«Se un’opera d’arte sopravvive è solo perché noi possiamo ancora rimuoverla dalla fissità della sua forma; sciogliere questa sua forma dentro di noi in movimento vitale; e la vita glie la diamo allora noi; di tempo in tempo diversa, e varia dall’uno all’altro di noi; tante vite, e non una …», diceva Pirandello attraverso il Dottor Hinkfuss di Stasera si recita a soggetto.
L’oblio di questa fondamentale verità fu – ohimè – il riscatto da pagare per tanti, lunghi anni, per l’affrancazione della musica antica – e barocca in particolare – dalle spesso umilianti pratiche della trascrizione, degli adattamenti a cui questa musica si era dovuta piegare prima di giungere al nostro orecchio. E così Johann Sebastian Bach fu quello deciso dal Nikolaus Harnoncourt o Gustav Leonhardt, e guai a chi si prendesse delle libertà. Anche se posso comprendere, ed in un certo senso giustificare, l’integralismo di quegli anni, bisogna riconoscere che esso ha condizionato la vitalità della vitalissima musica barocca, costringendola, imbalsamandola, in un rigore alla lunga mortificante.
Ed con gioia ed entusiasmo che accolgo le registrazioni che, come questa di Alberto Rasi (qui nella foto di Barbara Rigon), confermano l’assunto pirandelliano (come, del resto, le altre sue di cui vi ho altrove parlato delle musiche di John Jenkins e di Carl Philipp Emanuel Bach).
Jordi Savall ci aveva per tanti anni ipnotizzato con la sua viola da gamba, grazie a lui rivelatrice di tanto dimenticati capolavori, addormentandoci con essa nelle voluttuose e seducenti coltri dalle quali sembrava ormai impossibile districarsi. Ed ecco che Alberto Rasi viene a risvegliarci con un meraviglioso Marin Marais di ben altra ispirazione, finalmente liberato dal romantico cliché di Tous les matins du monde. I Giochi d’armonia di Marais evocati dall’archetto di Alberto sono filosofici, quasi austeri, immersi e levitanti in un’aura incantata e senza alcuna superfluità d’effetti, e lo strumento concentra nella sua solitudine, non distratta da alcun accompagnamento né paludata dal basso, tutta l’intensità di un sogno carico di simboli e di allusioni.
È nel video de La Rêveuse (La Sognatrice) che potrete, appunto, vedere Alberto Rasi in una sua magistrale, solitaria, evocazione, mentre le Jeu du Volant (si tratta del Gioco del volano, che in francese si scrive come il volante dell’automobile) è occasione di un gioco di parole/immagini.
Marin Marais
Jeux d’Harmonie – Alberto Rasi: viola da gamba – Stradivarius (62’13)
L’Arte del Madrigale
Monteverdi, De Wert, Luzzaschi, Agostini, Gesualdo … – Voces Suaves – Ambronay (60’)
La Schola Cantorum Basiliensis – fondata nel 1933 a Bâle (Basilea) da Paul Sacher, industriale, direttore d’orchestra e gran mecenate svizzero – fu, per molti anni, il faro di un nascente anche se, agli inizi, esitante interesse per la musica antica e le prassi esecutive fedeli agli originali. Negli anni ’60 e ’70 arrivarono a Basilea grandi virtuosi come il clavicembalista olandese Gustav Leonhardt, il liutista statunitense Hopkinson Smith, il gambista Jordi Savall, e la grande lezione irradiò da questo austero cenacolo in tutto il mondo. La musica antica – sopratutto quella barocca – che sino a pochi anni prima era stata ascoltata praticamente soltanto attraverso tronfie e paludate trascrizioni suonate su strumenti moderni (vedi sopra), rivelò nuovi splendori e profondità, grazie anche agli apostoli di quei grandi Maestri – Christophe Coin (violoncello), Evangelina Mascardi (liuto), e gli italiani Lorenzo Ghelmi (organo), Andrea Marcon (clavicembalo), Paolo Pandolfo (viola da gamba) ecc. ecc..
Senza dimenticare la musica vocale, sopratutto nel repertorio polifonico rinascimentale, strettamente legato alla forza espressiva della parola che nella suggestiva forma del madrigale rappresenta, come un affresco sonoro, le mille sfumature della natura umana, traducendo in musica l’identità poetica del testo.
Formato a Basilea nel 2012 da nove solisti quasi tutti provenienti dalla Schola Cantorum Basiliensis, l’ensemble Voces Suaves fa parte del programma eemerging di Ambronay, per l’accompagnamento dei giovani ensembles che si dedicano alla musica antica. È questo il suo primo cd – e l’ottavo della collezione. Dedicato alle composizioni di Monteverdi, Gesualdo, Luzzaschi, De Wert ed altri compositori rinascimentali e barocchi, questo disco è esemplare illustrazione di una interpretazione in cui la «fedeltà al testo» non irrigidisce né appesantisce il canto che, al contrario, si leva, libero e leggero, a tracciare le splendide architetture della polifonia.
L’arte del Madrigale
Le violon Roi
Renaud Capuçon I capolavori di Mozart, Beethoven, Schubert, Brahms, Dvorak, Ravel … – Erato (76’21 + 78’55 + 79’35 + 76’17)
Icona iper-mediatica della musica classica – assieme al fratello violoncellista Gautier – Renaud Capuçon, è inoltre sposo felice di un’altra icona – del giornalismo televisivo d’oltralpe – Laurence Ferrari, ed è sul piccolo schermo che li si vede sovente, i due fratelli, illuminare della loro benedizione concorsi e premiazioni. Ma le frequenti apparizioni televisive di Renaud non gli impediscono di svolgere un’intensa attività concertistica – che ha oggi volontariamente ridotto a “soltanto” 120 concerti l’anno – e discografica, come solista o con il quartetto da lui creato – che riunisce, accanto a lui, tre giovani virtuosi – e che porta il suo nome.
Ed ecco che Erato ci presenta una summa di questa sua attività in un cofanetto (economico) di 4 cd, rutilante come uno di quei cataloghi dei magazzini di vernici che – quando eravamo bambini – ci facevano sognare, ci affascinavano con la loro miriade di splendenti colori, articolati in infinite sfumature che si svolgevano ed moltiplicavano, comparandosi e contrapponendosi nei più arditi accostamenti. E tale è il ricchissimo programma registrato: 51 tra Sonate, Concerti, Trii, Quartetti e Quintetti, per non parlar del disco dedicato ai bis che ne elenca ben 18, spaziando dall’ispirato e sognante Clair de lune di Claude Debussy al vertiginoso Hora staccato di Dinicu e dalla Danza degli spiriti beati di Christoph Willibald von Gluck a quella Macabre di Camille Saint-Saëns.
Queste registrazioni sono anche la testimonianza di quanti altri grandi solisti e virtuosi amano e stimano Renaud, compiacendosi di suonare con lui o per lui: Martha Argerich prima di tutti, poi Nicholas Angelich (pianoforte), Antoine Tamestit e Gerard Caussé (viola), Céline Frisch (clavicembalo), Mischa Maisky (violoncello) ed i direttori Myung-Whun Chung e Daniel Harding.
Anche se i cd sono 4, e bien pieni, non aspettate tuttavia che questi capolavori – che non sto ad indicare in dettaglio – siano presentati nella loro integralità (a parte i bis …): giusto un movimento per ogni opus, un assaggio che Le violon Roi (il Violino Re) vi offre della sua multiforme grazia, rinviandovi poi al ricchissimo catalogo delle sue registrazioni se, convinti, vorrete attingere alla totalità dell’opera.