Il nostro racconto, ipotesi 2

Pubblicato il 18 Ottobre 2009 in , da Vitalba Paesano

Creativi? certo, sempre di più! i nostri amici grey.-panther non solo si dilettano a scrivere insieme racconti, ma decidono finali diversi. Per dar modo a tutti di leggere e di scegliere la versione più gradita. Ecco la versione numero due della storia di Rebecca.

Rebecca, una simpatica cinquantenne, approfittando dell’assenza del marito, andato in Spagna a trovare un ex collega di lavoro, in trasferta da qualche mese nei dintorni di Barcellona, sta trascorrendo una breve vacanza a Loano, la graziosa cittadina ligure dove abitano i suoi genitori. Le giornate trascorrono piacevolmente tra passeggiate, gradevoli visite a parenti, rilassanti pomeriggi in giardino a farsi riscaldare dal sole ancora caldo e accarezzare da quel leggero venticello che non manca mai in quella zona ai piedi della montagna.
Una sera, improvvisamente, una visita inaspettata: è Aldo, un vecchio amico di scuola, del tempo del liceo: una simpatia ricambiata, qualche gelato insieme e qualche stella di troppo, una passione tutto sommato inespressa… Bene, Aldo si presenta alla porta, con un fiore in mano, tra il romantico e l’ironico, proprio come era già nel suo carattere di adolescente; è venuto a conoscenza per caso della presenza di Rebecca in città, e ha pensato di invitarla a una serata di ballo latino-americano, sicuro che lei non avrebbe rifiutato… Rebecca guarda allibita la figura maschile comparsa quasi per magia sul pianerottolo della casa dei suoi. Aldo? Ma queste cose avvengono solo nelle trame dei film! Lei è spostata, con figli adolescenti…. Una serata di ballo? Il tango che è sempre stata la sua passione? Il cuore di Rebecca, nonostante la razionalità cui cerca di attenersi, comincia a battere all’impazzata, l’emozione è tanta, rimane senza parole, mille ricordi le affiorano di colpo alla mente… gli anni mai dimenticati… quando, ragazzi, trascorrevano molto tempo insieme, spesso anche solo guardandosi negli occhi … una sera proprio in una sala da ballo, la luna complice… le ci vuole qualche attimo per riprendersi, poi lo invita a entrare…

“Cara Rebecca, ho osato troppo? Meno male che i tuoi non sono in casa, altrimenti, proprio come un tempo, tuo padre mi avrebbe guardato attraverso gli occhiali con aria severa. Ma io ho sentito dal giornalaio la Lia (te la ricordi, la secchiona del primo banco?) che diceva di averti vista lungo il Corso Umberto. Non ho resistito e mi son detto: se ha voglia ci raccontiamo i nostri ultimi… trent’anni e se invece non ha voglia di parlare, tango a gogò tutta la sera!”.
Era troppo trasparente Aldo per non sorridere. Rebecca avrebbe voluto fare entrambe le cose: parlare con lui tutta la notte e ballare i ritmi più languidi del tango argentino. Sorrise, diede un colpetto di tosse tanto per darsi un contegno, mise la rosa in un piccolo vaso lungo e stretto e si rivolse all’amico: “Caro Aldo, i miei rientreranno tra poco, dammi dieci minuti, mi preparo così usciamo e possiamo parlare e ballare, come ci pare”
Mentre Rebecca infilava un paio di pantaloni neri e una maglia di seta, anch’essa nera, ma con una scollatura a V piuttosto accentuata, due perle di orecchini e un filo delle stesse perle al collo, pensava: “da quanto tempo non ho un appuntamento! E per andare a ballare… e con Aldo, pensa un po’! Devo lasciare il cellulare a casa!”. Non aveva in mente nulla di male (non ci si può far stravolgere da un incontro imprevisto alla nostra età, pensava), ma non sopportava di dover rispondere a suo marito Carlo mentre sarebbe stata in compagnia di Aldo. E non poteva neppure chiudere il telefono. Avrebbe dovuto spiegarne il motivo, dopo, a Carlo e non le piaceva mentire. Sì, avrebbe lasciato il cellulare a casa, quasi a dimenticarsi di tutti i legami e i collegamenti con le persone e con le realtà della sua vita quotidiana. In dieci minuta fu pronta: un po’ di fard, ma non troppo, una riga discreta sopra gli occhi, un filo di rossetto rosso ciliegia, che le stava ancora bene, sulle labbra, ed era sempre stata una protezione voluta a qualunque affettuosità imprevista. “Eccomi”, disse comparendo sulla porta.

