Le aperture
Corriere della Sera: “Berlusconi non andrà dai pm”, ‘Ho una relazione stabile, mai pagato una donna’”. E nell’occhiello ancora le parole del premier: “‘I giudici non hanno gradito il voto di fiducia’. Bossi: elezioni più vicine. Fini: no alle urne”. In grande evidenza poi, dalle carte dell’inchiesta, la ricostruzione del ruolo della consigliere regionale Nicole Minetti nelle feste. A centro pagina: “Battaglia nelle vie di Tunisi. L’esercito assalta il Palazzo”, “Ultimo assedio dei soldati a i pretoriani di Ben Ali”.
La Repubblica: “Berlusconi show: mai pagato donne”, “‘Ho da tempo una relazione stabile’. Fini: difenditi davanti ai giudici”, “Il premier in tv sfida i pm di Milano: una persecuzione. Bossi: lasci stare i magistrati. Bersani: spettacolo desolante. Oggi le carte in Parlamento”. In prima anche la Tunisia: “Guerra civile in Tunisia, assalto al palazzo di Ben Ali”.
In taglio basso: “Fiat, la Cgil attacca: ricorso alla Consulta”, “sul diritto di sciopero”. Il Pd: Marchionne rispetti i patti. In prima anche il tema dell’inserto R2, dedicato all’incontro tra Obama e il premier cinese Hu Jintao: “I padroni del mondo”.
La Stampa: “Berlusconi contrattacca in tv. ‘Non ho mai pagato donne, dopo Veronica una relazione stabile’. Bossi evoca il voto: Silvio lasci perdere i giudici. Fini: vada dai pm. Il Cavaliere: grave intromissione dei magistrati nella mia vita privata. L’Anm: basta scontri politica-giustizia”. A centro pagina una fotonotizia sulle violenze in Tunisia: “Tunisi, l’esercito assalta i palazzi del presidente”.
Il Giornale: “Berlusconi è fidanzato. Il premier a sorpresa annuncia di avere una relazione stabile e definisce ‘assurde’ le accuse sul caso Ruby. ‘E’ una persecuzione, questo non è un Paese libero. I magistrati conducono battaglie politiche”. L’editoriale di Alessandro Sallusti insiste sulla “notizia”: Silvio Berlusconi è fidanzato”, e la notizia “non farà piacere ai giustizialisti” che “già vedono Berlusconi al gabbio”. Da segnalare sulla politica anche un richiamo per il Pd: “De Benedetti scende in campo. E la corsa di Fassino parte in salita”. Nel senso che “l’investitura letale di ‘democratico su cui puntare’ viene dall’editore, definito “ingegnere affossatore” dal quotidiano.
Di spalla un articolo di Francesco Forte, dal titolo: “Dopo la rivoluzione serve un fisco più favorevole”.
L’Unità: “Sono fidanzato (e anche orfano). L’incredibile autodifesa. Video di Berlusconi: accuse infondate, ho una relazione stabile. Bersani: ci prende per imbecilli. Panico totale. In Parlamento il dossier dei pm sulle notti di Arcore. Bossi: niente attacchi alle toghe”. In prima pagina sul quotidiano ancora la vicenda Fiat: “Mirafiori, stavolta la Lega si dimentica degli operai”.
Berlusconi
In un videomessaggio ai Promotori della Libertà ieri, spiega La Stampa, il premier ha detto: “Da quando sono separato ho avuto uno stabile rapporto di affetto con una persona che ovviamente era assai spesso con me, anche in quelle serate. E che certo non avrebbe consentito che accadessero a cena, o nei dopocena, quegli assurdi fatti che certi giornali hanno ipotizzato”. Ai giudici rimprovera una “gravissima e inaccettabile intromissione nella vita privata delle persone”. Il Giornale pubblica integralmente l’autodifesa del premier.
