La Rassegna Stampa: Il grande fuoco di Tripoli e il business da 10 miliardi che fa tremare piazza Affari

Pubblicato il 22 Febbraio 2011 in , , da Vitalba Paesano

Le aperture

Una foto grottesca di Gheddafi campeggia sulla prima de La Repubblica: è un fermo immagine di Al Jazeera in cui il Colonnello si affaccia da una macchina, munito di ombrello. Ieri ha infatti pronunciato poche parole per smentire un asua fuga in Venezuela. Il titolo di apertura: “In Libia esplode la guerra civile”, “Bombardamenbti sulla folla, 250 morti. L’ambasciatore all’Onu: è un genocidio”. E nell’occhiello: “Dilaga la rivolta, incendiato il Parlamento. Gheddafi in tv: non scappo. La Clinton: si fermi il bagno di sangue. Bufera su Frattini, che non condanna il rais”. E poi, le ripercussioni economiche della crisi libica: “Vola il petrolio, crolla la Borsa, per l’Italia spa sarà una stangata”. In taglio basso, un “nuovo monito di Napolitano”: “‘Basta polemiche sulla Costituzione”. Nei titoli anche un richiamo per le dichiarazioni di Bersani: “Il Pd: no all’immunità”.

Il Corriere della Sera: “Libia nel caos, bombe sulla folla. Elicotteri e aerei contro i manifestanti. I diplomatici di Tripoli: un genocidio. Berlusconi: violenza inaccettabile. Il petrolio vola, giù le Borse”.
A centro pagina: “Maroni: unità di crisi aperta all’opposizione. Emergenza a Tripoli, sì alla proposta di Casini”. A fondo pagina la notizia del “terrore” ieri all’aeroporto di Malpensa: “Malpensa, spari e terrore al check-in. Tunisino si lancia con il Suv contro la vetrata. In casa scritte anti-italiane”.

Il Riformista: “Valzer con Muammar. Giravolte e gaffes del governo italiano sulla rivolta in Libia”. Sotto, tre articoli: “Quanti imbarazzi alla Farnesina”; “Il timore di un’Italia alla canna del gas”. “Da reietto a paladino il raìs e l’Occidente”.

Il Foglio: “Il grande fuoco di Tripoli. La rivolta raggiunge la capitale della Libia. Caccia ed elicotteri per fermare i manifestanti. L’Europa si divide tra nord e sud nella gestione della crisi libica (e comunque mancano i fondi)”. Sotto, un titolo per l’intervista con l’ex ministro De Michelis: “I nostri errori con Gheddafi”. Da segnalare anche l’editoriale dell’Elefantino sul testamento biologico: “Una legge che non si fa amare”, “centro destra e gerarchie ripensino alla legge in discussione sul testamento biologico. Il conflitto è tra carità e diritto, dare allo Stato un potere etico e paternalistico non è la soluzione giusta”.
Di spalla: “Sull’asse Milano Trieste corre l’ultima disfida dei poteri forti litigiosi. Il patron di Luxottica si dimette da Generali in polemica con Geronzi. Le posizioni di De Agostini e Della Valle”.

La Stampa: “‘Gheddadi bombarda la folla’”, si titola, riferendo delle parole di alcuni testimoni. E poi: “Dimissioni di ministri e diplomatici: è un genocidio. Berlusconi: violenze inaccettabili. Scatta l’allerta nelle nostre basi, in allarme anche le navi militari”. In taglio basso: “Immunità, no di Bersani”. E poi: “Sondaggio a sorpresa: il caso Ruby fa crescere il Pd e anche il Pdl, Berlusconi in calo”.

Il Sole 24 Ore: “Gheddafi bombarda la folla”, “Balzo del petrolio, cade Piazza Affari (-3,6%). Berlusconi: violenze inaccettabili”. In basso: “Del Vecchio abbandona il board delle Generali in dissenso sulle strategie”, “Dimissioni dopo l’intervista di Geronzi” (al Financial Times). 

Il Giornale: “L’Italia arma i caccia. Gheddafi bombarda i civili: centinaia di morti. Berlusconi: ‘Basta violenze’. In allarme le basi aeree. Il piano del premier: difendere la vita dei connazionali e gli interessi delle nostre imprese”. A centro pagina un articolo su Fli: “Il Fli scompare al Senato. Affonda il Titanic di Fini. Può sparire pure alla Camera”.

Libero apre con “affittopoli”: “Ecco le case ‘rubate’ ai vecchi. Libero le ha trovate. Milano, dall’elenco del Trivulzio mancano 500 proprietà le abbiamo individuate una per una”. “Affittopoli anche al Policlinico: tra i privilegiati un consigliere verde e l’ex assessore regionale Prosperini”. A centro pagina la Libia: “Il beduino nervoso bombarda la Libia”.

