La Rassegna Stampa: Euro ai minimi, Europa spezzata

Pubblicato il 29 Aprile 2010 in , da Vitalba Paesano

Le aperture

“Spagna declassata, giù i mercati” è il titolo di apertura del Corriere della Sera, che aggiunge nel sottotitolo: “Sì di Berlino agli aiuti per la Grecia. L’Euro scivola ai minimi”.. “Telefonata Obama Merkel, azione risoluta. Tremonti da Berlusconi e Napolitano: decreto per Atene”.

A centro pagina: “Ancora tensione Berlusconi-Fini. Rissa alla Camera nel Pdl. Oggi la sfida sulle dimissioni di Bocchino”. In evidenza anche una intervista a Massimo D’Alema: “L’ex leader di An è un interlocutore”, e “non credo che in questa legislatura si faranno le riforme, anche se le vorremmo”. A fondo pagina l’inchiesta di Perugia: “Così fu comprata la casa per Scajola”. Si tratta di carte dei pm di Perugia che rivelerebbero come il costruttore Anemone comprò alcuni appartamenti poi intestati al ministro.

Il Sole 24 Ore: “Piano da 120 miliardi per Atene. Merkel: sì ai primi aiuti. S&P declassa anche la Spagna. Borse ancora pesanti (Milano -2,31%), Wall Street tiene. Euro ai minimi. Strauss Kahn e Trichet a Berlino”. A centro pagina una grande foto: “Obama va in pressing e al Senato arriva il primo accordo” sulla riforma finanziaria. I repubblicani hanno cessato l’ostruzionismo. In prima anche la notizia che ieri il governo è stato battuto su un emendamento sul ddl sul lavoro: “Assenti 95 deputati Pdl. Governo battuto sull’arbitrato nel lavoro. Passa modifica Pd. Tensione alla Camera”.

La Repubblica: “Cade anche la Spagna, trema l’Euro. Declassato il debito. Atene accusa la Germania: vuole affossarci. Nuove tensioni sulle Borse. Il Fondo Monetario: alla Grecia servono almeno 130 miliardi. Berlino apre uno spiraglio sul prestito”. A centro pagina: “Pdl, Fini rilancia la sfida del premier. ‘Non divorzio, chiedo rispetto’. Lavoro, governo battuto”.

La Stampa: “Aiuti alla Grecia, sì di Berlino. La Germania raccoglie gli appelli. Obama chiama la Merkel. ‘Azione decisa per Atene’. Declassata anche la Spagna”. In prima anche un richiamo ad una intervista al ministro degli esteri spagnolo Moratinos (la Spagna è presidente di turno della Ue): “Il salvataggio, scelta obbligata”. A centro pagina la politica italiana (“Fini-Berlusconi, riesplode la lite”), una fotonotizia sull’attacco ad una ong pacifista in Messico: “Attaccato un gruppo di pacifisti, cinque morti”, oltre all’italiano rapito.

Il Foglio: “Perché anche Berlino fa un primo passo verso la Grecia in panne. Pressing Bce-Fmi. Per la Merkel ‘Atene non sarà un’altra Lehman. S&P taglia il rating della Spagna. Rischio ‘spazzatura’ in Bce”. In prima anche la politica interna: “Pdl tra pace e baruffa. Così le terze linee guastano il lavoro dei (pochi) pontieri. Oggi il dimissionamento di Bocchini. Fini e il Cav: ancora lontani”. Di spalla la politica internazionale: “Obama usa il metodo Bush per il suo primo processo di Guantanamo. Ieri si è aperta l’udienza presso una corte militare speciale. I procuratori offrono il patteggiamento, la difesa rifiuta”.

Il Giornale torna sul “contratto Rai della ‘suocera’” del Presidente della Camera: “Fini non smentisce e ci insulta. Il Presidente della Camera minaccia ritorsioni, parla di giornalismo di m…, perché abbiamo raccontato come la Tv di Stato usa 1,5 milioni di (nostri) Euro. Politici solidali con lui. Informazione falsa? No, verissima. Però ci attaccano”. Di spalla la crisi: “Dopo la Grecia ora l’allarme arriva in Spagna”.