La Repubblica dedica ampio spazio alla “caccia alla dama segreta”, ovvero la fidanzata a cui Berlusconi ha accennato, e che “non esiste”, racconta il quotidiano, riferendo che si ritrovano “più che spiazzati tutti i fedelissimi” dopo lo scoop in video del diretto interessato. E per il quotidiano “il terreno era stato preparato” dai titoli, ad esempio, di Libero, che mercoledì 12 scriveva: “Cav, fidanzati”.
Natalia Aspesi scrive che per sapere chi è la dama del premier non resta che aspettare un altro “scoop” del poeta di corte Alfonso Signorini, il direttore del settimanale Chi.
Anche oggi Piero Colaprico e Giuseppe D’Avanzo raccontano le carte dell’inchiesta, riferendo di una frase di Ruby (“Dissi a Berlusconi che ero ancora minorenne”). Secondo i due cronisti sarebbero confermati anche i pagamenti dopo le feste. Le questioni che bisogna accertare, per i due, sono essenzialmente tre: Ruby, minorenne, si prostituisce? Ruby si è prostituita con il capo del governo? Il capo del governo era consapevole della minore età di Ruby?.
Secondo La Stampa la difesa di Berlusconi si preparerebbe a giocare la carta Minetti, la consigliera regionale, ex igienista dentale, cui il Cavaliere – secondo quanto riferisce il quotidiano torinese, sulla base dei decreti di perquisizione – avrebbe affidato la gestione degli appartamenti del ‘harem” di via Olgettina 2. E che avrebbe accompagnato Ruby la prima volta ad Arcore, nel febbraio dello scorso anno. La tesi è che la Minetti sia “amante del premier” e non sua complice nelle serate ad Arcore.
Anche Il Corriere della Sera si sofferma sulle intercettazioni telefoniche dalle quali emergerebbe il compito di Nicole Minetti: non solo reclutare e selezionare ragazze per le feste di Berlusconi ad Arcore, ma anche addestrarle, istruirle su cosa vedrano e faranno a casa del premier. Nelle intercettazioni dunque viene coniato un neologismo, partendo dall’inglese briefing: “Ti devo briffare, ne vedrai di ogni”, direbbe la Minetti ad una delle ospiti di Arcore prima della partecipazione ad una festa.
Le carte dell’inchiesta con la richiesta di autorizzazione a perquisire i locali di quella che la procura ritiene la segreteria politica dell’onorevole Presidente del Consiglio Berlusconi, ovvero “gli uffici in uso” a Giuseppe Spinelli, contabile storico di Sivlio Berlusconi, arriveranno oggi sul tavolo della Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera, presieduta da Pierluigi Castagnetti. Grande attesa in Parlamento, anche da parte della difesa del premier.
Il Giornale si occupa della linea di difesa del premier e della prima data che lo vedrà contrapposto alla Procura di Milano: venerdì, poiché è il primo appuntamento utile fissato dai magistrati per interrogare Berlusconi. L’inchiesta si muove sui reati di concussione e prostituzione minorile. E il primo tassello che i difensori cercheranno di smontare è proprio l’accusa di concussione, contestando che Berlusconi abbia fatto pressioni per il rilascio dalla Questura di Milano della giovane Ruby, ma solo chiesto informazioni. In ogni caso, secondo la difesa, ad occuparsi di quell’accusa avrebbe dovuto essere il Tribunale dei ministri e non la Procura di Milano.
Fiat
Susanna Camusso ieri, intervistata da Lucia Annunziata su Rai3, ha ipotizzato che la Cgil possa portare l’accordo di Mirafiori davanti ai giudici: spiega La Repubblica che nel testo ci sono, per la segretaria Cgil, punti che toccano diritti indisponibili come le limitazioni allo sciopero, sui quali si può ricorrere fino alla Corte Costituzionale. La Camusso fa sua la linea proposta dalla Fiom, scrive il quotidiano. Certo, il ricorso alla magistratura non basta, dice la Camusso, sottolineando che se si vuole essere il sindacato dei lavoratori “dobbiamo essere dentro quella fabbrica e non fuori dai cancelli”. E’ il nodo centrale della rappresentanza, su cui torna anche il segretario Pd Bersani, che insiste perché si arrivi a regole nuove entro un anno.
