Il 26 luglio si celebra la Festa dei nonni di Gesù, Anna e Gioachino. Momento di celebrazione invocato da Papa Francesco per onorare coloro che “tramandano la fede alle generazioni future”
“Domani andremo alla cappella di sant’Anna per la messa, vieni anche tu, vero?” La domanda che mi rivolge un’amica del piccolo villaggio di montagna dove trascorro le vacanze non mi sorprende perché ogni anno, in occasione della ricorrenza di sant’Anna, gran parte degli abitanti del luogo si dà appuntamento nel bosco presso l’oratorio a lei dedicato per partecipare alla messa in suo onore. Dopo la funzione e l’immancabile pranzo al sacco, si trascorre qualche ora tutti insieme in allegra compagnia. E’ una vera festa e non voglio certo perdermela!
Il 26 Luglio di ogni anno insieme alla madre della Vergine Maria la Chiesa celebra anche san Gioacchino, sposo di Anna e padre di Maria. Insomma è il giorno della festa dei nonni di Gesù, modello ed esempio per tutti i nonni del mondo. Ma cosa conosciamo della vita di questi due santi?
La storia della Festa dei nonni di Gesù
I testi biblici canonici non menzionano i genitori della Madonna, lo fanno invece i testi apocrifi: il Protovangelo di san Giacomo – risalente al 140 dopo Cristo – e lo Pseudo Matteo databile intorno al IX secolo. Sono però ritenuti non storici a causa del loro stile favolistico, fantasioso e romanzato di raccontare gli avvenimenti, pertanto non attendibili come fonte di verità storica. Tuttavia, nel corso del tempo entrambi furono ripresi e arricchiti dagli scritti di altri autori cristiani, tra i quali Jacopo da Varazze, che nella seconda metà del 1260 compose la Legenda Aurea, una raccolta di testimonianze e biografie di molti santi e del culto a essi tributato. Questi scritti, oltre allo scopo di raccogliere, riordinare e tramandare avvenimenti, storie e biografie di giganti della fede, servivano da supporto ai predicatori che avevano il compito di alimentare e corroborare la fede dei semplici, in un tempo nel quale la povera gente, sempre in bilico tra guerre, carestie, soprusi ed eresie, aveva necessità di guida, conforto e speranza che solo dalle esemplari vite dei santi si potevano attingere.
Ebbene, secondo la tradizione e le fonti agiografiche di tali testi, ecco alcuni dettagli della Festa dei nonni di Gesù: Anna era una donna virtuosa e di grande fede, figlia di un sacerdote della tribù di Levi, pertanto la sua stirpe era sacerdotale. Gioacchino viene ricordato come un uomo pio, generoso e molto ricco; la sua stirpe era regale poiché discendeva dalla famiglia del re Davide. I due si sposarono molto presto come era usanza a quei tempi ma dopo venti anni di matrimonio non avevano ancora avuto prole.
Per gli ebrei non avere discendenza costituiva scandalo e segno dell’assenza di benedizione da parte di Dio,
la qual cosa era motivo di lacerante dolore per i due coniugi che, persa ormai la speranza di generare figli,
decisero di distribuire le loro ricchezze ai poveri trattenendo per essi solo il necessario per vivere.
Un giorno, in occasione di una solennità del Signore, Gioacchino, come era solito fare, portò la sua offerta
rituale al Tempio ma venne rifiutata da un ministro del culto perché ritenuta indegna e non assimilabile a
quella degli uomini fertili e con prole. Confuso e mortificato per l’offesa, il sant’uomo fuggì nel deserto, alla
ricerca di solitudine e conforto tra i semplici pastori cui aveva affidato i suoi greggi e per quaranta giorni
implorò il Signore con sacrifici e digiuni affinchè gli usasse misericordia (Protovangelo di Giacomo, cap.I).
