Le aperture
Il Corriere della Sera: “Nuove carte sul premier, è scontro”. “Dai pm nuovi documenti. Appunti sui regali e intercettazioni con accuse alle ragazze. Berlusconi: scandaloso. Al telefono gli sfoghi della Minetti”. Ieri la Minetti ha ricevuto l’invito a comparire dai magistrati di Milano. A centro pagina l’esito della votazione sulla sfiducia al ministro Bondi. “Bondi, non passa la sfiducia. Il caso Fini oggi in Senato. Respinta, con 314 voti, la mozione contro il ministro della Cultura”.
La Repubblica
“Ruby, così Berlusconi pagava le donne”. “Nelle nuove carte dei pm spunta anchela droga. Minetti: ‘E’ vecchio, ci ha rovinate’. “Alla Camera altre 227 pagine di documenti. Alle ragazze gioielli e migliaia di euro. Una teste: ho visto il bunga bunga, disgustoso. E l’ira del premier: accuse scandalose”. “Il Cavaliere nel vicolo cieco” è il titolo dell’editoriale di Giuseppe D’Avanzo”. I verbali sono pubblicati nelle pagine interne. A centro pagina l’esito del voto su Bondi (“maggioranza ferma a quota 314”) e poi le “primarie-caos” a Napoli: “Il Pd rinvia l’assemblea” nazionale prevista per il fine settimana. “Appello di Saviano ai democratici. Bersani: ora va fatta chiarezza”. In prima anche la condanna a 24 anni di carcere all’ex fidanzato di Simonetta Cesaroni, delitto del 1990.
La Stampa apre con il titolo: “Bondi, il governo si salva. Dai Pm nuove carte su Ruby. Berlusconi: scandaloso. Minetti furiosa: lui mi rovina. La Camera boccia la mozione di sfiducia. All’Olgettina anche un maxi sequestro di droga”. In alto: “A Bertolaso donne e denaro per appalti. Con la chiusura delle indagini è in arrivo la richiesta di rinvio a giudizio per l’ex capo della Protezione civile”.
L’Unità: “Velina ingrata. Minetti: ‘Silvio mi ha tirato nei casini pur di salvarsi il culo. All’Olgettina ben 12 chili di droga”. In evidenza in prima pagina anche le primarie di Napoli: “L’ira di Bersani, alt all’assemblea del Pd”. “Dopo le contestazioni e le accuse di brogli intervengono i vertici nazionali. Saviano propone di candidare Cantone”.
Il Giornale: “Amori privati della Boccassini”. Il quotidiano racconta che “la pm finì sotto processo al Csm perché sorpresa in atteggiamenti sconvenienti con un giornalista di sinistra. Si difese invocando la privacy”. E poi: “Casa di Montecarlo: Fini litiga e urla con i Tulliani”. A centro pagina: “Caso Ruby, avanti come previsto: nuovo fango con il contagocce”.
Libero: “Lite in casa Fini. Le nuove carte sulla proprietà del pied-à-terre scatenano una discussione in famiglia. Oggi Frattini al Senato riferisce sui documenti dati alla procura. E Milano spedisce alla Camera altre 227 pagine contro Silvio”. L’editoriale di Maurizio Belpietro è titolato: “E i pm inventano lo sputtanamento a puntate”.
Il Foglio: “Perché Napolitano vuole che Fini scelga tra Camera e camerati. Il Pdl chiede le dimissioni del presidente di Montecitorio che fa il capopartito. Quirinale silenzioso ma preoccupato. Il caso Montecarlo in Senato”. Di spalla si parla della situazione in Egitto: “Libertà o status quo? A Washington si litiga sul futuro dell’Egitto. Scontri e arresti al Cairo e a Suez. Un esperto vicino a Obama ci spiega le diverse linee dell’Amministrazione”. “Pentagono preoccupato”.