Il Fatto: “Libia, il genocidio dell’amico Gheddafi”. Furio Colombo, deputato Pd, firma un editoriale dal titolo: “I complici”. Sopra la testata: “Tunisia, Egitto, Libia: il Mediterraneo è in fiamme, ma la nostra politica estera è affidata a Frattini. Cioè al nulla”.

Libia

“Se arriva l’Islam selvaggio rimpiangeremo il beduino”, “Gheddafi è una belva ma rischiamo di doverlo rimpiangere”. Sono i titoli allarmanti di Libero, che spiega come il crollo di Gheddafi potrebbe far sbandare l’esercito, lasciando gli arsenali in balia di trafficanti o terroristi, magari infiltrati di “Al Qaeda del Maghreb”. “Rispetto all’Egitto, la Libia è più fragile e tribale”.
Spiega il Corriere della Sera, che ha interpellato lo storico Angelo Del Boca: quando la tribù degli Orfella, che conta novantamila persone ed è la più numerosa in Libia, ha deciso domenica scorsa di sostenere la rivolta, l’ago della bilancia si è spostato. Contro Gheddafi si sono ribellati pure gli Zintan, i Rojaban, i Riaina- ovvero le tribù del Jebel, della montagna, a sud di Tripoli – e anche quelle berbere. Queste tribù – dice Del Boca – hanno una storia che ci interessa come italiani, perché sono le stesse che ci hanno sconfitti nel 1911 a Shara Shatt, “sono combattenti eccezionali”. Dal punto di vista delle rivolte in corso, hanno un peso sia per il loro prestigio storico che perché sono a due passi da Tripoli. Gheddafi ha avuto il merito di provare a creare uno stato moderno, a partire da un Paese che è un “coacervo di clan”. Ma c’è un vecchio rancore delle tribù nei suoi confronti perché “non ha mai avuto il coraggio di riconoscere il loro ruolo nella lotta contro il colonialismo”. Si sarebbero ribellati anche in tuareg e gli Al Zuwayya, avrebbero minacciato di bloccare le esportazioni di greggio. Secondo Al Jazeera sarebbero insorti gli Al Farjane, nella zona di Sirte, dove è nato Gheddafi.
Anche Il Sole 24 Ore sottolinea quanto la Libia sia un Paese ancora radicato nelle strutture tribali: “Gheddafi ha mancato l’obiettivo di costruire uno stato moderno e si è rifugiato nelle tribù, prima di tutto nella sua, la Ghaddafia. Il rais libico, quando si è accorto di aver fallito, si è appoggiato, con il riflesso automatico della cultura beduina, su una rete di fedeltà ed alleanze tradizionali”. Ha “sprecato centinaia di miliardi di dollari in armamenti” ma si serve di mercenari e di milizie personali perché delle forze armate non si fida. Il colpo di stato militare è forse l’unica soluzione per non vedere affondare la Libia. Perché difficilmente Gheddafi e i suoi, dopo queste stragi, potranno governare la Libia. E comunque sarà un Paese instabile: “Il colonnello ha fatto terra bruciata, eliminando ogni alternativa. Dei dodici componenti originari del consiglio rivoluzionario sono sopravvissuti in pochi”. I movimenti laici “sono stati decapitati”: i più agguerriti erano nel fronte di salvezza nazionale, che nel 1993 organizzò una insurrezione con i soldati del colonnello Haftar e il sostegno delle tribù Orfella: si concluse con l’impiccagione di decine di ufficiali. L’opposizione islamica è particolarmente forte in Cirenaica, a Derna e al Bayda, oltre che nelle aree interne del Jebel Akhdar: non è un caso che qui siano in corso combattimenti feroci. Ma – sottolinea Alberto Negri – “quello che non torna, nella versione di Tripoli, è attribuire la presenza degli islamisti a componenti straniere: non sono da escludere, ma non rappresentano la parte più importante. Si tratta di una scusa accampata da Seif Islam (uno dei figli di Gheddafi) per legittimare lo sradicamento con la forza di ogni opposizione. E’ stato proprio Seif, nella primavera scorsa, a tentare un negoziato con gli esponenti del fronte islamico, che sono tutti libici”. Chiedevano la restituzione dei corpi dei 1270 carcerati trucidati a sangue freddo nel 1996 in una prigione. Domanda cui era impossibile rispondere, poiché erano stati tutti sepolti in una fossa e ricoperti di cemento. E da questa catena di sangue e vendette derivano i pericoli maggiori per la Libia.
 
