La rimonta degli States

Pubblicato il 22 Gennaio 2010 in , da Vitalba Paesano

Nella classifica che misura l’indice della forza complessiva dei brand nazionali, quest’anno si registra un recupero di immagine degli States che non ha precedenti: dal settimo al primo posto, grazie all’innovazione rappresentata da Obama. L’identità di un territorio, tuttavia, è in larga misura l’espressione delle sue caratteristiche oggettive. E dunque il miglioramento di un’immagine dipende in primo luogo da come un Paese agisce, dalla qualità dei suoi prodotti, dall’efficienza dei suoi servizi, dal comportamento dei suoi abitanti nella relazione con i diversi pubblici e infine anche – ma non solo – dalla strategia di comunicazione che sa mettere in atto.

Le imprese che operano in contesti altamente competitivi conoscono bene il valore strategico di un patrimonio di immagine costruito nel tempo al cui consolidamento dedicano cure e attenzioni costanti. Sanno che da esso dipende in larga misura la possibilità di conquistare e mantenere quote di mercato, redditività e fedeltà di consumatori e dipendenti. L’immagine è un patrimonio intangibile che ha ricadute concrete e misurabili sul piano delle performance economiche. E infatti in tempi recenti si è diffuso l’esercizio di stimare il valore di un brand come parte costituiva del suo valore finanziario. Un valore che per le marche più note può rappresentare una quota largamente prevalente – fino all’80%-90% – del valore complessivo.

In tempi recenti si è iniziato ad applicare i concetti e gli strumenti messi a punto per la progettazione e la gestione della reputazione di imprese e istituzioni alla definizione e alla promozione dell’identità dei luoghi: città, regioni e Paesi. È stato il ricercatore britannico Simon Anholt a proporre per primo il concetto di nation branding e a dimostrare che una forte identità e una positiva reputazione creano valore aggiunto per la competitività di un territorio e possono contribuire ad attivare un circolo virtuoso di sviluppo (cfr. L’identità competitiva: il branding di nazioni, città, regioni, Egea 2007).

Ma le tecniche di brand management non possono essere trasferite in modo meccanico alla progettazione e alla promozione dell’immagine di un Paese. Un Paese è un “oggetto sociale” particolare alla cui reputazione concorrono una molteplicità di soggetti e di fonti. Con l’acquisizione di un grado sempre più elevato di informazione e di capacità critica da parte di turisti e consumatori, l’immagine di un territorio non può essere considerata qualcosa di separato dalla sua identità reale. Ovvero non può essere qualcosa di progettato e costruito a tavolino da esperti consulenti o da efficienti agenzie di relazioni pubbliche come accade talvolta. L’immagine ha sempre più a che fare con quello che un Paese è assai più che con quello che si sforza di apparire. Non c’è campagna di comunicazione per quanto ben progettata e realizzata che possa ribaltare un’esperienza negativa e la rappresentazione critica che ne consegue. Ne discende che l’identità di un territorio è in larga misura l’espressione delle sue caratteristiche oggettive. E dunque il miglioramento di un’immagine dipenderà in primo luogo da come un soggetto agisce, dalla qualità dei suoi prodotti, dall’efficienza dei suoi servizi, dal comportamento dei suoi abitanti nella relazione con i diversi pubblici e infine anche – ma non solo – dalla strategia di comunicazione che saprà mettere in atto.

Oggi – più frequentemente che in passato – di un Paese si fa diretta esperienza come turisti, come studenti piuttosto che come imprenditori o manager impegnati in relazioni e viaggi di affari e non solo come fruitori di campagne di comunicazione. E le indagini più recenti dimostrano la rilevanza crescente del word of mouth: nei Paesi più evoluti il passaparola ha acquisito un’importanza maggiore della comunicazione pubblicitaria come fonte di informazione e di orientamento per le scelte che si compiono nei principali ambiti, ivi compresa anche la scelta dei Paesi come prossime mete di turismo o di vacanza.Una politica di comunicazione non accompagnata da sforzi coerenti sul piano della realtà – ovvero dei comportamenti effettivi – rischia di essere controproducente ovvero di rendere palese la falsità della rappresentazione suggerita. La comunicazione è efficace solo in quanto è capace di evocare e di esprimere i valori reali di un prodotto, i suoi punti di forza, i suoi caratteri distintivi.

