Le aperture
Il Corriere della Sera: “Piano bipartisan per la crescita”. Si tratta di una lettera del presidente del Consiglio, titolata: “Nessuna patrimoniale, ma economia più libera”. “La proposta di Berlusconi. Offerta a Bersani: agiamo insieme”. “Il premier contro le elezioni. Confronto nell’opposizione sull’alleanza anti-Cavaliere”. A centro pagina anche il richiamo ad una intervista al Ministro Maroni: “Troppi conflitti, così si va al voto”.
A centro pagina: “Obama spinge Mubarak all’addio”. “La Casa Bianca chiede per l’Egitto ‘una transizione ordinata verso la democrazia’”. L’editoriale è firmato da Giovanni Sartori: “Illusioni e delusioni. I rischi del Medio Oriente in fiamme”.
Da segnalare in prima anche una notizia sulla inchiesta milanese su Berlusconi: “Interrogatorio a sorpresa. Nicole Minetti tre ore dai Pm sul caso Ruby”.
La Repubblica: “Egitto, la sfida di El Baradei. Un’altra giornata di sangue al Cairo. Oltre 150 morti dall’inizio della rivolta. Parla Hillary Clinton: ‘Da Mubarak ci aspettiamo riforme democratiche”. “Il leaderf in piazza: ‘Non ci fermeremo’. Obama: ‘Ascoltare il popolo'”. A centro pagina: “Alla Minetti i bonifici di Berlusconi. Ruby-gate, anticipato l’interrogatorio: Nicole 2 ore dai Pm. Elezioni e governo costituente: dal Terzo Polo sì a D’Alema”.
La Stampa dedica una grande foto alle “proteste” e ai “saccheggi” in Egitto: “I militari a Mubarak: dimettiti. Anche la Clinton prende le distanze: ‘Non hai fatto abbastanza’”. Il titolo di apertura è per la politica interna: “Grande Alleanza contro Berlusconi. Casini: parliamone. Fli frena ma non chiude la porta. Le reazioni alla proposta di D’Alema”. In evidenza in prima pagina anche il caso Ruby: “Minetti, blitz dai pm: ero inconsapevole. Interrogata a sorpresa la consigliera regionale: non credevo fossero reati”.
L’Unità: “Cercando un altro Egitto. Via Mubarak. Carri armati contro i cortei. Obama: ascoltare il popolo”.
Il Giornale: “Vogliono l’ammucchiata”. “Altro che bunga bunga”. “D’Alema lancia una santa alleanza per abbattere Berlusconi e andare subito al voto con un imbroglio di Palazzo. Tutti dentro: Fini, Casini, Di Pietro e Vendola. La benedizione del Corriere, Repubblica e Libero“. L’editoriale, firmato da Marcello Veneziani, è titolato: “Perché è meglio evitare le elezioni”.
Il quotidiano si occupa in prima pagina anche della “sinistra al caviale”, e pubblica una foto di Concita de Gregorio, “la raffinata direttrice dell’Unità”. “Ville e archistar, il Paese reale di Conchita”.
Egitto
Quello che viene considerato i principale candidato a sostituire Mubarak, premio nobel per la pace ed ex presidente Aiea El Baradei, ha detto che è “pronto ad assumere la presidenza”. El Baradei ha incassato ieri il sì dei Fratelli Musulmani ad un “ruolo di mediatore” per trattare la transizione con il governo ed arrivare al più presto ad elezioni anticipate. L’inviato de La Stampa al Cairo interpella Mohamed Badie, nuovo capo della stessa Fratellanza, che dice: “Il regime ha fallito e ora sta collassando. La via d’uscita è una sola, Mubarak deve ascoltare la gente e dimettersi”. Ammette che la protesta ha colto di sorpresa i Fratelli Musulmani, che hanno però deciso di sostenerla. Per creare uno Stato islamico? “Questo lo deciderà il popolo”. E ancora, riferendo delle opinioni di esponenti dei Fratelli Musulmani, l’inviato sottolinea come essi siano convinti che “lo Stato islamico non è in conflitto con la democrazia, ma deve essere il popolo a sceglierlo”. Il processo di pace con Israele, con i Fratelli Musulmani, continuerebbe? Risposta: “Perché, c’è un processo di pace?. Israele vuole solo imporre la sua volontà, con l’aiuto degli americani e dello stesso Abbas. L’Olp non rappresenta più i palestinesi, la pace è impossibile senza un accordo con Hamas”.