La semplicità è sempre stata la sua eleganza, Aldo la sta osservando compiaciuto ma sempre un po’ intimorito, come tanto tempo addietro. Quel senso di inadeguatezza che provava quando, standole accanto, condivideva movenze, parole e sorrisi, lo riassale all’improvviso, così da fargli distogliere repentinamente lo sguardo da quel viso luminoso, gentile, aperto al mondo e a lui, che in quell’istante le è ancora vicino, come piccolo satellite, come luna di un pianeta tutto da riscoprire.

Rebecca  gli fa una carezza, poi, mentre si avviano alla macchina, ripensa al cellulare “dimenticato”, no, non è giusto  lasciarlo; deve portarlo con se, in caso ci fosse un’emergenza…. il figlio lontano , non si sa mai, non può essere così irresponsabile: chiede scusa ad Aldo e ritorna in casa, prende il telefono e lo infila nella pochette, richiude la porta e questa volta sale in macchina davvero.
I due “ragazzi” si avviano…bisogna decidere se andare in un posto tranquillo dove poter parlare e ricordare i vecchi tempi o semplicemente andare a ballare. Decidono per il ballo, intanto…
Carino il locale dove Aldo la porta, si siedono a un tavolo, qualche parola…la musica invitante, poi quel tango che suscita lontani ricordi …raggiungono la pista da ballo, i loro corpi troppo vicini, l’attrazione è inevitabile,  cercano di controllarsi, intanto la musica finisce e ritornano a sedersi. Qualche minuto di intervallo, iniziano una conversazione normale, forse non vogliono neppure parlare, si guardano negli occhi, la tentazione è in agguato…riprende la musica e ritornano in pista, ma forse è meglio prendere un po’ d’aria e si avviano verso il giardino del locale. La serata è splendida, la luna è piena con quella sua stellina che l’accompagna, un cielo meraviglioso.

In quel momento squilla il cellulare; Rebecca, indecisa tra il maledirsi per aver deciso di portarlo e la preoccupazione per la chiamata inaspettata, si scusa con Aldo. “Solo un momento, torno subito”. Aldo le sorride : “Fai pure non scappo di sicuro”. Rebecca si allontana di qualche passo,ha letto il nome del marito sul display e non sa perché ma non vuole che Aldo ascolti. E’ Leo, l’ex collega del marito: “Rebecca? Scusa se ti chiamo con il cellulare di Carlo ma non conosco il tuo numero. Vorrei chiederti un favore. Io e Carlo siamo stati invitati ad una lunga gita in barca, so che lui ti  aveva promesso di tornare entro il fine settimana ma e’ un’occasione unica e…ecco, mi chiedevo se ti è possibile rinviare il ritorno di un po’”. Rebecca un po’ confusa non riesce a rispondere, teme, o forse spera, che rimanere a Loano possa trasformarsi per lei in una tentazione irresistibile. “Io, non saprei, ma…ma perché Carlo non mi ha chiamato di persona?” ” E’ che a lui non l’ho ancora detto, voglio fargli una sorpresa ma, naturalmente, ho preferito chiedere prima a te.” “Capisco” risponde Rebecca sentendosi come una in procinto di lanciarsi nel vuoto con un paracadute. ” Bene, penso che a Carlo farà piacere, va bene; ma digli di farmi sapere se verrà in barca con te o se deciderà di rientrare comunque.” “Contaci” risponde Leo “Grazie e buona serata”. Rebecca rimane un po’ a fissare il cielo buio cercando di risvegliarsi dal torpore che l’ha presa. Aldo, notando che non sta più parlando al telefono, le si avvicina “Tutto bene?” dice sottovoce “Mi sembri turbata, cattive notizie?” Rebecca si volta come svegliandosi da un sogno “No,no tutto bene, penso che mi fermerò qualche giorno in più del previsto, mio marito potrebbe partire per un giro in barca e così…” Tace, quasi temendo che l’accenno al marito rovini la serata. Aldo però le sorride: “Bene, più tempo per noi allora, ci sono dei posti di Loano che certamente non conosci, vieni con me.”
Aldo le apre la portiera, poi, con un gesto elegante la invita ad accomodarsi: “Mia signora, al vostro servizio” scherza. Una corsa veloce con il fresco settembrino nei capelli giù per la strada che porta alla marina e Rebecca si ritrova a passeggiare sulla battigia con le scarpe in mano facendo un bilancio della sua vita sentimentale mentre Aldo le offre la giacca per proteggerla dall’umidità. In quel momento squilla il cellulare, Aldo si scosta un po’ per lasciarle un poco di privacy. “Pronto? Oh Alida, sei tu? Ciao come stai? Ma dove sei? Anche tu, c’e’ anche Carlo lì. L’hai visto…come? con chi?”
Il cellulare le scivola dalla mano ma lei non se ne accorge, continua a camminare come un pupazzo poi si accascia sulla sabbia bagnata. Aldo accorre con il viso preoccupato. “Rebecca, che hai?”. “Io…no, niente. Aldo, portami a casa, vuoi? Sono un po’ stanca, scusami.” Parlando si volta verso di lui e Aldo si accorge delle lacrime che iniziano a rigarle il volto.” Certo, subito. Aspettami qui, vado a prendere la macchina.

