Libro di carta vs e-book: chi la spunta?

Pubblicato il 8 Novembre 2011 in , da redazione grey-panthers
L’uomo che amava i libri

La lettura è uno di quei piaceri intramontabili, che accomuna persone di tutte le età. E nonostante Amazon, la libreria virtuale creata da Jeff Bezos, venda da due anni più libri elettronici che libri di carta, d’altro lato in varie parti del mondo, Italia compresa, si segnala una gran fioritura di iniziative che sembrano piuttosto celebrare le virtù del buon vecchio libro. Nascono infatti in tutta Europa salotti letterari, circoli di lettori, festival in piazza e in teatro, nei quali si parla di libri, libri di carta. Si tratta di siti moderni, all’altezza dei tempi, in cui il libro coabita con altri media e perfino con generi d’altro tipo (come il cibo), riunendo così tre funzioni che, escluse in pubblico, in privato si praticano normalmente insieme: leggere, bere e mangiare. Inventata quarant’anni fa nella libreria Atticus a New Haven (sede dell’università Yale), questa formula s’è imposta ovunque, per esempio nel complesso Ambasciatori a Bologna. Si aggiungano le tante librerie che in tutto il paese funzionano anche come luogo di discussione e i caffè letterari (con questo nome ne esistono già a Roma e a Milano) in cui l’happy hour serve anche per parlare di libri o per comprarli.
Ma nello stesso tempo, un fenomeno parallelo, si diffonde in Rete: è il social reading. Club del libro sul web e comunità di lettori virtuali che s’incontrano online e discutono. In  più c’è l’e-book, che con le sue funzioni permette di condividere i commenti con i lettori precedenti, creando un “network di glosse”. E allora che cosa sta succedendo nella partita tra il libro di carta e quello digitale? Chi è in vantaggio? E le drastiche differenze tra l’uno e l’altro, dove sono andate a finire? Malgrado le forti differenze, l’e-book sta facendo sforzi eroici per emulare la meravigliosa versatilità del libro di carta. Il chat telematico agganciato al testo permette pur sempre di mettersi in contatto con altri, parlare del libro, annotare, commentare, “conversare”: insomma, di rifare come si può una versione immateriale dei circoli e salotti di lettura. Questi trend suggeriscono che, qualunque forma abbia, il libro nasconde un’insopprimibile spinta alla socievolezza. Sfatiamo il mito che il lettore debba essere composto, solo e in silenzio: questo modello non  funziona per i lettori “normali”, meno che mai nella modernità ipermediatica. Sia coi libri di carta che con gli e-book, i lettori cercano sempre occasioni e risorse per scambiarsi e proporsi libri, per parlare di quel che hanno letto o vorrebbero leggere e anche per leggere insieme. Non sorprende che questi rituali siano ripresi tali e quali nei siti di discussione libraria così numerosi nella blogosfera.
Che sia elettronico o di carta, quindi, da questo punto di vista un libro rimane un libro? No, una differenza c’è: attorno a libri di carta si aggregano persone in carne e ossa, che parlano, ridono e discutono guardandosi in faccia. Nei circoli di lettura digitali s’incontrano solo persone digitali.