A sua volta Anna, rimasta sola e afflitta, trascorreva il tempo in preghiera, supplicando il Signore di concederle la grazia di un figlio e del ritorno dello sposo: “Piangerò la mia vedovanza e la mia sterilità. Oh Dio dei nostri padri, benedicimi e ascolta la mia supplica. Oltraggiata e con scherno mi hanno scacciata dal tempio del Signore. Ohimè a chi sono divenuta simile? Non certo agli uccelli del cielo, che essi pure sono fecondi innanzi a te, o Signore! Non certo alle fiere del campo, perché esse pure sono feconde innanzi a te, o Signore!” (Protov. di Giacomo, cap.II).
Il Signore accolse le invocazioni accorate, perseveranti e piene di umile speranza dei due sposi e mandò un
angelo ad annunciare in sogno ad entrambi che sarebbero stati esauditi e avrebbero avuto la gioia di generare una creatura. La dolorosa prova della sterilità, vissuta con tormentata rassegnazione e fedeltà alla volontà di Dio si era conclusa e per i due sposi era ormai giunto il momento di ricongiungersi.
Ammiriamola dunque la scena di questo toccante incontro tanto atteso e desiderato! Allo scopo possiamo
volgere l’attenzione a un capolavoro di Giotto che si trova nella cappella degli Scrovegni di Padova.
Il quadro di Giotto che racconta Anna e Gioachino
Si tratta dell’ultimo affresco di un ciclo pittorico che racconta le Storie di Gioacchino ed Anna, situato sulla
parete destra della cappella. L’intera opera, che si mostra carica di una ricca e raffinata simbologia, fu
affrescata tra il 1303 ed il 1305 da Giotto che trasse ispirazione dalla Legenda Aurea e dalle indicazioni
decorative e iconografiche dell’erudito teologo agostiniano Alberto da Padova (Giuliano Pisani, La cappella degli Scrovegni, Skira, Milano 2021).
L’immagine ritrae il gioioso incontro dei due sposi su un ponticello dinanzi alla Porta Aurea (o Porta d’Oro) di
Gerusalemme, nell’atto di scambiarsi un bacio sulla bocca ed un tenerissimo abbraccio. Con quel bacio, che
costituisce il primo esempio di bacio d’amore della storia dell’arte cristiana, Giotto allude al concepimento
carnale della Vergine Maria che, seppure immacolata ed esente da peccato originale, prese vita da un
concreto atto di amore e di unione coniugale.
Una mano di Anna cinge la nuca dello sposo attraendolo a sé e l’altra gli accarezza il viso, mentre i loro occhi
si incrociano in uno sguardo dolcissimo e carico di intesa. Gioacchino ricambia l’affettuoso gesto di Anna
abbracciandola con trasporto. L’impeto del loro incontro e della loro unione viene proiettato anche sulle
aureole del capo, che appaiono fuse insieme, quasi a formare un unico cuore, simbolo di concordia, di
sacralità e indissolubilità dell’unione nuziale.
Alle spalle di Gioacchino è raffigurato un giovane pastore con il vincastro e un cesto di provviste. È uno di
quelli che avevano accolto il santo e vissuto con lui durante il volontario esilio dopo la cacciata dal Tempio,
ora lo riaccompagna in città, con rinnovate offerte da presentare al Signore.
Anna è seguita da alcune donne, forse sue compagne e consolatrici durante il lungo periodo di solitudine.
Esse si fermano rispettose alle spalle della santa e assistono liete a quell’incontro lungamente sospirato ma
lasciato alla volontà del Signore. Le loro acconciature intrecciate e ben curate, insieme alla ricchezza degli
abiti, sono chiara allusione al ceto sociale di Anna e di tutte loro e riflettono la moda medievale delle donne
sposate di alto rango. Il colore delle vesti che alcune di esse indossano simboleggia palesemente le virtù
teologali praticate nella loro vita: bianco per la Fede, verde per la Speranza, rosso per la Carità.
Una compagna della santa le regge il pregiato mantello di pelliccia di vaio; la stessa pelliccia è ripresa in una piega dell’abito rosso dell’amica raffigurata in seconda fila, ulteriore allegoria alla classe sociale di tutte le donne dipinte. Nel 1300, epoca nel quale Giotto affrescò la cappella, la pelliccia di vaio faceva parte
dell’abbigliamento della nobiltà e delle donne di alta estrazione.
