‘lombardocentrico’. Oggi è arrivata la rivincita.
Pd
Il Corriere della Sera intervista il sindaco di Torino Chiamparino, che dice di sentirsi “estraneo a questo Pd”. I contenuti non contano più, dice Chiamparino, lo dimostrano i no Tav candidati. Ma non ha intenzione di andarsene.
Oggi alle 15 su youdem il confronto tra gli sfidanti alla Segreteria Bersani, Franceschini e Marino. Lo ricorda La Repubblica, parlando anche di Francesco Rutelli che, secondo il quotidiano, “sogna il modello Kadima”, con Casini, Fini e Montezemolo.
Banca del Sud
“Non parlerà inglese e non sarà un carrozzone”, dice Giulio Tremonti (e scrive il Sole 24 Ore) sulla Banca del Sud, che sarà una “banca di secondo livello controllata in prevalenza da istituti privati del territorio, a partire dalle banche di credito cooperativo, e promossa dal Tesoro temporaneamente azionista di minoranza”. La banca dovrà far credito a condizioni migliori alle aziende del Meridione e utilizzerà bond fiscalmente agevolati e garantiti per due anni dallo Stato. Positiva la prima valutazione della Confindustria siciliana . Il Sole intervista Ivanoe Lo Bello, che tuttavia vede alcuni punti deboli: il fatto che la banca dovrebbe finanziarsi sul mercato con obbligazioni ordinarie, strumento considerato “un po’ fragile”, e la rete degli sportelli, visto che si appoggerebbe alle Banche di credito cooperativo, che nel sud sono solo 500 sportelli su oltre 5000.
Sulla Banca del Sud il Corriere della Sera, in un retroscena, parla di “tensioni con i ministri meridionali”, da Fitto che avrebbe parlato di “fumo negli occhi” alla Prestigiacomo, che avrebbe detto che “gi interventi non si possono ridurre a una banchetta”, ma anche a Scajola, che ha detto “non serve, mase serve per rispondere a esigenze politiche…”. L’affermazione avrebbe “smosso i nervi di Tremonti: ‘Cambia tiro o ti assumi la responsabilità di aprire la crisi’”. “Letta ha faticato a sedare la rissa, prima ha interrotto la riunione”, poi ha invitato a un minuto di raccoglimento per il soldato morto in Afghanistan, “ma appena si ripartiva apriti cielo”. Alla fine si è deciso di affidare a Scajola il coordinamento del piano.
Papello
Smentiscono di aver avuto notizia di presunti papelli i ministri Mancino e Rognoni, come scrive Il Corriere della Sera. Il figlio di Ciancimino, interpellato dal Corriere sui nomi dei due, dice: “Quei due nomi non sono sul papello. Mio padre li scrisse a mano su un foglio a parte facendo i suoi ragionamenti, le sue modifiche sui 12 punti della carta principale, cioè il papello”. Secondo Ciancimino junior “Mancino e Rognoni erano coloro che dovevano essere a conoscenza… quelli che avevano accreditato gli ufficiali”. Quindi erano loro due quelli la famosa copertura politica per siglare il patto stato-mafia? “Esatto. In quel secondo foglio, di cui io non ricordavo nemmeno l’esistenza, mio padre diceva praticamente che i punti del papello erano improponibili”, “perché non erano fattibili a nessun livello”. Erano “una specie di lodo Alfano per tutti i mafiosi. Può essere possibile?”. L’aggiustamento che stava più a cuore a suo padre? “E’ facile: il maxiprocesso”.
Libero ridicolizza il ‘papello’ Gianlugi Nuzzi su Libero: “Semplicemente, quello non è il papello. Visto non solo che si tratta di un ‘allegato per il mio libro’ come indica la prima riga del foglio. C’è poi una frase che spazza via ogni remora: ‘riforma giustizia all’americana. Sistema elettivo con persone superiori ai 50 anni indipendentemente dal titolo di studio (Es. Leonardo Sciascia)”. Non è il papello, anche se lo scritto di Ciancimino “indica che la trattativa era in corso eccome”.
Dubbi vengono avanzati anche da Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera. Dubbi che spingono ad essere prudenti anche il Palazzo di giustizia di Palermo: perchè quel pezzo di carta è arrivato dopo mesi di tira e molla con il figlio di Ciancimino e perché manca ancora l’originale. Ciancimino junior dice che sopra c’è un post it vergato dal padre in cui è scritto che fu consegnato “spontaneamente” allora colonnello Mori. Ma un foglietto adesivo si può applicare e riapplicare ovunque. Dubbi che avrebbero i magistrati, rimasti perplessi leggendo che nel 1992 i capimafia avessero in mente una legge sulla dissociazione da Cosa mostra. Una idea comparsa in alcuni colloqui intercettati solo molto tempo dopo e che sarà tentata da qualche capomafia che al tempo del papello era libero, seppure latitante. Liberi erano Riina e Provenzano, che in quegli anni mettevano in ginocchio lo Stato a suon di bombe: “curioso che già immaginassero una via d’uscita da detenzioni ancora lontane”. E anche la richiesta di chiudere le carceri speciali risulta un po’ strana se scritta prima della strage di via D’Amelio, quando i boss detenuti erano ancora nelle prigioni ordinarie.
“Il Papello di Riina? Falso clamoroso. E’ il titolo di un articolo de Il Giornale, che dà conto delle parole del generale dei Mario Mori, che annuncia: “Denuncio tutti. Quandoleggo di quel post it col riferimento alla consegna alla mia persona resto basito. Perché mai, e dico mai, in vita mia ho visto quel documento pubblicato su Internet, mai Vito Ciancimino me lo ha consegnato, mai ho avuto conoscenza di quei dodicipunti, delle correzioni, così leggo, di Ciancimino”.
E poi
Domani la destra cattolica spagnola sfilerà con due milioni di persone contro la legge che consente in Spagna l’interruzione di gravidanza alle minorenni. Se ne occupa La Repubblica, inserto R2.
“La rivincita di Hillary. Ora piace più di Obama”, titola La Stampa dando conto di un sondaggio Gallup, secondo cui la segretaria di Stato sarebbe avanti di sei punti nel gradimento. Anche su La Repubblica: “Hillary si prende la rivincita, ora è più popolare di Obama”. Il sondaggio, però, è stato fatto prima che al Presidente fosse assegnato il Nobel. Secondo La Stampa il Presidente paga le perdite in Afghanistan e lo stallo della riforma sanitaria. A penalizzare Obama non è tanto il popolo democratico, l’89 per cento del quale continua ad avere una buona impressione del suo Presidente. Sono in realtà i repubblicani ad averne abbattuto l’indice di gradimento, passando dal 60 per cento di gennaio al 19 per cento attuale. E gli indipendenti, scesi dal 75 al 52 per cento.
Il direttore de La Stampa recensisce il libro del corrispondente del quotidiano Molinari “il Paese di Obama”.
(fonte: RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo, Paolo Martini)