Il Riformista: “Fine corsa. Il rubygate si ingrossa. Il federalismo si ingolfa. Il voto si avvicina”. A centro pagina: “Il Pd chiude a Napoli per auto-brogli”. “Sospeso il risultato delle primarie”. “Bersani rinvia l’assemblea nazionale, ora si punta su Cantone”. Un commento di Stefano Cappellini è titolato: “Ma è possibile che decida Saviano?”.
Il Sole 24 Ore: “Tremonti. federalismo irreversibile”. Il ministro ieri è intervenuto ad un incontro, Telefisco, ed ha annunciato “la riforma delle riforme contro il debito pubblico”. “Accordo vicino tra governo e Comuni, aliquota Imu sugli immobili al 7.6 per mille”. Le cronache politico-giudiziarie in alto in prima pagina: “Altri dossier inviati alla Camera. Nelle telefonate l’ira della Minetti”. A centro pagina le parole di Emma Marcegaglia e l’analisi sulle condizioni dell’economia italiana a cura del Centro studi di Confindustria: “Marcegaglia: l’Italia cresce troppo poco. Bisogna essere uniti”. In evidenza in prima pagina anche l’apertura del Forum del World Economic Forum a Davos.
Minetti, Bertolaso, etc.
Le integrazioni istruttorie inviate ieri dalla Procura di Milano alla Camera per chiedere l’autorizzazione alla perquisizione degli uffici del contabile di Berlusconi Giuseppe Spinelli vengono lette da Giuseppe D’Avanzo su La Repubblica. Il giornalista ne sintetizza il contenuto: salterebbe fuori un’altra minorenne, nella persona di una prostituta brasiliana. Ci sarebbero due nuove testimonianze che raccontano cosa accade nei dopocena a casa Berlusconi nella cosiddetta “sala del Bunga bunga”; tutte le ragazze che si esibiscono per il premier o che gli tengono compagnia la notte sono retribuite; Ruby ha annotato con cura il prezzo del suo silenzio, il denaro che ha già avuto da Berlusconi e quello che le consegna – quattro milioni – il ‘ragioniere’ del Cavaliere; il giorno successivo allo scoppio dello scandalo (15 gennaio) tutte le ragazze del bunga bunga ad Arcore “per depurare, con la collaborazione dei suoi avvocati, dai loro ricordi e parole, i fatti più scomodi e sensibili” (le parole sono di D’Avanzo). Il Corriere della Sera sottolinea che i verbali di indagini difensive del premier sarebbero stati trovati dagli investigatori a casa di due delle ragazze perquisite il 14 gennaio. Si tratta cioè dei contenuti degli interrogatori di due ragazze ospiti delle feste di Arcore, fatti dagli avvocati e parlamentari Pdl Ghedini e Longo.
Nicole Minetti, intervistata dal Corriere della Sera, dice delle intercettazioni: “Di cose così ne ho detto tante, chi non l’avrebbe fatto al posto mio e in una situazione come questa. E poi bisogna vedere in quale contesto le ho dette”. Quindi non le pensa? “Ci mancherebbe altro, mai pensate”. E poi: “Io non ci sto a fare la figura della maitresse da quattro soldi. Chiunque mi conosce sa come sono fatta”.