Sul Corriere della Sera, Giovanni Sartori analizza quelli che considera “i rischi del Medio Oriente in fiamme”, ammonendo contro il rischio, sottolineato qualche giorno fa da Benny Morris, di ripetere in Egitto “un secondo Iran”: “Mubarak è stato un leale alleato dell’occidente, ha firmato la pace con Israele, non è stato un dittatore sanguinario e ha bloccato i Fratelli Musulmani (che si presentano come un Islam moderato che però appoggia Hamas in Palestina). Spero che Obama sappia come è andata in Iran e che non ripeta gli errori di allora. Viviamo in un mondo pericolosissimo, che dobbiamo fronteggiare non da missionari ma scegliendo il male minore. Analogo allarme viene rilanciato dall’Elefantino su Il Foglio: “Dà gli incubi la tesi di un Egitto incubatore di soluzioni all’iraniana, dove una rivoluzione apparentemente anti-autoritaria diventa rapidamente dittatura della sharia coranica”. Per Il Foglio non si tratta di “accademia” poiché “l’Iran è stato il centro motore e il convogliatore profetico dell’Islam politico, quello che i wahabiti di Bin Laden hanno sperimentato nella forma del terrorismo internazionale addestrato in Afghanistan”. Sulla piazza araba potrebbe richiudersi “la cupola di piombo del revanscismo islamista” e “nell’irresponsabilità imperiale degli Stati Uniti comincerà un altro ciclo di guerre e sangue, ma stavolta con l’occidente dialogante”.
Del ruolo della Fratellanza Musulmana si occupa anche il sociologo delle religioni Renzo Guolo, su La Repubblica, secondo cui “passando la mano all’esercito, Mubarak puntava a presentarsi agli Stati Uniti come l’unico elemento di continuità possibile in una transizione che può divenire tellurica. Lo spettro è sempre quello dell’islam politico: un fantasma che ha garantito l’appoggio americano al rais ben prima dell’11 settembre”. Guolo sottolinea l’allarme delle Cancellerie occidentali riguardo ai Fratelli Musulmani, “associazione religiosa ma anche partito politico di massa”, forza “guidata da una dirigenza in cui sono assai influenti gli esponenti di quella borghesia religiosa che da anni controlla gli ordini professionali di medici, avvocati, ingegneri, disposta ad una alleanza con i partiti laici e di sinistra che chiede elezioni libere. Insomma, per Guolo, non sono i Fratelli Musulmani il “perno” della rivolta. Essa è figlia della bomba demografica, della diffusione dell’istruzione, della rete e di tv come Al Jazeera: i giovani “preferiscono i social network ai discorsi di Hassan al Banna, lo storico fondatore dei Fratelli”. Ai tempi dell’esportazione manu militari della democrazia, l’Amministrazione Bush non pensava che a smobilitare dovessero essere anche i leader di Egitto o Arabia Saudita, sottolinea Guolo: ma ora che quella possibilità si fa concreta, E se “in nome della realpolitik e della tutela a oltranza di equilibri geopolitici i processi di democratizzazione fossero ibernati, il futuro sarebbe ancora più problematico dell’incerto e convulso presente”.
Su Il Giornale ritroviamo di nuovo un allarmante paragone con l’Iran: il Nobel per la pace El Baradei è pronto a diventare “lo spicciafaccende dei Fratelli Musulmani”. Nel 1979 in Iran l’ingrato compito toccò al primo ministro Shapur Bakthiar che, dopo la fuga dello scià, permise il rientro di Khomeini, sciolse i servizi segreti e rimise in libertà i prigionieri politici, ricevendone in cambio l’esilio e la condanna a morte. Una analisi altrettanto allarmata di Andrea Nativi si sofferma sulle cifre degli aiuti Usa alla difesa egiziana: 1,75 miliardi di dollari nel bilancio 2010, in assistenza militare e civile. La difesa egiziana può contare su 350 mila soldati, 1000 carri da battaglia Abrahams, 1700 M60, missili balistici Scud, e via dicendo: “Immaginate cosa potrebbe accadere se questo arsenale passasse sotto il controllo di un governo islamico non moderato”. A chi invoca in Occidente e negli Usa il rispetto della democrazia, si ricorda cosa è accaduto quando sono arrivate le prime elezioni democratiche palestinesi: la vittoria è andata ad Hamas.