Come ha scritto Simon Anholt: “Nessuna azione dovrebbe mai essere dedicata esclusivamente alla gestione dell’immagine. Ogni iniziativa dovrebbe essere portata avanti prima e soprattutto per uno scopo reale nel mondo reale, altrimenti rischia di risultare falsa, inefficace e percepita come propaganda”.

Da qui l’importanza di identificare e monitorare gli elementi distintivi che rendono unico e desiderabile un Paese. E di conseguenza l’importanza della ricerca come strumento di diagnosi e di monitoraggio dello stato della rappresentazione condivisa da cui è sempre necessario partire per impostare una strategia di comunicazione e gestirla in modo coerente e coordinato.

La realtà oggi è diversa: la molteplicità dei soggetti privati e pubblici che hanno in maggiore o minore misura la responsabilità della immagine di un Paese all’estero lavorano senza coordinamento e dunque finiscono con lo sprecare risorse e con il trasmettere messaggi incoerenti e talvolta contraddittori. Si potrebbero ottenere risultati eccellenti qualora le attività fossero coordinate nel contesto di una strategia nazionale ispirata a obiettivi chiari e condivisi.

Secondo il modello messo a punto da Simon Anholt e denominato “Nation Brand Hexagon” la reputazione di un Paese si costruisce sulla base di sei dimensioni fondamentali:

1. Il turismo (Tourism) che comprende sia l’esperienza diretta di coloro che visitano un Paese come turisti, come viaggiatori d’affari o come studenti (e il passaparola che ne deriva), sia le campagne di promozione turistica che possono rappresentare una voce importante, considerando che i Ministeri e gli enti nazionali del turismo investono spesso ampi budget nella promozione dell’immagine nazionale.

2. I prodotti e le marche presenti sui mercati esteri (Exports) che agiscono – in particolare quando il Paese d’origine è reso esplicito e valorizzato – come potenti “ambasciatori” all’estero dei talenti, degli stili d vita, dei gusti e delle abitudini che quei prodotti e quelle marche testimoniano ed evocano.

3. Le politiche del governo del Paese (Governance): la politica estera, quando esercita una influenza diretta sulle popolazioni di altri Paesi, ma anche la politica interna nella misura in cui viene comunicata e commentata dai media internazionali e, più in generale, il funzionamento della democrazia e delle istituzioni, il grado di tolleranza e il rispetto dei diritti umani e l’impegno sui temi che sono nell’agenda globale (in questo momento l’ambiente).

4. La capacità di attrarre investimenti e talenti provenienti dall’estero (Investment and Immigration) che comprende sia la presenza di condizioni favorevoli per lo sviluppo di attività economiche da parte delle imprese, sia l’interesse dei giovani ad andare a studiare e a specializzarsi nelle università del Paese.

5. La cultura (Culture and Heritage): il patrimonio architettonico e artistico dei secoli passati, ma anche la produzione culturale recente e gli eventi in grado di avere visibilità internazionale e di richiamare pubblico (i libri, i film, le mostre, i festival teatrali e musicali…).

6. La popolazione del Paese (People): innanzitutto coloro che godono di un’elevata visibilità mediatica (gli uomini di governo, gli imprenditori, le star dello sport e dello spettacolo) ma anche le persone normali che hanno occasione di entrare in relazione con i cittadini di altri Paesi sia quando viaggiano all’estero sia quando li accolgono come turisti nel nostro Paese.

Sulla base di queste sei dimensioni – ciascuna articolata in tre indicatori – Simon Anholt e GfK Roper rilevano ogni anno l’attrattività culturale, commerciale e turistica di 50 Paesi. I diversi indicatori confluiscono nel Nation Brand Index che rappresenta l’indice della forza complessiva del brand nazionale. L’indagine si basa su un campione di ventimila persone provenienti da 20 Paesi, che rappresentano nel loro complesso il 60% della popolazione mondiale e il 77% dell’economia.