Era tutta una scena. Dal momento di prepararsi per uscire, allo svenimento farsa sul letto sabbioso, morbido e ancora caldo del centro ligure, era tutto apparenza e imbroglio. Sapeva benissimo Rebecca che le sensazioni mielose, le immagini nostalgiche, i pudori, le ritrosie e le gentilezze accentuate nonché artefatte, erano parte di quell’aspetto esteriore e convenzionale di se stessa già buttato alle ortiche, almeno nei pensieri. Aspettava solo l’occasione per farlo concretamente, altro che amorevole recupero del telefonino per premure familiari, altro che passeggiatina romantica, e pudica attesa di ingenue avances.
Era uscita dal guscio, aveva deciso di abbattere le barriere, voleva volare libera dai protocolli a cui si era per decenni adeguata. Stava osservando il mondo socchiudendo gli occhi come il diaframma di una fotocamera, per vedere lontano, più lontano, per vedere fino in fondo, chiaro, aveva regolato la modalità in “profondità di campo” perché tutto, finalmente, le apparisse a fuoco, soprattutto le idee.

Rebecca, dal momento che suo marito aveva annunciato il suo viaggio in Spagna, aveva capito che rischiava di perdere marito e soprattutto la posizione economica che aveva raggiunto.
Il primo impulso fu di rendergli il meritato compenso adornandolo di pluripalcate decorazioni della testa, poi, razionalmente pensò una soluzione più produttiva.
Qualche giorno prima aveva visto un vecchio film  nel quale il marito, aiutato da una sua vecchia fiamma, organizzava una “lieta fine” alla moglie e si proteggeva con un tranquillo alibi: bastava cambiare i ruoli ed il gioco era fatto.
Il fortuito incontro con il suo romantico antico amore veniva proprio a proposito.

Quando Rebecca aveva sposato Carlo, 20 anni prima, questi era un brillante ingegnere che però non riusciva ad iniziare una propria attività per mancanza di fondi. Rebecca aveva impegnato più di metà del suo patrimonio per aiutare Carlo che ora sembrava avere una notevole fortuna negli affari. Ora Carlo, con le scuse più varie, la restituiva una moneta molto amara.
Il viaggio in Spagna era la goccia che colmava un lungo periodo di amare delusioni.
Rebecca, contando sul restante suo patrimonio, aveva deciso di farla finita ed aveva architettato un piano perfetto. Sapeva che il suo vecchio amico Aldo era tornato in città dopo una serie di viaggi e di avventure economiche non molto eccitanti. Non voleva cercarlo direttamente, ma trovò il modo, buttando qualche chiacchiera qua e là dal parrucchiere o in casa di amiche comuni, di fargli arrivare la voce che avrebbe avuto piacere di rivederlo, magari quando il marito era in viaggio. Non passarono molti giorni che Aldo bussò alla porta ed il piano di Rebecca poteva avere inizio.
La falsa telefonata sulla spiaggia era stata un’altra mossa accuratamente preparata.
Nei giorni successivi la trama di Rebecca si arricchì di altri particolari che la donna aveva cura di far conoscere quasi senza accorgersene.
Il patrimonio di Rebecca e quanto sembrava che Carlo avesse accumulato fu fatto brillare davanti agli occhi di Aldo, che non se la passava per nulla bene.
Giorno dopo giorno, parola dopo parola, la proposta di “far sparire” Carlo sembrò che fosse proprio una idea di Aldo e Rebecca, da brava attrice, si mostrò molto turbata. Risultato, come dicono i pescatori, Aldo inghiotti l’esca con tutto l’amo e qualche metro di filo.
Nei giorni successivi i due novelli amanti diabolici cercarono di disegnare un piano per il delitto perfetto…