Il Corriere della Sera intervista Hisham Kassem, politologo egiziano fondatore di giornali indipendenti e già vice presidente del partito El Ghad. Commentando gli allarmi per un rischio di deriva islamica dice di considerarla una “assurdità”. E spiega: “I Fratelli Musulmani hanno avuto finora un certo sostegno solo perché erano l’unica opposizione. In caso di vere elezioni sarebbero arrivati sotto al 20 per cento”, “sono divisi. Finiti anche loro. Il pericolo non è l’estremismo islamico ma l’instabilità. E l’intervento duro dell’esercito che nonostante tutto potrebbe ancora esserci”.
L’Unità intervista il leader del partito El Ghad Ayman Nour, figura storica del dissenso in Egitto. A chi teme una deriva fondamentalista risponde: “Chi lo teme o lo auspica per giustificare una brutale repressione, non coglie la straordinaria novità di questa rivolta. Che è una rivolta di popolo, che coinvolge tutti i settori della società egiziana. Non ci sono steccati religiosi, etnici, identitari: musulmani e cristiani di Egitto stanno combattendo insieme la battaglia contro la corruzione, la disoccupazione, l’oppressione”. Dice anche che è la polizia ad organizzare i saccheggi, e che membri del governo sono complici.
Politica
In una lettera al Corriere della Sera il presidente del Consiglio Berlusconi spiega il no del suo governo alla proposta di imposta patrimoniale elaborata da Giuliano Amato e da Pellegrino Capaldo e ripresa da un recente articolo di Dario Di Vico. Spiega che il governo “esprime una irriducibile avversione strategica a questo strumento fiscale, in senso tecnico-finanziario e in senso politico”. La misura proposta da Amato e da Capaldo è “una rinuncia statalista, culturalmente reazionaria, ad andare avanti sulla strada liberale”. E dice che invece servirebbe “un’economia decisamente più libera”, “in un Paese più stabile, meno rissoso”. Berlusconi si appella quindi al segretario Pd Bersani che “è stato in passato sensibile al tema delle liberalizzazioni e, nonostante qualche sua inappropriata associazione al coro strillato dei moralisti un tanto al chilo, ha la cultura pragmatica di un emiliano”: per questo gli propone di “agire insieme in Parlamento, in forme da concordare, per discutere senza pregiudizi ed esclusivismi un grande piano bipartisan per la crescita dell’economia italiana; un piano del governo il cui fulcro è la riforma costituzionale dell’articolo 41, annunciata da mesi dal ministro Tremonti, e misure drastiche di allocazione sul mercato del patrimonio pubblico e di vasta defiscalizzazione a vantaggio delle imprese e dei giovani”.
Ancora sul Corriere una lunga intervista al Ministro dell’Interno Roberto Maroni, che sottolinea: “C’è uno scontro tra le istituzioni dal quale si deve uscire al più presto per far ripartire l’attività di governo. Dice poi che se il Capo dello Stato deciderà di sciogliere le Camere “ne prenderemo atto”, ma “questo naturalmente può avvenire solo dopo il voto sul federalismo”. Dice che il Pdl “è un partito che ha consistenza e presenza sul territorio” e che “andrà oltre Berlusconi”. Sarà lui il vostro candidato premier? “Non se n’è mai parlato, proprio perché Berlusconi ha sempre respinto l’ipotesi del voto. Vedremo. Nel centrodestra ci sono tanti uomini e donne capaci, competenti e dotati di leadership, in grado di guidare un governo se Berlusconi decidesse di non essere lui il candidato premier”.
E poi
Nascerà a Genova il primo museo permanente della “rumenta”: l’idea iniziale di un museo dedicato alla spazzatura è di Renzo Piano, che ci aveva pensato quando esplose lo scandalo del rifiuti a Napoli, poi è stata entusiasticamente ripresa dalla sindaca Marta Vincenzi. Nacerà tra giugno e novembre. L’assessore all’educazione ambientale Pinuccia Montanari spiega: “E’ un modo di riflettere sulla dimensione antropologica dei rifiuti come espressione della società dei consumi”. L’assessora ha organizzato corsi e-learning per amministratori sul tema della gestione sostenibile dei rifiuti. Installazioni artistiche e laboratori per insegnare la cultura del riciclo. Su La Stampa.
(Fonte: RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)