La realtà degli anziani più o meno autosufficienti, più o meno soli, emerge ogni giorno con maggior forza in Italia, uno dei Paesi più vecchi e longevi del mondo, e particolarmente nelle nostre città dove l’età media continua a crescere. Così quello che potrebbe essere un dato positivo si trasforma in un oceano di problemi. Mancano i posti nelle residenze per anziani e soprattutto costano troppo per garantire un accesso equo, ampie fasce della popolazione ne restano escluse. Le ricadute socioassistenziali pesano sulle famiglie ma non solo. Secondo il rapporto Oasi 2018 appena pubblicato dal Cergas Bocconi, il 61,4% degli ultraottantacinquenni assistiti negli ospedali italiani sperimenta ricoveri ripetuti, spesso per la stessa malattia. «Colpisce la debolezza dei servizi domiciliari e della presa in carico post-ospedaliera: solo il 27% degli over 85 viene dimesso prevedendo un qualche strumento di continuità assistenziale», è la fotografia che ci restituisce il lavoro del Cergas. Ci ostiniamo a non volere affrontare le sfide mediche e sociali poste dalla terza età spingendo sempre più in là l’asticella dell’arrangiarsi, cercando di supplire con badanti, parenti e infermieri, ma prima o poi l’equilibrio si rompe. Una frattura di femore o una polmonite rendono la situazione di precaria autonomia non più gestibile e così ci si ritrova improvvisamente a fare conti che non possono tornare con i bilanci familiari. Solo la politica può dare le risposte che i cittadini aspettano e vorrebbero.
(da Corriere della Sera di martedì 4 dicembre 2018 “Le rette d’oro”Terza età accesso negato.)