Ho sempre pensato che leggere fosse chic. E ora lo penso più che mai.
È chic viaggiare portandosi dietro un libro. È chic sedersi in un bar, in un bel caffè, ai tavolini fuori in primavera oppure nascoste dietro un vetro d’inverno, e sorseggiare un tè o una bibita, leggendo. È chic sedersi su una panchina, in un parco, e aprire il libro che stiamo leggendo.
Per non dire quanto è chic avere una bella libreria con tanti titoli tra i quali scegliere. I libri sono spesso molto belli anche esteticamente, e non solo quelli illustrati o i coffee table books. Ma di certo la lettura con il tempo cambia. Noi cambiamo poco a poco ogni giorno e ogni attimo, e poi periodicamente ce ne accorgiamo, scopriamo che un cibo non ci piace più, che un paesaggio ora ci commuove.
E cambiano i gusti e le nostre scelte di lettura. Dato che nel mondo dei libri lavoro, la mia mamma, appassionata lettrice, mi ha sempre incaricato di “rifornirla” di belle letture. Ci è voluto un po’ di tempo per capire che le belle letture sue non erano le belle letture mie. Perché a me, ai tempi giovane e di sicuro più giovane di lei, piacevano dei libri che la mia mamma riteneva o poco interessanti o addirittura disturbanti. E ora, avendo abbondantemente superato i fifty, comincio a capire perché i gusti letterari cambiano e che cosa le signore, noi signore devo dire, abbiamo voglia di leggere.
Innanzitutto viene voglia di recuperare i classici. Rileggere quelli che ci erano piaciuti da giovani e vedere che effetto fanno ora. Leggere quelli che ai tempi abbiamo snobbato, o non conoscevamo, e erano troppo da scuola. Approfittare del fatto che possiamo finalmente prendere un libro e immergerci per ore, senza essere interrotti, senza avere la sensazione di rubare il tempo a qualcosa di più importante. E quindi “Alla ricerca del tempo perduto” di Marcel Proust, “Guerra e pace” di Lev Tolstoj, “I Buddenbrock” o “La montagna incantata” di Thomas Mann, “Il conte di Montecristo” di Alexander Dumas , possono trovare posto sul tavolo davanti al divano, e farci quella grande compagnia che solo i libri sanno fare.
Non è tutto. Non si ha voglia di sperimentazioni, avanguardie, estemporaneità varie. Si ha voglia di lasciare ai giovani l’inventare un linguaggio, scardinare la sequenza delle storie, stupire, scandalizzare, sconvolgere. Che oltretutto viviamo in un’epoca così piena di eccessi che quasi quasi a stupire è la normalità. Si ha invece il desiderio di incontrare belle storie scritte bene: “La saga dei Cazalet” di Elizabet Jane Howard, “La tredicesima storia” di Diane Setterfield, i romanzi di Cathleen Schine, di Elena Ferrante, di Margaret Atwood, di Elsa Morante. Narratrici di tempi e modi diversi, ma sicuramente accomunate da una grande vicinanza a noi donne. E libri in cui immergersi, da cui venire trasportati in una dimensione diversa. Perché in fondo è questo il segreto del racconto: che ci allontana da noi stessi e ci da immaginare una vita che non è la nostra.
Abbiamo naturalmente ancora voglia d’amore, di leggere d’amore, di sognare d’amore, di capire che cos’è l’amore. Specialmente l’amore alla nostra età, come ne “Le nostre anime di notte” di Kent Haruf (di cui peraltro è splendida tutta la trilogia di Holt). L’amore romantico ma non sdolcinato di “Possessione” di Antonia Byatt. L’amore negato del normale troppo normale “Stoner” di John Williams. L’amore struggente de “Il dottor Zivago” di Boris Pasternak. L’amore che diventa “Follia” nel romanzo di McGrath. L’amore adolescenziale e proibito di “Ada” di Vladimir Nabokov. L’amore per il padre in “Patrimonio” di Philip Roth.
E credo che ci possa venire voglia di leggere qualche saggio, perché imparare è sempre bello e i libri servono anche a questo: a mantenere la mente in movimento, a scoprire un modo diverso di guardare il mondo. Potremmo cercare di capire il nostro Paese con Luca Ricolfi, nel suo “La società signorile di massa“, che già dal titolo ci fa capire come è bizzarro il mondo in cui viviamo. Potremmo prendere il classico Jered Diamond, “Armi acciaio e malattie”, per scoprire che cosa è stata davvero la colonizzazione occidentale. Potremmo avvicinarci alle foreste, agli alberi, alla natura, con “La resilienza del bosco” di Giorgio Vacchiano.
Lo so che non è sempre facile orientarsi tra tutto quello che offrono le librerie, o tra le schede delle biblioteche, le recensioni dei giornali, i blog, i consigli degli amici. Ma di sicuro una cosa che ci si può e anzi ci si deve permettere quando si è superato i fifty (ma anche prima) è di piantare lì un libro che non ci piace: la vita è decisamente troppo breve! E un’altra cosa bella sono i gruppi di lettura: di sicuro una biblioteca vicino a voi organizza questa bella esperienza. Ognuno legge il libro, poi ci si incontra una sera e ci si racconta le impressioni: è sorprendente scoprire come di fatto, sebbene tutti leggano lo stesso libro, ognuno legge un libro diverso. E questa è la ricchezza dell’umanità e della nostra diversità.
Non mi resta che augurarvi buona lettura!
Se volete dirmi cosa ne pensate, sapete dove trovarmi.
Spero di avervi dato qualche buona idea, e vi do appuntamento a febbraio!