Libero: “Il piano di Fini contro il Pdl. Gole profonde. I fedelissimi svelano tutte le mosse del presidente della Camera per disfare il partito a Silvio e andare con Casini e Rutelli a fare la nuova Balena Bianca”. A centro pagina: “Salvata la Grecia, chi salva i risparmiatori? Arrivano i soldi tedeschi. Speculatori all’attacco della Spagna”.

Il Riformista: “Fini mondo nel Pdl. Il governo va sotto e partono le accuse per i finiani assenti. Bagarre a Montecitorio. L’esecutivo battuto sull’arbitrato per un solo voto. Rissa verbale nella maggioranza. Caso Bocchino, Berlusconi: ‘Fatelo fuori’. Il Presidente della Camera: ‘No ad epurazioni’”. Di spalla un articolo di Peppino Caldarola sulla inchiesta di Perugia: “Il sospetto che i Pm facciano troppa ammuina. Che succede a Perugia?”. In prima pagina anche un articolo sull’Iraq: “Il caos iracheno complica l’addio Usa”.

Grecia

Secondo l’analisi di Federico Rampini, su La Repubblica, “soffiano sul fuoco dell’europanico le grandi banche di Wall Street”.

L’editoriale del Corriere della Sera, firmato da Francesco Giavazzi, è titolato “Torpori e colpe”. “Per quattro mesi i governanti europei si sono illusi che bastassero pe larople per convincere gli investitori a sottoscrivere i titoli di Atene”, e non hanno “avuto il coraggio di dare una risposta politica forte alla crisi”. Le bugie dei governanti europei “hanno fatto perdere quattro mesi, ma non hanno cambiato la realtà”; anzi, l’hanno resa più difficile. Giavazzi torna a chiedere invece di far ripartire la crescita, e quindi: “non andare in pensione a 60 anni, non proteggere le rendite di qualche corporazione potente che opprime i cittadini, aprire i mercati alla concorrenza per creare più occasioni di crescita alle imprese. Non mi sembrano le priorità del nostro governo”.

Luigi Spaventa, su La Repubblica: “Si ragioni freddamente, senza fare appello alla solidarietà tra i popoli europei”, dice l’economista. Secondo Spaventa tra le due ipotesi in ballo – “lasciare la Grecia al suo destino oppure organizzare una operazione di soccorso con il contributo del paziente” – la Germania, che l’Europa pare costretta a seguire, ha seguito una terza strada, un “sì privo di convinzione all’assistenza che tuttavia viene rinviato in attesa di eventi elettorali”.

Su Il Giornale Francesco Forte (“Bisogna lasciare che Atene fallisca”) scrive che sarebbe sbagliata la tesi di chi pensa che un fallimento della Grecia trascinerebbe l’Europa con sé. “Il salvataggio del Paese è l’ennesimo soccorso alle banche che hanno comprato il suo debito”.

Alla Grecia sono anche dedicate due pagine di R2 Diario de La Repubblica: “Grecia, il dramma ellenico e l’Europa spezzata”, di Lucio Caracciolo. E poi una analisi sulla “debole democrazia” di Atene, “vista “l’invadenza dei partiti e a corruzione pubblica”.

Per il premio Nobel Nouriel Roubini, invece, “Salvare la Grecia è uno spreco di risorse pubbliche”, poiché non c’è “un problema di liquidità, bensì di insolvenza”: ne parla Il Sole 24 Ore. In assenza delle riforme strutturali necessarie per ottenere la convergenza fiscale dei Paesi dell’Unione, la Grecia ha consentito che i salari salissero negli ultimi dieci anni molto più rapidamente della produttività, con conseguente aumento del deficit delle partite correnti, giunto ormai al dieci per cento del Pil: servirebbe per Roubini “un periodo di deflazione (salari e prezzi in discesa) che potrebbe durare cinque anni, un’opzione politicamente inaccettabile. Insomma, una mission impossible”. L’unica via d’uscita secondo Roubini è impiegare le risorse pubbliche per ristrutturare il debito greco e “pilotare la sua uscita dalla Ue”.