Leo si era sposato giovanissimo, a 23 anni, con una ventenne, il matrimonio durò pochissimo, circa due anni, nessuno ha mai saputo il motivo della separazione e del conseguente divorzio. Ufficialmente la versione è stata incompatibilità di carattere. Ha sempre lavorato molto in trasferta in particolare nella sede di Barcellona, raggiunto anche da altri colleghi, saltuariamente. Della sua vita sentimentale non si è mai saputo molto, alle cene di gruppo che venivano organizzate dai colleghi, due o tre volte l’anno, si presentava quasi sempre con amiche diverse ma nessuno faceva caso a questo particolare tutti speravano sempre che la nuova amica fosse quella buona ma nessuno faceva domande, solo Rebecca, curiosa, cercava sempre di indagare e riusciva a carpire qualcosa ma poi c’era sempre il marito che l’azzittiva e quindi…

Tra lei e Leo c’era un’amicizia particolare i due si raccontavano un sacco di cose; a quelle cene erano sempre seduti vicini ma l’occhio vigile del marito era puntato su di loro, per cui spesso si doveva trattenere dal fare domande per evitare discussioni con Carlo che non era geloso perché sapeva che la loro era una semplice amicizia ma a lui dava comunque fastidio che lei facesse domande a chiunque, un controllo continuo. Durante uno degli ultimi incontri Leo confidò a Rebecca che a Barcellona aveva un amico,con il quale aveva un rapporto speciale, molto di più che semplice amicizia, e che si trovava molto bene con lui forse stava nascendo qualcosa tra di loro ma ancora per il momento era tutto in embrione. Queste confidenze naturalmente Rebecca non le ha mai rivelate a nessuno tanto meno al marito! Questo era quanto sapeva di Leo fino al momento dell’ultima trasferta.

 Rebecca rimuginava sui suoi piani per eliminare il marito, si chiedeva se ne valesse veramente il rischio. Mentre sorseggiava un caffè in un baretto del porto guardava le inevitabili coppie passare e si chiedeva quante di loro sarebbero state ancora assieme tra cinque o dieci anni. D’un tratto un paio di ragazzini passò rombando su uno scooter, sfiorando i passanti. In un lampo quello seduto dietro allungò una mano e strappò la borsetta di una turista. Neanche il tempo di rendersi conto dell’accaduto ed erano già scomparsi nelle viuzze del porto. Per Rebecca fu come un’illuminazione, ma certo se fosse riuscite a far incolpare il marito di qualcosa di illecito sarebbe rimasta lei unica proprietaria della società. Mandare Carlo in galera e togliergli tutto il suo patrimonio era un’idea più redditizia e meno rischiosa di un delitto. I frequenti viaggi all’estero potevano coprire una esportazione di capitali o forse meglio qualche traffico illecito. Doveva fare una capatina in ufficio, approfittando della prolungata assenza di Carlo avrebbe potuto spulciare i documenti della società ed imbastire una storia credibile.
Per prima cosa doveva scrivere un biglietto per Aldo, non poteva certo lasciarlo così, sui due piedi senza una spiegazione; dopotutto uno disposto ad uccidere le poteva far comodo per portare avanti il suo piano o magari anche come capro espiatorio nel caso le cose fossero andate male.
Prese un bigliettino dal cassetto della scrivania e si sedette a scrivere.
“ Caro Aldo, la tua idea mi ha spaventata, scusami ma ho bisogno di qualche giorno per chiarirmi le idee per cui ho deciso di partire. Non cercarmi, mi farò viva io quando mi sarò calmata.”
Rebecca rilesse le poche righe vergate in fretta poi aggiunse un “aspettami, tornerò presto” giusto per tenere Aldo un po’ sulla corda. Infilò il bigliettino in una busta su cui spruzzò qualche goccia di profumo e si accinse ad uscire per recarsi ad acquistare il biglietto del treno e a spedire la missiva.
Adesso che il piano cominciava a prendere forma sentiva il bisogno di muoversi, di agire senza perdere altro tempo; che diamine, aveva già perso vent’anni!Rebecca aveva chiari in testa alcuni punti. Per prima cosa occorreva crearsi un alibi forte e resistente per il momento cruciale e per proteggersi da qualsiasi possibile aggancio con l’autore dell’omicidio.
Poi doveva proteggere anche l’amico che l’avrebbe aiutata ad eliminare Carlo perché questo sarebbe stato utile per allontanare i sospetti anche da lei.
Inoltre doveva far in modo che la morte di Carlo non producesse grossi vantaggi per lei.
Come aveva deciso, si recò nell’azienda che la vedeva contitolare con Carlo per verificarne lo stato finanziario.
Cercò il Capo Contabile, vecchio amico di suo padre che negli ultimi tempi era stato messo da parte perché eccessivamente legato a principi di antiquata corretta condotta. Il vecchio amico Amilcare si rese disponibile ed insieme cercarono di leggere nelle ultime attività dell’Azienda.
Con grande sorpresa venne fuori che i debiti verso le banche erano cresciuti molto e che le ultime commesse si erano rivelate in perdita: per acquisirle Carlo aveva vinto le gare proponendo sconti impossibili.
Fu chiaro che le ultime frenetiche attività in Spagna non erano altro che tentativi di salvare la barca in qualche modo o di prepararsi, in caso di fallimento, una strada verso paesi “facili”.
Fortunatamente per Rebecca, alcune clausole testamentarie incluse da suo padre, avevano protetto buona parte del suo patrimonio personale e questa fortunata idea di suo padre era nota soltanto a lei.

