Le aperture
Il Corriere della Sera: “Caso Ruby, primo no ai pm. Frattini: vere le carte sulla casa di Montecarlo. L’ira di Fini”. “La giunta di Montecitorio: ‘la competenza è del Tribunale dei ministri. E il Pdl va in piazza”. L’editoriale, firmato da Sergio Romano, è titolato: “L’immagine delle istituzioni. Il ruolo del presidente della Camera”. A centro pagina: “Fiat torna agli utili: ‘Investimenti subito'”. “Camusso fischiata alla manifestazione Fiom”. In evidenza in prima pagina anche un commento di Aldo Grasso sullo scontro ieri in diretta tra Michele Santoro e il direttore generale Rai Masi: “Se Masi si dissocia da Santoro in diretta”.
La Repubblica: “Ruby, nelle carte ricatti a Berlusconi. La Giunta: rinviare atti ai pm. Il Giornale attacca la Boccassini. Scontro Masi-Santoro in tv. La maggioranza: ‘Milano incompetente’. Pdl e Idv: un golpe. Il Cavaliere: a febbraio manifestazione in piazza per difendermi. Le ragazze confermano il sesso a pagamento”. A centro pagina le proteste in Egitto: “El Baradei al Cairo: via Mubarak”. Di spalla invece la vicenca della casa di Montecarlo: “Casa An, caos in Senato. Il Pdl: è di Tulliani. Fini deve dimettersi”.
La Stampa: “Berlusconi in piazza contro i giudici. Manifestazione a Milano il 13 febbraio. Sul caso Ruby la giunta chiede di rinviare le carte alla procura di Milano”. E poi: “Frattini interviene al Senato sulla casa di Montecarlo e il Pdl chiede a Fini di lasciare. Durissima replica di Futuro e Libertà: denunciamo il ministro, mandante è il premier”. A centro pagina: “Oggi l’Egitto sfida Mubarak. Il leader dell’opposizione El Baradei torna al Cairo: il regime cambi”. Di spalla l’accordo con l’Anci sul federalismo: “I Comuni potranno aumentare le tasse. E sugli affitti prelievo fisso del 19-21 per cento”.
Il Giornale: “Fini vergognati (e vattene). Il governo conferma: l’appartamento è di Tulliani. Ora il presidente della Camera può soltanto dimettersi”. E poi: “Caso Boccassini: la Procura di Milano vuole arrestare le notizie del Giornale. Colpo di scena, la Rai in diretta si dissocia da Santoro: violate tutte le regole”.
Libero: “Cribbio, un’altra minorenne. Dopo Ruby, Iris: ospite ad Arcore e a Villa Certosa a 17 anni, ma il Cav non c’era. Berlusconi allo scontro finale con i pm: il 13 febbraio in piazza. Se ne esce solo con il voto”.
Il Fatto quotidiano: “Il prefetto e il capo scorta al servizio delle ‘ragazze’ di B. Il ‘servitore dello Stato’ Lombardi si mette a disposizone della Polanc, quella con il compagno arrestato per 12 kg di coca”. A centro pagina: “Masi come il caimano minaccia Santoro in diretta. S’intensificano gli attacchi contri i talk show sgraditi. Il Dg si dissocia dal programma in via preventiva. Il conduttore lo sfida: che fa, non ci manda in onda? Si prende questa responsabilità?”.
L’Unità: “La nipote di Lula”. “La brasiliana Iris Berardi ad Arcore prima di compiere 18 anni: anche per lei una parentela illustre?”.
Il Riformista: “Il Colle non gradisce. L’ira di Napolitano per la degenerazione dello scontro istituzionale”.
Il Sole 24 Ore: “Il Giappone declassato. Sarkozy: Francia e Germania difenderanno sempre l’euro. S6P abbassa il rating di Tokyo, cade lo yen. Fmi: rallenta il risanamento dei bilanci nel g20”. A centro pagina la Fiat, e il “ritorno all’utile” con “debiti dimezzati”.
Il Foglio apre con una conversazione con Berlusconi: “Patrimoniale mai. Sono un muro vivente contro lo stato rapace. Bisogna fare il contrario di quanto propongono Amato e Capaldo: liberalizzare, privatizzare, riformare”. Il premier parla del debito pubblico, della necessità di incentivare la crescita dell’occupazione con meccanismi che limitino “l’invadenza insopportabile” dello “stato fiscale”, che dietro gli “allarmismi” sui conti pubblici ci sono trame di potere. Questa campagna allarmistica è funzionale a un disegno di potere complesso, fatto di rumors molto meno degni di queste inaccettabili proposte”, dice Berlusconi alludendo alla patrimoniale
“Siamo perfettamente in grado di fronteggiare in sicurezza gli aspetti anche più scabrosi della crisi finanziaria internazionale”.