Sempre su La Repubblica, una intervista a Guglielmo Epifani, ex segretario Cgil, che accusa il governo di aver “fatto il furbo” su Mirafiori, “prima lesinando la Fiat con gli incentivi che tutti gli altri Paesi europei hanno concesso nei mesi della crisi, poi diventando tifoso quando ha capito che lo scontro Lingotto-sindacati poteva favorire la divisione ed isolare la Cgil. Un governo serio avrebbe provato a promuovere la mediazione”, mentre il nostro ha “soffiato sul fuoco delle spaccature sindacali, rivelando un comportamento da strapaese”, dice Epifani, rilanciando accuse di “provincialismo”. E poi: “Mi chiedo ancora in quale Paese europeo viene consentito alla più importante azienda privata di lasciare senza rappresentanza sindacale la metà dei dipendenti”. Oggi, fa sapere L’Unità, la Cgil invierà ai vertici di Cisl e Uil, la proposta di riforma della rappresentanza nei luoghi di lavoro. La bozza approvata dal direttivo dell’organizzazione sabato scorso prevede la soglia del cinque per cento (calcolato tra numero di iscritti e voti ottenuti nelle elezioni rsu) per considerare rappresentativo un sindacato. Prevede anche la verifica tra i lavoratori a trattativa aperta in caso di contrasti tra i negoziatori e il ricorso al referendum vincolante per superare il permanere del dissenso tra le diverse sigle. Incombe però la data del 28 gennaio, per cui la Fiom ha indetto uno sciopero generale. E al momento le premesse per arrivare a una riforma condivisa sulla rappresentanza sono scarse, almeno a sentire quel che dice il segretario Cisl Bonanni: “Una proposta unitaria esiste già, se vogliono procedere su quella strada possiamo firmare anche domani”, ha detto, riferendosi al documento unitario del 2008 sottoscritto da Cgil-Cisl e Uil ma rifiutato dalla Fiom.
Su La Repubblica Tito Boeri ricorda che il nostro sistema di relazioni industriali fa acqua da tutte le parti e interviene sempre più in ritardo, accentuando, anziché gestire, i conflitti. Occorrono regole che permettano la contrattazione anche quando il sindacato è diviso, e a chi nei giorni scorsi ha rinfacciato ai sindacati di aver sottoscritto accordi ben più onerosi per i lavoratori in altre imprese (è il caso della Fiom, che alla Sandretto ha firmato per deroghe al ribasso dei minimi salariali) risponde che “non c’è nulla di male se un sindacato accetta queste condizioni in una azienda e non in un’altra”, perché “le condizioni del mercato e il potere contrattuale dei lavoratori cambiano a seconda della impresa e delle condizioni del mercato del lavoro locale”. Insomma, “c’è bisogno di contrattazione azienda per azienda” perché è l’unica che permette al sindacato di salvaguardare posti di lavoro in aziende in difficoltà o di rinunciare ad aumenti salariali per far assumere più lavoratori. Allo stesso modo bisogna definire “con precisione” e fissare per legge perché valgano per tutti i “minimi inderogabili”, un salario minimo orario: devono valere per tutti, anche per chi lavora nel sindacato, nei partiti o nel volontariato. E ci vuole una assicurazione sociale di base, a partire da quella contro la disoccupazione.
