È cominciata ieri dall’Iowa la lunga corsa elettorale delle primarie che porterà nel novembre di quest’anno all’elezione del 45esimo presidente degli Stati Uniti. I risultati di questo primo turno elettorale hanno rimesso in discussione molte delle aspettative maturate negli scorsi mesi: in campo repubblicano si è imposto il texano Ted Cruz (27,7%), mentre il “fenomeno Trump” si è fermato al secondo posto (24,3%), distanziando di poco la “sorpresa” Marco Rubio (23,1%). In campo democratico, invece, un sostanziale pareggio tra la grande favorita Hillary Clinton (49,9%) e l’outsider Bernie Sanders (49,5%), il senatore indipendente del Vermont che nelle ultime settimane sembra aver catturato il cuore di molti degli elettori più liberal.
Repubblicani: due vincitori e un vinto
Ci si è interrogati a lungo sull’inarrestabilità del “fenomeno Trump”: il miliardario che fa appello alla pancia della popolazione Usa era dato dai sondaggi saldamente in testa alla compagine repubblicana (35,8%), mentre il senatore del Texas Ted Cruz era dato al secondo posto (19,6%), seguito dal senatore della Florida Marco Rubio (10,2%). Il risultato dell’Iowa ha in parte disatteso le aspettative: pur arrivando terzo, Marco Rubio si è rivelato il vero vincitore del caucus, collocandosi poco dietro a Trump e cominciando a dare attuazione alla strategia del 3–2–1: arrivare terzo in Iowa, secondo in New Hampshire e primo in Nevada/South Carolina. Secondo Mario Del Pero, Sciences Po «Ted Cruz e Marco Rubio possono dichiararsi entrambi, seppur in modi diversi, vincitori. Il vantaggio di Cruz è più psicologico che effettivo (ha ottenuto 8 delegati rispetto ai 7 ottenuti da Trump e Rubio). Rubio, invece, si è mostrato capace di ottenere un buon risultato in uno stato a lui non particolarmente congeniale. Se questo risultato dovesse confermarsi in New Hampshire il senatore della Florida emergerebbe come il candidato ideale sul quale sia l’establishment che i finanziatori repubblicani potrebbero convergere». Nonostante il risultato di Trump, il voto in Iowa – continua Del Pero – certifica la presenza di sentimenti anti–establishment in entrambi gli schieramentiAntipolitica e giovani fermano Hillary
Nonostante non vi sia un vero vincitore – l’elettorato si è spaccato letteralmente a metà, con un 49,9% a favore di Hillary Clinton e un 49,5% per Bernie Sanders – in questo caso il vincitore “politico” sembra essere il candidato che non si è classificato primo, vale a dire il “socialista” Bernie Sanders. Considerato un outsider fino a pochi mesi fa, soprattutto paragonato alla potente macchina politica Clinton, il candidato più a sinistra dei democratici ha scalato nelle ultime settimane i sondaggi, arrivando al 37,2% contro il 51,6% di Clinton, dimostrandosi capace di raccogliere il voto di protesta tra i democratici. In Iowa, il senatore settantacinquenne del Vermont è riuscito ad attrarre il voto dei più giovani (l’84% degli under 30 ha votato per lui), tallone d’achille di Hillary Clinton.
Quanto è importante vincere in Iowa?
Osservando i trend elettorali passati, si può dedurre che l’Iowa conti più per la spinta psicologica che può imprimere al resto della corsa elettorale che non per motivi più razionali come aritmetica o calcolo politico. Guardando ai risultati dagli anni ’70 a oggi, nel caso dei democratici, in sei occasioni su otto il vincitore dell’Iowa si è poi aggiudicato la nomination durante la conventiondel partito. Il caso più celebre è proprio quello di Barack Obama, che nel 2008 si affermò, a sorpresa, sulla candidata favorita Hillary Clinton, approfittando poi di quello che nel gergo politico americano viene definito momentum, vale a dire quella “spinta” mediatica ed economica che trascina il resto della campagna verso la vittoria. Nel campo repubblicano, negli ultimi quarantacinque anni solo in tre casi su sette chi si è affermato al caucus in Iowa ha poi effettivamente ottenuto la nomination del partito.
Per una guida al peculiare sistema di voto in Iowa si veda qui.
I prossimi appuntamenti e la variabile Bloomberg
Spenti i riflettori sull’Iowa, i candidati dei due schieramenti si stanno preparando per i prossimi dibattiti televisivi. In campo democratico la sfida sarà tra Clinton e Sanders (O’Malley ha optato per il ritiro) il prossimo 4 febbraio; i repubblicani faranno lo stesso il 6 febbraio. Queste occasioni saranno importanti per osservare eventuali cambiamenti di strategia, in vista del prossimo appuntamento elettorale fissato per il 9 febbraio in New Hampshire. Inoltre, un nuovo candidato potrebbe decidere di partecipare alla corsa alla Casa Bianca da indipendente: si tratta di Michael Bloomberg, magnate dell’industria dei media, sindaco di New York dal 2002 al 2013. Bloomberg, ex repubblicano, indipendente dal 2007, è stato uno dei pochissimi sindaci repubblicani(insieme a Rudy Giuliani e Fiorello La Guardia) eletti in una città tradizionalmente democratica come New York. Forse è per questo che, commentando la sua probabile candidatura, i media amano citare Frank Sinatra quando diceva “If you can make it in New York you can make it everywhere”. Ad oggi, però, i sondaggi della stessa Bloomberg news agencysembrano remare contro il suo sogno presidenziale, come riporta Politico.
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