L’ultima presa di posizione con Aldo si dimostrò provvidenziale e le permetteva di sfruttarla per proteggere Aldo e proteggersi. Chiamò subito Aldo, lo informò della situazione e gli raccomandò, da quel momento in poi di non chiamarla o incontrarsi. Sarebbe stata lei al momento opportuno a chiamarlo.
Poi scrisse a Carlo per chiedergli di rientrare al più presto perché c’era bisogno della sua competenza tecnica per definire la partecipazione ad una gara.
Il suo piano era estremamente semplice, andarlo a prendere all’aeroporto, e sulla strada del ritorno offrirgli qualcosa da bere che aveva in macchina: sapeva che i viaggi aerei spesso seccano la bocca e creano arsura.
Ovviamente il liquido era stato trattato prima con un efficiente sonnifero.
Aldo avrebbe aspettato in un punto preciso della strada dove Rebecca si sarebbe fermata con il marito addormentato. In quel punto la strada costeggiava una fitta selva su un terreno scosceso che nessuno frequentava a causa della presenza di molti animali selvatici poco disposti verso i visitatori. L’idea era di colpire Carlo con un masso, ce ne erano molti, e buttarlo nella forra: il pendio e gli animali selvatici avrebbero fatto il resto.
Il colpo di genio finale era di togliere a Carlo l’impermeabile ed il cappello, farli indossare ad Aldo e fare in modo che i vicini vedessero la coppia rientrare e magari riuscire il giorno dopo per riandare all’aeroporto. Lungo la strada Aldo avrebbe recuperato la sua macchina ed il gioco era fatto.
Il piano sembrava perfetto e Rebecca telefonò ad Aldo per dargli appuntamento sul Belvedere di Capo *B.
Questo belvedere era situato su un’alta scogliera, circa 100 m, era abbastanza isolata e per raggiungerla occorreva fare una arrampicata finale non molto agevole. Questa posizione così isolata dava a Rebecca la quasi certezza di non essere vista con Aldo.

La notte precedente l’incontro però fece un sogno: si trovava nel luogo che aveva progettato per l’appuntamento con Aldo e anziché arrivare Aldo, arrivò Carlo. Intorno a loro qualche coppia, pochi passanti, si salutarono come sempre, una sosta sul belvedere e poi s’incamminarono verso il molo, lo percorsero tutto fino in fondo, ad un certo punto Carlo le si mise dietro, fece per abbracciarla, almeno era quello che lei pensava ma, invece, le diede una spinta e lei cadde in acqua, In quell’istante si svegliò terrorizzata. “Che sogno orribile” pensò. A quel punto si alzò, non riusciva più a restare a letto, poi era quasi mattina, cominciò a gironzolare per casa, sempre con quell’incubo che la tormentava, era agitata: si fece una camomilla, nulla valse. Cominciò a chiedersi cosa significasse quel sogno, era solita farlo, trovava sempre una spiegazione logica. Lei stava progettando di far sparire Carlo e, nell’incubo, era lui a far sparire lei, in quel mo do poi…non potendone più decise di uscire a prendere una boccata d’aria. La via era quasi deserta e Rebecca si avviò verso la piazza. All’improvviso uno stridio di pneumatici, neanche il tempo di voltarsi e qualcosa la colpì violentemente da dietro. Poi fu il buio.