Politica
“La tenuta delle istituzioni preoccupa Napolitano”, scrive Amedeo La Mattina su La Stampa in un retroscena dedicato all’atteggiamento del Quirinale sulla situazione politica. Si parla di “quadro sconfortante”, ma il Capo dello Stato “si tiene lontano dalle vicende parlamentari”. Due giorni fa i capigruppo di Pdl e Lega alla Camera Cicchitto e Reguzzoni si sarebbero recati alla Camera per chiedere le dimissioni di Fini. Il Capo dello Stato avrebbe precisato che “lui niente può e intende fare a questo proposito”. “E’ presumibile con quanto fastidio Napolitano si sia trovato di fronte a una questione e a una visita inaspettata”, tanto che non è stata resa pubblica con il classico comunicato dal Quirinale.
Anche Il Riformista dedica all’ “ira di Napolitano per la degenerazione dello scontro istituzionale” un articolo, in cui pure si dà conto del presunto incontro avvenuto al Quirinale due giorni fa.
Anche il quirinalista del Corriere spiega come lo scontro tra le istituzioni del nostro Paese preoccupi il Capo dello Stato, sollecitato ad intervenire sulla questione Fini, considerato un Presidente non più al di sopra delle parti: voci evidentemente raccolte in ambienti del Quirinale sottolineano come il Capo dello Stato intenda rimanere fuori dallo scontro.
Stefano Folli su Il Sole 24 Ore scrive che si sta vivendo l’epilogo della lunga fase di governo del Paese da parte di Berlusconi, 17 anni “tutti dominati dalla sua forte personalità e dalla sua capacità di occupare il centro della scena”. Berlusconi resta contrario alle elezioni, convinto, almeno a parole, di poter continuare come nulla fosse: in realtà illude se stesso perché sa che le elezioni oggi segnerebbero l’epilogo della sua leadership. Proprio Bossi, che lo ha sostenuto con lealtà fino all’estremo limite, potrebbe decidere che è tempo di voltare pagina, andando alle elezioni con un candidato premier diverso. Per salvare la grande forza politica del centrodestra, di cui la Lega vuol continuare ad essere il motore.
Pd
Dopo la polemica sulle primarie Pd a Napoli, secondo il Corriere il segretario Pd Bersani decide “l’indietro tutta” e per placare la tempesta commissaria il Partito democratico nella regione sconvolta dai brogli ai gazebo. Lancia un appello a tutte le anime del partito: chiede un atto di generosità per la ricerca di una candidatura comune. Uno stop ai duellanti, ovvero il vincitore Andrea Cozzolino e lo sconfitto Umberto Ranieri. I popolari incassano come uno schiaffo la decisione di affidare ad Andrea Orlando, “un altro ex ds”, la gestione della Federazione fino alle amministrative. I veltroniani continuano a difendere l’istutuzione delle primarie, la commissione di garanzia è al lavoro con l’impegno di azzerare tutto. Fa discutere anche la proposta di Roberto Saviano di rilanciare la candidatura del magistrato Raffaele Cantone, proposta peraltro il 26 novembre scorso da Veltroni. Una doppia investitura che rischia di mettere a disagio Bersani.
Il Riformista propone ai lettori quella che definisce “la vera storia del caso di Napoli”. Inizierebbe con una telefonata nel giorno seguente alle elezioni primarie di Napoli da parte dello sconfitto Umberto Ranieri al coordinatore della segreteria Migliavacca, riassunta dal quotidiano in questi termini: “Guarda che qui sto facendo una battaglia per la legalità. Devo denunciare pure te?”. Nel pomeriggio dello spoglio, domenica, secondo il quotidiano, il Pd nazionale sottovaluta l’aria da regolamento dei conti che c’è a Napoli. Alle due di notte il candidato Sel Mancuso e Ranieri, sponsorizzato dal gruppo dirigente Pd, telefonano a Roma per denunciare anomalie nel voto. E il mattino dopo Maurizio Migliavacca telefonava al segretario provinciale di Napoli Tremante auspicando che la competizione si fosse svolta secondo tutti i crismi della legalità.
Valuta negativamente l’atteggiamento tenuto dal Pd in questa vicenda l’Europarlamentare Pd Sergio Cofferati: il centrosinistra napoletano ha sbagliato parlando di diffuse irregolarità, prima della pronuncia della Commissione, anticipando nel lavoro e sostituendosi ad essa. Quelle irregolarità il Pd avrebbe dovuto denunciarle alla commissione elettorale, ed attendere. Cofferati contesta anche la possibilità di arrivare alla candidatura del magistrato Cantone (“gli attribuiamo una funzione salvifica”).
L’onda tunisina (Egitto, Yemen)
E’ arrivato iri in Egitto l’ex capo dell’Aiea El Baradei, trovando all’aeroporto – come sottolinea il Corriere – più poliziotti che sostenitori. Ha ribadito di essere disponibile a guidare un periodo di transizione ed ha invitato Mubarak ad andarsene. A fianco dei dimostranti intanto, come preannunciato, sono scesi per la prima volta anche i Fratelli Musulmani: il portavoce Mohamed Morsi dice che “le proteste stanno avendo successo perchè rappresentano l’intera società”, e che “i fratelli musulmani non hanno ritenuto necessario prenderne la guida”. Aggiunge: “Non vogliamo dirigere le operazioni ma esserne parte”.