“Le tribù rompono il patto di regime, i capi dei clan con i manifestanti”, titola La Repubblica. Il quotidiano dà conto della fatwa di una cinquantina dei più rispettati chierici musulmani, raccolti nel nuovo fronte degli “ulema liberi della Libia”. Il primo editto religioso promulgato ieri ordina al popolo di sollevarsi (“ribellarsi è un dovere divino”, il governo ha “intensificato i crimini contro l’umanità”). Sadiq Al Gheryani, figura religiosa con largo seguito nel Paese, arringa le folle, e la notizia del suo arresto infiamma le piazze.

Il Corriere della Sera riferisce anche della fatwa con cui l’imam Al Qaradawi, sunnita di origine egiziana, ha chiesto a tutti i soldati libici di uccidere Gheddafi ed ha esortato tutti gli ambasciatori e i diplomatici libici a dissociarsi dal regime di Tripoli. Una intera pagina de Il Foglio è dedicata a “il sangue delle rivoluzioni” (si spazia dall’Egitto alla Tunisia alla Libia, con attenzione alla possibile ascesa degli islamisti).

Un riquadro su La Stampa descrive il “business da 10 miliardi che fa tremare piazza Affari”, e si riferisce ovviamente alle partecipazioni azionarie, alle commesse e ai contratti che legano l’Italia alla Libia. Eni ieri ha perso il 5 per cento alla Borsa di Milano. Unicredit il 5,6 per cento. Finmeccanica il 2,69. Eni il 5.12. Il risultato peggiore è stato quello della azienda di costruzioni Impregilo, che ha registrato un -6 per cento. La Libia possiede poi il 7,5 per cento della Juventus.

Focus sui rappori tra Italia e Libia sul Corriere: “Da Pisanu a D’Alema, quei politici in fila nella tenda beduina”. E ancora: “Il socio libico agita Unicredit ed Eni”. Dando conto delle perdite dei grandi gruppi italiani in Borsa, il quotidiano racconta invece la soddisfazione dei russi: “La rivincita di Gazprom”. Il numero 1 del colosso del gas, Miller, rivendica che l’azienda è affidabile da 40 anni. Ieri peraltro il petrolio ha sfondato quota 105 dollari.

E poi

Parla di Big Society lord Wei (un lord dai tratti asiatici), l’inventore del progetto politico di Cameron, con una lunga intervista al quotidiano. Wei considera la Big Society “in un certo senso” l’evoluzione del new labour di epoca blairiana: “La terza via laburista valorizzava il ruolo e i contributi dei privati, ma non parlava di volontariato”. Dal Corriere.
Due intere pagine dello stesso quotidiano sono dedicate ad una ampia recensione (firmata da Paolo Mieli) di un saggio che presto arriverà nelle librerie italiane, dedicato alle vicende della colonizzazione italiana in Libia: l’autore è Federico Presti, il titolo è “Non desiderare la terra d’altri”. Si ripercorrono le tappe di una impresa sfortunata, si racconta la repressione che portò alla deportazione di intere popolazioni per battere i ribelli.
Lo scrittore Roberto Saviano ha lanciato un appello sul testamento biologico, invitando a garantire “un vero diritto di scelta” sul fine vita: “La battaglia di Englaro è una battaglia di democrazia, di libertà per tutti: per chi vuol continuare ad essere attaccato alle macchine anche quando è in coma e per chi non vuole più essere curato”, ha detto, secondo quanto riferisce La Repubblica.

(Fonte: RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)

2 thoughts on “La Rassegna Stampa: Il grande fuoco di Tripoli e il business da 10 miliardi che fa tremare piazza Affari

  1. Franco Venturini sul Corriere della sera del 22/2 scrive che Gheddafi, tiranno più che mai, ha deciso che la decimazione del suo popolo è un costo accettabile per restare al potere. Si tratta di “genocidio e crimini contro l’umanità “. : ieri aerei ed elicotteri hanno sparato con mitra contro i manifestanti (la gran parte sono giovani) e Gheddafi contro quanti lo sfidavano , spesso a mani nude, ha fatto intervenire i “mastini della guerra”, quei mercenari di ogni colore che lo stesso Gheddafi da tempo paga per la sua tutela.
    ps : Berlusconi nicchia “non vuole disturbare l’amico Gheddafi , poi ,tirato per la giacca denuncia “l’inacettabile violenza sui civili”e oggi ha telefonato.

  2. Tutti hanno fatto affari con Gheddafi, ma quello che ha fatto Berlusconi passa ogni limite.
    Tuttavia, quello che scrive Venturini, e quello che riportano i giornalisti in tv non sono immagini di prima mano!
    Vi siete accorti che sono tutte cose sentite e non viste?
    cosa sta succedendo veramente?
    perché non si vedono testimonianze vere? perché ci tengono all’oscuro?

    Infine siamo veramente così ingenui da credere ancora che la rivoluzione la fa il popolo? Che ciò che sta succedendo in nordafrica è un vento di cambiamenti dettato solo dal popolo?

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