Lentamente incominciò a sentire vaghe voci indistinte, come provenienti da lontano. Aprì gli occhi e un senso di vertigine la colse. Lottando per rimanere cosciente aguzzò le orecchie. “Speriamo si riprenda”, “E speriamo che prendano quel criminale,non si può più nemmeno passeggiare per strada senza rischiare di venir investite, che mondo”.
Leo, sembrava proprio la voce di Leo. Di nuovo il buio. Quando si svegliò le luci basse della stanza d’ospedale facevano da sfondo alla nebbia ovattata che sembrava avvolgerla. Lentamente si rese conto di essere sdraiata in un letto con una flebo nel braccio e qualcosa appiccicato addosso, sensori di un EGC. Tento di parlare ma lo sforzo la fece tossire. Un’infermiera entrò nella sua visuale per sparire quasi subito. “Dottore, dottore la paziente del letto 36 si e’ svegliata”.Nei giorni seguenti scoprì di essere rimasta in rianimazione per quasi quattro settimane, un’auto pirata l’aveva travolta e le ricerche dell’investitore erano ancora in corso. Leo era venuto quasi ogni giorno per avere sue notizie mentre, stranamente, Carlo non si era ancora fatto vivo. Leo le aveva detto che era partito immediatamente alla notizia dell’incidente ma non era mai arrivato e quando l’ospedale aveva richiamato chiedendo notizie del marito lui si era precipitato li. La scomparsa di Carlo era stata denunciata sia alle autorità spagnole che a quelle italiane ma per il momento le sue tracce si perdevano presso il confine franco spagnolo. Dopo qualche settimana, quando Rebecca venne dimessa si fece accompagnare alla sede della società. Amilcare, preavvertito, l’attendeva assieme a Leo. Quando entrarono nell’ufficio di Carlo quest’ultimo, con una scusa, allontanò il contabile. “Siediti Rebecca, ti devo parlare” le disse scostando la poltrona per farla accomodare. “Vedi, devo dirti alcune cose su tuo marito e su questa società” Rebecca si sedette un po’ preoccupata, cosa ne poteva sapere un ex collega degli affari di suo marito? “Io non sono quello che pensi, o meglio, non solo. Tuo marito negli ultimi anni, per risanare i suoi affari, ha preso contatti con persone poco raccomandabili. Ha chiesto favori che poi ha dovuto ricambiare. Il suo ultimo viaggio in Spagna era una scusa per consegnare una partita di diamanti rubati; diamanti che però non sono mai arrivati a destinazione. Vedi io lavoro per l’Interpol ed avevo l’incarico di sorvegliare Carlo per scoprire chi gli forniva la merce e a chi doveva consegnarla. Quando è partito improvvisamente per il tuo incidente si è sottratto alla mia vigilanza, forse aveva capito qualcosa.” Rebecca era attonita, Carlo, la persona che credeva di conoscere da vent’anni non era altro che un contrabbandiere. “Temo che l’incidente sia stato provocato da un complice di tuo marito, aveva bisogno di una scusa per allontanarsi senza essere seguito ed io ci sono cascato”. Carlo che pagava qualcuno per investirla, no non era possibile, non ci credeva. “Leo, ti prego, versami qualcosa da bere, mi gira la testa”. Leo si avvicinò al mobile bar e le versò del cognac. “ Ora ho bisogno del tuo aiuto, Carlo e’ scomparso ed io devo ritrovarlo a tutti i costi”. “Ma io cosa posso fare?” Chiese Rebecca “Carlo non mi diceva nulla dei suoi affari di copertura, figuriamoci di quelli segreti” “Per questo ho chiesto ad Amilcare di darti una mano, se c’è qualcosa di strano , qualcosa che c’è ma non dovrebbe esserci, qualcosa che vi sembra anormale, è importante che me lo comunichi subito. L’ho allontanato per non fargli sapere che Carlo ha tentato di ucciderti però sa cosa stiamo cercando e, con il tuo aiuto, può trovare il bandolo della matassa.” In quel