L’ultima rilevazione del NBI – condotta nel maggio 2009 – ha confermato per quanto riguarda l’Italia i punti di forza e le debolezze del nostro sistema Paese. Il giudizio è risultato infatti estremamente positivo per quanto riguarda il turismo (dove manteniamo il primo posto in assoluto), la cultura (dove ci piazziamo al secondo posto dopo la Francia) e la cordialità delle persone (dove ci collochiamo al terzo posto dopo Canada e Australia). I dati sono, invece, decisamente negativi sul fronte della politica, dell’economia e del sistema educativo. Complessivamente emerge il quadro di un Paese che continua ad esercitare un forte appeal come meta turistica sul resto del mondo, ma che manifesta una preoccupante tendenza al declino su alcune delle dimensioni fondanti della propria identità nazionale . Non può non preoccupare il dato che i Paesi che oggi esprimono i giudizi più lusinghieri nei confronti dell’Italia sono l’India, il Brasile e la Corea del Sud, nazioni geograficamente e culturalmente distanti che hanno una conoscenza certamente non approfondita dell’Italia mentre pareri molto più critici esprimono i cittadini di nazioni europee a noi più vicine come la Francia e il Regno Unito.

Per quanto riguarda gli altri Paesi, Giappone, Germania e Stati Uniti mantengono una forte leadership sul fronte dei prodotti tecnologicamente avanzati mentre, sul fronte politico, Canada, Svizzera e Svezia godono della reputazione migliore per quanto riguarda il funzionamento della democrazia, il trattamento dei propri cittadini e il rispetto dei diritti umani.

In un quadro di forte stabilità, dove la maggior parte dei Paesi mantiene la posizione che aveva l’anno precedente (la Francia al secondo posto, il Giappone al quinto, l’Italia al sesto) e solo Germania e Regno Unito perdono rispettivamente due e una posizione scivolando al terzo e al quarto posto, il dato più rilevante emerso dalle rilevazione del 2009 è costituito dalla improvvisa e clamorosa risalita degli Stati Uniti – dal settimo al primo posto! – in termini di indice complessivo.

È un recupero di immagine che non ha precedenti nella storia decennale del Nation Brand Index. Lo scatto verso l’alto nella reputazione globale è certamente da imputare all’entusiasmo suscitato dalla elezione a presidente di Barack Obama e testimonia il livello elevato delle aspettative che i cittadini del mondo rivolgono alla nuova amministrazione americana.

Il primato degli Stati Uniti va attribuito principalmente alla popolarità del Presidente Obama, che ha permesso al Paese di riconquistare la fiducia andata persa durante la precedente amministrazione Bush. Nell’immaginario collettivo, gli Stati Uniti hanno sempre avuto un’immagine molto forte (è il Paese che a livello globale risulta più “familiare”) che negli ultimi anni si era declinata in negativo e che nel 2009 ha ritrovato la posizione di leadership politica e culturale che aveva mantenuto a lungo in passato.

È interessante notare che il miglioramento degli Stati Uniti non riguarda solo l’area della Governance, ma ha forti ricadute anche sulla popolazione, la cultura e l’attrattività turistica.

È come se improvvisamente – con l’avvento di Obama – gli americani fossero tornati ad essere più simpatici, la cultura americana più interessante e gli Stati Uniti una meta più desiderabile di vacanza. E questo dimostra le forti interconnessioni che esistono tra le diverse dimensioni su cui si costruisce l’immagine di un Paese.

Un ‘ultima osservazione sull’Italia. Il nostro Paese conserva uno straordinario patrimonio di immagine che deriva in primo luogo dalla propria storia, arte e cultura, ma anche dalla qualità del proprio stile di vita e dall’eccellenza dei settori produttivi che meglio esprimono il talento italiano (i prodotti alimentari, il vino, la moda, il design industriale…). Decisamente più critica risulta l’immagine del nostro “sistema-Paese”: il funzionamento della nostra democrazie e delle istituzioni, la percezione di equità sociale, la performance economica complessiva, la qualità del sistema scolastico (in particolare di quello universitario). La sfida per l’Italia appare dunque duplice: da una parte mantenere e valorizzare la nostra “qualità culturale” (il patrimonio artistico, i saperi produttivi, la qualità della vita diffusa) dall’altra progettare e iniziare a realizzare un rilancio del nostro sistema-Paese nelle sue diverse componenti: una ripresa qualificata dell’economia, il rafforzamento della coesione sociale, il rilancio della formazione della ricerca, un migliore funzionamento delle istituzioni.

(fonte: GfK Eurisko- Social Trends n 108 – Paolo Anselmi)