In valigia curiosità, intelligenza, ironia…

Pubblicato il 28 Maggio 2018 in , , da Marina Piazza

Tempo di sospendere, tempo di andare al mare con i nipotini, tempo di vacanze anche nostre, chi in case vecchie, ereditate, di famiglia, in cui far convivere più generazioni, chi in alberghi con i nipoti, chi in viaggi…Ciascuno e ciascuna come preferisce, come può. Con l’augurio che il viaggio non si fermi mai, come scrive il grande vecchio Saramago, “Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: non c’è niente da vedere, sapeva che non era vero. La fine di un viaggio è solo l’inizio di un altro. Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si era visto in estate, vedere di giorno quel che si era visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l’ombra che non c‘era. Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre.”

Ma perchè il viaggio non si fermi, è necessario attrezzarsi, non di valigie e costumi, scarponi e piccozze, ma di tre meravigliose attrezzature: la curiosità, l’intelligenza e l’ironia. Attrezzi assolutamente indispensabili per la vecchiaia affinchè non spadroneggino l’arroganza della simil-giovinezza o le lamentazioni della simil-vecchiaia.

E per capire fino in fondo quanto siano indispensabili queste “virtù”, quanto siano la base di possibilità di vita, di relazione, di scambi intergenerazionali vorrei ricordare – e sollecitarvi a vederlo – il film il Agnes Varda e JR Visages, villages. E’ un film sulla vecchiaia (di lei, che in prima persona partecipa al film) e sull’incontro: l’incontro fra una donna vecchia (90anni) e un uomo giovane; l’incontro tra lei, cineasta e fotografa e lui, fotografo di strada, l’incontro con i visi di contadini e operai, vecchie donne, vecchi uomini, giovani donne e giovani uomini, capre e silos, montagne e mare, cinema e fotografia. Un incontro vero, in cui ciascuno dice di sé, attraverso le fotografie gigantesche che i due artisti fanno e attraverso le loro parole e i loro silenzi.

Un film sulla vecchiaia, ironico (lui la prende in giro, lei si lascia prendere in giro e lo fa a sua volta) e dolcissimo, anche nel rapporto tra i due, in cui quello che prevale è lo sguardo benevolo, di cui ho parlato in precedenza, in cui la vita si misura con la morte forse imminente per lei, ma anche con la voglia di vivere, di incontrare, di scambiare. Di viaggiare: e allora lui fotografa  i minuscoli piedi di lei, ne fa una gigantografia e la incolla sul vagone di un treno, in modo che lei possa partire… Lui porta sempre gli occhiali neri e lei glielo rimprovera, lo percepisce come un volersi nascondere e quasi sottrarre alla relazione, ma nell’ultimissima parte del film quando lei organizza un incontro con Jean Luc Godard, che invece va a vuoto perchè  Godard  non si fa trovare, lui capisce la sua terribile delusione per un incontro molto desiderato e che non ci sarà più, e si toglie gli occhiali, come un  ultimo regalo, come il riconoscimento che tra loro c’è stato l’incontro, che si possono guardare, senza schemi e senza schermi.

Questo vorrei dire alla fine, se posso riassumere i “pezzetti” sulla vecchiaia, che, come sappiamo è un territorio sconosciuto, ma in cui è necessario avventurarsi, tesi all’ascolto, lontani dai pregiudizi e dagli stereotipi, pronti a rispettare e ad accogliere l’irriducibile diversità dell’altro e a incorporarla nella propria esperienza, con il desiderio di rendere viva, vitale, desiderabile questa ultima parte della vita.

Invecchiare può essere straordinariamente interessante, come sostiene Christa Wolf , nel suo libro “La città degli Angeli”, attribuendolo a una monaca buddista,  “Sei tanto occupato delle tue pene, dei tuoi dolori, limiti, brame e angosce da essere cieco di fronte alla bellezza della vita. Vedrai, la vita è un tale miracolo e noi passiamo tanto tempo a scoprire dove ci fa torto”

E come ripete la mia adorata Szymborska: “Bisogna risvegliarci dal torpore in cui cadiamo di continuo, mentre basterebbe tenere gli occhi aperti per cogliere i mille miracoli dell’esistenza: una nube che passa, un cane che chiede una carezza, l’incontro con un vecchio professore”.

E, sotto il confortevole ombrello di due grandi scrittrici,  posso con letizia augurarvi buone vacanze. E che siano veramente buone, oggettivamente e soprattutto soggettivamente. Basta poco per farle diventare interessanti e nutrienti. Arrivederci a presto