Esteri
A Tunisi ieri, secondo La Stampa, è iniziato il giorno della resa dei conti con gli esponenti del clan di Ben Ali. E soprattutto vi è stato un braccio di ferro tra gli irriducibili del regime di Ben Ali, asserragliati nel palazzo presidenziale, e l’esercito che sta sostenendo il governo provvisorio. La Stampa ha un inviato, che racconta la resistenza dei “7000 pretoriani”, così come fa l’inviato del Corriere della Sera, che dedica una attenzione particolare alla “alta capacità bellica della Guardia dei pretoriani”, uomini sceltissimi, addestrati nelle accademie militari internazionali, e in possesso di armi molto sofisticate. Insomma, sembra che sia l’esercito a cercare di pilotare la transizione. Potrebbe già esserci domani l’annuncio di un governo di unità nazionale che prepari le elezioni legislative. Il Corriere della Sera, peraltro, intervista il nostro ministro degli esteri, che dice: “La priorità numero 1 è la prevenzione del fondamentalismo islamico e degli embrioni del terrorismo”. Dice che in queste ore l’interlocutore del governo italiano in Tunisia è il primo ministro Ghannouchi, che in questi giorni sta percorrendo l’ipotesi di un governo transitorio di unità nazionale “aperto alle opposizione non fondamentaliste islamiche”, poiché “adesso è la fase del contatto con i partiti dell’opposizione”. Dice ancora Frattini: “Credo si debbano sostenere con forza quei Paesi, dal Marocco all’Egitto, nei quali ci sono capi di stato che hanno costruito regimi laici, tenendo alla larga il fondamentalismo. Poi cita come esempio Gheddafi: “Ha realizzato una riforma che chiama ‘dei congressi provinciali del popolo’: distretto per distretto si riuniscono assemblee di tribù e potentati locali, discutono e avanzano proposte al governo e al leader”, insomma “ogni settimana Gheddafi va lì e ascolta”, a differenza di quanto avveniva con Ben Ali.
La Repubblica intervista lo scrittore autore di Palazzo Yakoubian Al Aswani, che si dice convinto che sia un momento storico per l’intero mondo arabo: “L’impatto di questa rivoluzione non si fermerà”. Considera quella di Tunisi “una rivoluzione vera e propria, partita dal basso: non un colpo di Stato militare né una protesta di stampo islamista”. E sottolinea che ci sono molte similitudini tra la situazione tunisina e quella di altri Paesi, come il suo Egitto. Così come Algeria e Marocco, dove pure il malcontento è diffuso. Insomma, l’intero mondo arabo è a una svolta.
Il Giornale, descrivendo un possibile “effetto domino” in Maghreb, scrive che anche l’Egitto ora rischia “una rivolta popolare”. Il quotidiano lancia l’allarme: la caduta di Mubarak sarebbe un terremoto per l’intero Medio Oriente, ma provocherebbe il risveglio delle cellule fondamentaliste. Lo stesso quotidiano intervista il professor Abduli Touhami, di cui è stato allievo il giovane ventiseienne che lo scorso dicembre si diede fuoco, innescando l’ondata di proteste in Tunisia. Dice che dal primo giorno delle proteste moltissimi egiziani si sono congratulati con i leader della protesta tunisina: “l’Egitto è pronto e lotta insieme a noi”. E parlando della Tunisia: “Il nostro Paese è pronto, da anni qui esistono classi medie. La Tunisia non è la Libia, dove tutto sarebbe più difficile”. E’ stata la fame a scatenare i moti di piazza? “Non la fame, quanto la voglia di una società più giusta, più equa, democratica”. La Tunisia rischia di cadere nelle mani di estremisti islamici? “No, il terrorismo islamico è un problema dell’Algeria. Il nostro è un Paese laico e questo pericolo non esiste”.
Nell’inserto “Cose dell’altro mondo” de L’Unità i lettori oggi troveranno: un articolo di Robert Fisk sull’Algeria e la strage dei giornalisti, massacrati dagli islamisti; un altro di Harold Evans, per il Daily Beast: “Più pistole per tutti. Perché l’America non controlla le armi”. Una analisi del professor Johan Galtung su Wikileaks e la trasparenza di politica e diplomazia.
E poi
Oggi Wikileaks pubblicherà un database con i nomi di 2000 evasori fiscali: a fornire i nomi sarebbe stato un ex funzionario di una banca di Zurigo. Ne parla La Repubblica.
L’Unità dà anche il suo addio ad Adriano Guerra, storico corrispondente de L’Unità a Mosca, poi direttore del Cespi, e studioso dell’ex Unione Sovietica.
(Fonte: La Rassegna italiana di Caffe Europa, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)