momento entro Amilcare e Leo si alzò “Bene, vi lascio lavorare, avete il mio numero” Rebecca e il contabile passarono alcuni giorni a spulciare tutti i documenti dell’azienda e lentamente emerse una serie di spese che non avevano niente a che vedere con la conduzione dell’azienda. L’acquisto di una casa in sudamerica mascherato da pagamento per servizi mai resi, biglietti aerei per destinazioni con le quali l’azienda non aveva affari, mobili, un’auto che non aveva mai varcato i cancelli della loro proprietà. Un po’ alla volta il gioco, o meglio il triplo gioco di Carlo emerse chiaramente. Per sottrarsi ai loschi personaggi che lo tenevano al guinzaglio Carlo aveva convinto Aldo a corteggiare la moglie mentre lui organizzava la sua sparizione, poi gli aveva ordinato di investire Rebecca per avere la scusa per allontanarsi rapidamente, sottraendosi al controllo di Leo e dei suoi ricattatori. Aldo, abbagliato dalla promessa di lauti guadagni aveva accettato e Carlo era sparito. Probabilmente ora era nella casa in sudamerica a godersi i diamanti dell’ultimo trasporto, che si era tenuto, pronto a prendere il volo per cancellare definitivamente le sue tracce. Rebecca tornò a casa sconsolata, non tanto per il tradimento di Carlo, dopotutto lei era pronta ad ucciderlo. Chissà che risate si era fatto Aldo quando avevano programmato l’omicidio del marito, sapendo che la vittima sarebbe stata lei. Ora però Aldo aveva poco da stare allegro con un’accusa di tentato omicidio e se avesse raccontato del suo progetto di uccidere il marito, chi gli avrebbe creduto?
Epilogo.
Qualche giorno dopo, mentre aiutava Amilcare a rimettere insieme i cocci della società, ricevette un pacchetto recante la scritta “SUSPENSO. DIRIJO DESCONOCIDO”; respinto, indirizzo sconosciuto. Provenienza Brasile. Perplessa prese un tagliacarte e lo aprì. Parecchi sacchettini neri rigonfi scivolarono fuori. Incuriosita ne aprì uno e si senti svenire, uno sfavillio di diamanti faceva capolino dall’apertura. Appena si riprese infilò il tutto in cassaforte e la chiuse. In quel momento squillò il telefono, era Leo:”Rebecca, l’abbiamo preso, pensa era ancora nella casa in Brasile, stava aspettando che arrivassero i diamanti per fuggire, aspettami, vengo a prenderti e ne parliamo.”
Si incontrarono poco dopo in un bar tranquillo e si sedettero ad un tavolo appartato. Non appena il cameriere si fu allontanato Leo si allungò verso Rebecca e la baciò. Stupita lei lo fissò come vedendolo per la prima volta.”Non meravigliarti” disse lui” anche la mia omosessualità faceva parte della copertura, in realtà mi sei sempre piaciuta ma non potevo dirtelo” “ E poi eri già sposata “soggiunse con un sorriso. “Adesso mi piacerebbe sapere dove sono finiti i diamanti, sembra che si trattasse di un valore di alcuni miliardi di euro.””Forse posso dirtelo io” gli sussurrò Rebecca e gli raccontò del pacchetto ricevuto poco prima. Leo scoppiò a ridere: “Un piano così elaborato fallito per un disguido postale? Non ci posso credere”. Poi improvvisamente si fece serio, guardando Rebecca negli occhi le chiese. “c’è qualcosa che ti trattiene qui? In Italia?” “ Ma io, la società, No, a pensarci bene non c’è nulla che mi trattenga qui.” Andiamo a prendere il pacchetto allora. Nessuno sa che è tornato indietro e quando lo scopriranno avremo già fatto perdere le nostre tracce. Con le mie conoscenze non sarà un problema smerciarli e potremo vivere da re per tutto il resto della nostra vita. Forza dai, andiamo” “ Ma , e la società?” Chiese Rebecca “ Cosa ti importa, regalala ad Amilcare, se lo è meritato”. Rebecca sorrise insieme uscirono sotto il caldo sole di ottobre.