“Appalti G8, verso il processo”. ‘A Bertolaso case, soldi e sesso'”, titola La Repubblica. Con un provvedimento di 23 pagine di avviso conclusione indagini i Pm di Perugia hanno chiuso, dopo 11 mesi, il troncone principale ereditato da Firenze sui grandi appalti (mondiali di nuoto di Roma 2008, G8 della Maddalena, 150 dalla unità d’Italia). Parlano di “uno stabile sodalizio a deliquere che avrebbe governato il sistema degli appalti pubblici”, commettendo “una serie indeterminata di corruzioni, abusi di ufficio, rivelazioni di segreto di ufficio, favoreggiamenti, mettendo la funzione dei funzionari pubblici a disposizione di privati imprenditori, tra cui principalmente Diego Anemone e il gruppo di imprese a lui riconducibili”. Si richiede il rinvio a giudizio di 22 indagati: tra questi i nomi dei funzionari pubblici Angelo Balducci (presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici), l’ex capo della Protezione civile Guido Bertolaso, Mauro Della Giovanpaola, Fabio De Santis, Claudio Rinaldi e gli imprenditori Diego Anemone, Ezio Gutta Dauria e Bruno Ciolfi, oltre agli architetti Zampolini e segretarie e prostitute brasiliane che sarebbero state di casa allo “Sporting village” di Anemone. All’ex capo della Protezione civile, a differenza di Anemone e Balducci, viene contestata la sola corruzione aggravata e non anche l’associazione a delinquere, ma per lui ci sono parole durissime: “Quale responsabile della gestione Grandi Eventi ha compiuto atti contrari ai doveri d’ufficio per favorire Diego Anemone, “ha posto stabilmente la propria funzione pubblica a disposizione degli interessi di Diego Anemone”, in cambio i Pm avrebbero potuto accertare che abbia avuto “una serata allo Sporting Village con la prostituta Monica da Silva Medeiros”, “massaggi” con tale Francesca Muto e l’affitto di un appartamento in via Giulia a Roma di 50 mila Euro consegnatagli brevi manu da Anemone il 23 settembre 2008. “Sesso e soldi a Bertolaso in cambio degli appalti del G8. Chiusa l’inchiesta. Ad Anemone in 3 anni lavori per 75 milioni”, titola il Corriere della Sera.
Esteri
Ampio spazio su tutti i quotidiani per le rivolte che continuano ad attraversare il Maghreb. Pare smentita la notizia di due morti nella giornata di ieri in Egitto, ma – racconta Il Sole 24 Ore – a Suez ieri è stato bruciato un commissariato, oltre che il Palazzo del governo. Circa 700 persone sono state arrestate in tutto il Paese. E si vanno diffondendo le voci di un rientro in patria di Mohamad El Baradei, ex direttore dell’Agenzia per l’energia atomica e uno dei principali oppositori del presidente Mubarak. Il quotidiano offre ai lettori una intervista ad Amr Moussa, attualmente segretario generale della Lega Araba, nonché ministro degli esteri negli anni Novanta. Il cronista lo raggiunge a margine del vertice di Davos. Alla domanda: è una rivoluzione, Mussa risponde: “Il mondo arabo è in costante movimento. Lo avevo già detto: i cittadini sono frustrati per la situazione interna, quella regionale e internazionale. Il punto è questo: bisogna fare le riforme”. E del suo Paese dice ancora: “L’Egitto non è un Paese statico, è piuttosto una scena attiva. Credo che ci saranno molte discussioni di alto livello e alla fine prese di posizione. La questione ora è fare le riforme: economiche, sociali, del sistema educativo in tutto il mondo arabo.
La Repubblica invece intervista il ministro dell’industria egiziano, Rashid. Dice: “Guardi che la nostra è una democrazia con elementi ancora primiviti, ma noi abbiamo ben chiara l’alternativa davanti a noi. Ovvero, che bisogna procedere parallelamente con le riforme economiche, ma allo stesso tempo anche con le riforme politiche”. Rispetto alla Tunisia dice che in quel Paese “nessuno poteva neppure parlare contro il Presidente, contro il regime”, mentre in Egitto “il percorso di democratizzazione è segnato”. E cita “fatti concreti”: “Abbiamo cambiato la Costituzione per permettere presidenziali con più candidati” e “il partito di maggioranza non ha ancora deciso il suo candidato”.
La Stampa intervista Ian Lesser, del German Marshall Fund di Washington, che dice, parlando di un paragone possibile tra Tunisia ed Egitto: “mentre per esempio l’opposizione tunisina è tutta in esilio, quella egiziana, sia pur tartassata, è in patria, visibile, comprende i Fratelli Musulmani. Se la protesta dovesse crescere, incalzare, lo scenario ipotizzabile potrebbe essere l’intervento dell’esercito che a un certo punto, vedendo le brutte, suggerisce gentilmente a Mubarak di tirarsi indietro”. Lesser non manca di sottolineare l’allarme per un eventuale crollo del regime in Egitto, “molto più importante per gli interessi occidentali nella regione”. Elogia Obama per aver sostenuto la protesta tunisina, ma sottolinea che la posizione dell’Occidente è scomoda, perché non sempre i cambiamenti vanno in direzione dei suoi interessi: in Egitto “non è un mistero che il governo Mubarak sia immobile, corrotto e non democratico”, ma l’Egitto nel caos significherebbe ondate di immigrati, la pace con Israele in pericolo, scenari politici imprevedibili”.