Su La Repubblica una intervista a Jacques Attali, politologo, che propone di riscrivere il trattato di Maastricht con criteri di bilancio più vincolanti. Se i governi non faranno un ministero delle finanze comune, nessuna moneta unica potrà mai sopravvivere.

Politica

Intervistato da Maria Teresa Meli sul Corriere della Sera Massimo D’Alema commenta lo scontro Berlusconi-Fini: “Ci sono in campo due visioni diverse non solo del ruolo che deve avere la destra in Italia ma anche come deve funzionare il sistema politico”. E poi: “Fini mette in discussione il tipo di bipolarismo che si è costruito in questo Paese e che è fondato sulla contrapposizione esasperata. Al di là del fatto che poi, ogni tanto, chiede strumentalmente il dialogo, Berlusconi ha costruito tutte le sue fortune sulla logica dello scontro”. Ma “Fini non è diventato di sinistra, e non è l’alleato di operazioni strumentali, ma è l’interlocutore importante – e per questo dialogo con lui da anni – di un centrosinistra che capisce che il Paese non si può governare in questo modo, altrimenti non saremo capaci di affrontare i problemi di fondo”. Quanto al suo partito, dovrebbe scegliere il candidato premier con le primarie, “ma devono essere accettate da tutti, non possono essere imposte da un solo partito o da una parte della coalizione”.

La Stampa scrive che sta scattando “l’operazione Nichi”: il governatore della Puglia avrebbe iniziato la volata per le primarie che il centrosinistra dovrebbe svolgere nel 2012 per scegliere il proprio leader alle elezioni politiche. Della squadra farebbero parte anche Luigi De Magistris, Michele Santoro (“indaffaratissimo a far lievitare l’operazione”) e Ignazio Marino.

Sulle pagine de Il Foglio una lunga intervista al responsabile del settore economia e lavoro del Pd, Stefano Fassina, sotto il titolo: “Caro Berlusconi, giù le tasse. La spesa pubblica? Da tagliare. Il fisco? Da rivoluzionare. Il federalismo? Da approvare”. Ha ragione Carlo de Benedetti quando dice che abbassare le imposte è fondamentale per tornare a far crescere il Paese.

Katyn

Su Il Sole 24 Ore la corrispondenza da Mosca racconta la decisione del Presidente Medvedev di mettere online le prove dell’eccidio di Katyn. Ci si riferisce a 7 documenti, tra i quali la lettera scritta da Beria nel 1940, in cui il capo della polizia segreta di Stalin propone la pena capitale per i prigionieri di guerra polacchi. Sulla proposta, in inchiostro blu, Stalin scrisse “Za”, ovvero favorevole. E poi il proprio nome, seguito dalle firme degli altri membri del Politburo. Scrive Il Sole che di 183 volumi di documenti, 116 sono ancora tenuti segreti. Medvedev ha promesso che alla pubblicazione di ieri ne seguiranno altre. In attesa delle grandi celebrazioni del 9 maggio per il 65° anniversario della vittoria, il Cremlino enfatizza così il distacco da Stalin per non macchiare il ruolo dell’Urss nella sconfitta sul nazifascismo.

Su La Stampa si scrive anche che il server dell’archivio di Stato russo che ha reso disponibile online i documenti sulla strage è stato mandato in tilt da due milioni di visitatori. La decisione di Medvedev, motivata dalla dichiarazione secondo cui “la Russia non ha nulla da nascondere” ed è “un dovere” compiere questo gesto, viene contrapposta a quello che fu l’attegiamento di Vladimir Putin che, da Presidente, decise di secretare 116 faldoni su 183 del dossier Katyn, e contemporaneamente i tribunali russi respinsero la richiesta di considerare genocidio la strage dei polacchi. Sulla stessa pagina una analisi di Enzo Bettiza, per cui il gesto di Mosca è una scelta “tra simbolismo e realpolitik”: E’ la “diplomazia del rimorso” la nuova linea di Mosca. Con l’Ucraina usa l’energia, con la Polonia riscrive il passato. Così il Cremlino punta ad allargare la sua influenza ad est. Ricorda Bettiza che i due terzi dei faldoni contenenti “come in un racconto metafisico di Borges, tutti i nomi dei carnefici e delle vittime, non sono stati ancora ‘declassificati’. Gran parte resta ancora blindata negli archivi della polizia segreta in Bielorussia che, per quanto satellizzata, non è più Russia”.