L’ampio abito di Anna è arancione, chiara allusione alla fecondità e alla ricchezza di vita che l’anziana donna è destinata a portare in grembo generando Maria, a sua volta madre di Colui che sarà Via, Verità e Vita per tutta l’umanità. Infine, la donna semivelata e in abito nero, che sembra malinconica e non partecipe alla gioia del lieto incontro, simboleggia la condizione quasi di vedovanza che Anna aveva dovuto subire fino ad allora senza lo sposo, ma allude pure alle antiche regole di maledizione ormai superate.
Da parte sua Gioacchino è avvolto in un ampio e ricco mantello bordato d’oro e dalle numerose pieghe che
gli copre la veste e che, colpito dalla luce, risulta di un insolito rosso cangiante, colore che sintetizza l’unione tra carità, fortezza e spiritualità, allusione alle qualità che Gioacchino possedeva largamente.
La porta raffigurata nell’affresco, con tutta la sua volumetria, fornisce la perfetta cornice all’interno della
quale viene rappresenta e sviluppata l’intera scena dell’incontro. Si tratta della porta (in origine chiamata
Porta Bella) posizionata ad est della città, che permetteva l’ingresso a Gerusalemme a coloro che provenivano dal Monte degli Ulivi (v. Mc 11, 1-11). Nell’affresco risalta il magnifico arco, perfetto e dorato come si riteneva fosse la città di Gerusalemme; esso poggia su belle colonne turrite di pietra bianca e si contraddistingue per il proporzionato e armonioso spazio decorato tra le due curve che lo profilano.
Per concludere possiamo notare che tutta la scena è caratterizzata da colori chiari e irradiata da una luce
soffusa che, proveniente da sinistra, illumina la Porta e i personaggi centrali. L’insieme è senza dubbio rasserenante e predispone alla fiducia e alla speranza di un nuovo futuro, che arriverà con la nascita di Maria.
Festa dei nonni di Gesù, da dove nasce il culto
Terminata l’osservazione dell’affresco possiamo ora tornare alla festa che viene celebrata il 26 Luglio.
Il culto ai nonni di Gesù è molto antico: ebbe inizio in Oriente nei primi tempi della cristianità e
successivamente si estese anche in Occidente, ma solo nel 1481 Papa Sisto IV fissò la data della memoria
liturgica di sant’Anna al 26 luglio, ritenuto il giorno della sua morte. Nel 1510 fu Papa Giulio II ad inserire nel calendario liturgico la memoria di San Gioacchino, fissandola al 20 marzo. In tempi più recenti, precisamente nel 1969, in seguito alla riforma liturgica che seguì al Concilio Vaticano II le celebrazioni dei due santi furono accorpate e si fissò il 26 Luglio come unica data per entrambi.
Anche lo Stato Italiano con Legge 31 Luglio 2005 n.159 ha voluto onorare i nonni istituendone la Festa
Nazionale “quale momento per celebrare l’importanza del ruolo svolto dai nonni all’interno delle famiglie e
della società in generale” e ne ha fissato il giorno al 2 Ottobre. Tuttavia, pur riconoscendo lodevole ed
appropriata la ricorrenza civile istituita per legge, l’impressione è che il legame con Anna e Gioacchino, nonni di Gesù, conferisca alla festività una ragione ed un valore superiori. Papa Francesco al termine dell’Angelus del 31 gennaio 2021, annunciò l’istituzione della Giornata Mondiale dei nonni e degli anziani nella quarta domenica del mese di Luglio, in prossimità della festa dei nonni di Gesù, per ricordare coloro che tramandano la fede alle generazioni future, perché, come dice il Salmo 92: “Nella vecchiaia daranno ancora frutti, saranno vegeti e rigogliosi, per annunziare quanto è retto il Signore: mia roccia, in lui non c’è ingiustizia”.
a cura di M.S.Spiniello