Il Corriere della Sera, ricordando che i Fratelli Musulmani si sono tenuti finora in disparte dalla protesta, riferisce della dichiarazione di alcuni loro esponenti: “non abbiamo preso parte ufficilamente ai cortei per evitare che il governo accusasse i manifestanti di essere manipolati dagli islamici e per evitare che l’occidente potesse dire che lo scontro è tra un gruppo religioso e Mubarak. Ora abbiamo deciso di intervenire”. Domani, giorno dei sermoni nelle moschee, sarà un giorno cruciale.
Anche Il Foglio sottolinea che “Washington lancia segnali ambivalenti al governo egiziano”. La Casa bianca ha chiesto di rimuovere il divieto di assembrarsi nelle piazze, e il portavoce del presidente Gibbs ha chiarito che gli Stati Uniti “sostengono i diritti universali di riunione e di parola”. “Niente voce grossa, però, nei confronti di Mubarak”. Il quotidiano intervista Brian Katulis, del Center for american progress, che si sofferma sulle divisioni interne all’Amministrazione Usa, riflesso di un dibattito molto duro nei palazzi di Washington: da una parte il Pentagono frena ogni sostegno alle proteste, perché teme che l’instabilità indebolisca i rapporti strategici; dall’altra c’è una corrente della Casa Bianca che consiglia al Presidente di essere solidale con chi protesta.
Una intera pagina de Il Foglio è dedicata alle rivolte in Egitto e in Tunisia. Per quel che riguarda l’Egitto, l’attenzione si sofferma soprattutto sul ruolo dei militari: “Possono tutto in Egitto, e di loro è vietato parlare. Ma sono decisivi nel post-Mubarak. Sono i generali ad essere i destinatari privilegiati dei sontuosi aiuti di Washington, e possono decidere la destinazione dei soldi. Sullo stesso quotidiano si sottolinea come da Tunisi al Cairo, con queste proteste, sia sfumato il mito della piazza araba anti-occidentale.
Il Riformista intervista il fondatore del movimento di opposizione Kifaya, che dice: “la polizia egiziana è estremamente legata al regime ed è difficile che accada anche da noi quanto accaduto in Tunisia, dove i poliziotti hanno finito per solidarizzare con i manifestanti. Non a caso una delle richieste di chi è sceso in piazza è proprio quella di porre fine allo stato di emergenza -in vigore dal 1981- auspicando una riduzione del ruolo delle forze di sicurezza”.
L’Unità intervista uno dei leader della rivolta in Egitto, ovvero il portavoce del movimento 6 aprile: “siamo convinti che le manifestazioni di questi giorni siano solo l’inizio di qualcosa di grande. Nell’89 è stato abbattuto il Muro di Berlino. Ora anche noi arabi stiamo cercando di abbattere i nostri Muri”.
E poi
La Repubblica ha chiesto allo scrittore israeliano David Grossmann di commentare le rivelazioni contenute nei cosiddetti ‘palestinian papers’ che, rischiano di travolgere Abu Mazen e l’Anp. Ma per Grossmann “sono documenti molto significativi, dimostrano che, contrariamente a quanto hanno sostenuto i capi del governo israeliano e che sostiene il premier Netanyahu, oggi abbiamo senz’altro un partner fra i palestinesi, che è possibile far partire il negoziato fra le parti e che -amche se le rispettive posizioni non sono tanto vicine- è possibile un accordo tra Israele e l’Autorità nazionale palestinese”.
(Fonte: RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)