Una analisi di Giovanni Belardelli compare invece sul Corriere della Sera: “Adesso anche i russi sapranno dello sterminio (ma ci sono ancora segreti)”. Si ricostruisce anche l’impegno che i vertici sovietici misero, durante e dopo l’epoca di Stalin, nel compiere una opera di falsificazioni che forse non ha l’eguale nella storia contemporanea, attribuendo il massacro ai nazisti. Un’opera di falsificazione in cui venne inzialmente coinvolto lo stesso Gorbaciov, poiché sul finire degli anni 80 dichiarò che i documenti su Katyn non erano stati ritrovati ancora negli archivi sovietici. Scomparsa l’Urss, nel 2004, ai tempi della presidenza Putin, la procura militare della Federazione russa pose il segreto di Stato su una parte dei documenti relativi a Katyn: gli stessi che oggi continuano a restare segreti. Questo “riduce forse l’importanza della decisione” di Medvedev, “ma non la annulla affatto”.

E poi (Regno Unito, Iraq, 1 maggio)

Tutti i giornali raccontano della piccola “gaffe” di Gordon Brown, che ieri ha brevemente parlato con una elettrice che rimproverava ai labour che in Gran Bretagna ci sono troppi stranieri dell’est. Brown, entrando in macchina con un microfono di una tv, ha commentato definendo “fanatica” la signora. “Il premier costretto a scusarsi”, scrive il Corriere della Sera.

Stasera – scrive La Repubblica – Brown sperava di giocarsi tutto nel terzo dibattito tv. Ma con il liberal-democratico Clegg, che si dice “pronto a fare il primo ministro”, e il conservatore David Cameron, che risale nei sondaggi (36 per cento per lui, 28 per Clegg, 27 per Brown) il “disastro” di una singola gaffe potrebbe risultare rovinoso per il premier.

Secondo Bill Emmott, già direttore de L’Economist, intervistato da Il Riformista, il Regno del futuro sarà proporzionale: il paradosso è che Nick Clegg, l’uomo simbolo dell’innovazione, sarà portatore di un sistema elettorale – quello proporzionale – che in futuro toglierà agli elettori la possibilità di ricorrere a una alternanza, e dunque a un cambiamento radicale sugli scranni del governo, cui da sempre siamo abituati. Nel prossimo futuro il Regno Unito farà l’esperienza di una rappresentatività basata sulla politica della coalizione. Bill Emmott respinge le accuse a Blair di aver distrutto la socialdemocrazia e i suoi principi: “Nonostante l’iniquità continuasse a crescere durante il governo Blair, c’era un forte sentire comune che il tasso di povertà si stesse riducendo e che le opportunità fossero in espansione”. Questa percezione nasceva dall’approvazione di alcune riforme come l’introduzione del minimo salariale, che fu “una mossa del labour ispirata ai più puri principi socialdemocratici”, così come l’assistenza e le agevolazioni economiche alle famiglie con bambini, le politiche di credito fiscale per le classi meno abbienti, e i sostanziali investimenti nella sanità pubblica.

Per restare al Riformista, da segnalare un articolo sul “caos iracheno”: il leader della coalizione uscita vincente dalle legislative, Allawi, chiede ormai elezioni-bis, dopo le contestazioni al voto. Chiede la formazione di un governo ad interim capace di traghettare il Paese a nuove elezioni, sotto il controllo delle Nazioni Unite, dell’Unione europea e della Lega araba.

Su La Repubblica, in prima pagina, è Adriano Sofri ad affrontare il tema relativo alle decisioni in alcune città di tenere chiusi i negozi il primo maggio. Il titolo è più che esplicito: “Se il primo maggio diventa la festa del consumo”.

(fonte: RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo, Paolo Martini)