La Repubblica riproduce un articolo dello stesso Mohammed El Baradei pubblicato sul Newsweek, sotto il titolo: “Glu Usa e l’Europa abbandonino i regimi che hanno sostenuto”. Ricorda El Baradei che due mesi fa in Egitto si sono svolte “elezioni parlamentari truccate”, ma la Casa Bianca si è limitata a dirsi “costernata”. In questi giorni, mentre cresceva la protesta, in Egitto il segretario di Stato Usa Clinton dichiarava che il governo di Mubarak è “stabile”: “Sono sbigottito e perplesso”, scrive El Baradei. “Cosa intende per stabile? E a che prezzo? Si riferisce forse alla stabilità di 29 anni di leggi di ‘emergenza’, a un presidente con un potere imperiale da 30 anni, a un Parlamento che è quasi una barzelletta, a un sistema giudiziario niente affatto indipendente?”. E continua: “Per chi cerca di capire perché gli Stati Uniti non godono di credibilità in Medio Oriente, questa è la risposta”. L’Occidente – accusa – “crede ciecamente che il mondo arabo non abbia altra opzione che quella tra i regimi autoritari o i jihadisti”, mentre, per esempio, in Egitto, c’è “un arcobaleno di personaggi laici, liberali, fautori del libero mercato: se solo potessero organizzarsi eleggerebbero un governo moderno e moderato”.
Oggi, ricorda La Stampa, ci saranno manifestazione al Cairo e a Suez, nel giorno dei sermoni. E il quotidiano si sofferma sul ruolo dei Fratelli Musulmani, riprendendo le dichiarazioni di Essam El-Erian, definito anche in questo caso portavoce dell’Organizzazione, che dice: “La protesta chiede democrazia e noi non abbiamo la forza di impossessarci del Paese”. Condanna le violenze contro i cristiani (“che vantaggio ne trarremmo noi? I musulmani sono la stragrande maggioranza”). Secondo l’analista ed ex editore del giornale Masri Al Youm, Hisham Kassem, i Fratelli Musulmani non hanno capito in tempo la forza della protesta “e ora cercano di recuperare il terreno perduto”.
Sullo stesso quotidiano, da segnalare una intervista al leader del partito Ghad, Ayman Nour, che nel 2005 fu arrestato e rimase in prigione per 4 anni, si candidò alle presidenziali raccogliendo il 7 per cento dei voti secondo le stime ufficiali e il 13 secondo osservatori indipendenti. Conferma che sarà anche lui in piazza e spiega quali concessioni il governo dovrebbe fare per risolvere la crisi: “Annullare le leggi speciali, combattere la corruzione, indire elezioni libere per il Parlamento e la presidenza e garantire che Mubarak non decideerà il suo successore”. Dice anche che i partiti di opposizione non hanno avuto un gran ruolo nell’organizzazione delle proteste, che sono in gran parte “la reazione spontanea di una generazione esausta”. Sul ruolo del Fratelli Musulmani, dice che la loro forza “è stata esagerata dal regime per terrorizzare l’Occidente e ottenere il suo appoggio con il ricatto dell’estremismo islamico. Non è così: questi giovani sono laici e non permetteranno la nascita di uno Stato confessionale”. Sosterrà El Baradei? “Chiunque rientri in Egitto per favorire la democrazia è benvenuto”, ma “la leadership la decide il popolo con libere elezioni, non con auto-investiture”. E conferma che si candiderà alle prossime presidenziali.
Su tutti i quotidiani, ampio spazio anche per rivolte in corso nello Yemen: decine di migliaia di persone sono scese in piazza nella capitale Sana’a e in altre province, contestando il presidente Saleh, al potere da 32 anni. I manifestanti temono che possa investire per la propria successione il figlio. “Il contagio arriva in Yemen. A Sana’a scendono in piazza in sedicimila contro il Presidente Saleh”, titola Il Sole 24 Ore. E Farian Sabahi a ricordare che la protesta è stata innescata da un’attivista e giornalista del partito islamico Islah, dirigente della associazione “donne senza catene”. Domenica è stata arrestata con l’accusa di organizzare le proteste anti-governative, ma la pressioen popolare ha obbligato le autorità a rilasciarla. Cosa chiedono gli yemeniti? “Fine della corruzione (della quale Washington, secondo le rivelazioni di Wikileaks, è pienamente consapevole) ma anche riforme, per risollevare l’economia”. “Se lo Yemen non è imploso finora è perché gli Usa e l’Arabia Saudita lo hanno impedito, finanziando il Presidente Saleh”.
(Fonte: RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)