Non sarebbero frutto di penali i 20 miliardi da pagare se non si facesse il gasdotto, ma una stima fatta dal sottosegretario Cioffi. Si farà il gasdotto Tap, la pipeline transadriatica che porterà gas naturale dall’Azerbaigian e avrà a Melendugno, nel Salento, il suo punto di approdo finale. Tutta colpa delle penali da quasi 20 miliardi, ha sottolineato con forza il ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio. In realtà, non è così: un fact-checking del Post chiarisce infatti che “i 20 miliardi di euro citati da Di Maio non sono una penale, ma il risultato di una stima a spanne fatta dall’attuale sottosegretario allo Sviluppo economico Andrea Cioffi. Tiene conto innanzitutto del fatto che la realizzazione del Tap costa in tutto 4,5 miliardi e che, visto l’avanzamento dei lavori, bisognerebbe risarcirne 3,5 alle aziende coinvolte. A questi 3,5 andrebbero aggiunti 11 miliardi di euro di danni dovuti alle mancate consegne di gas già prestabilite, e 7 miliardi di utili non ottenuti da Tap e dai produttori di gas azeri”.
E sulle valutazioni di legittimità svolte sulla Valutazione di impatto ambientale rilasciata dallo scorso governo interviene anche il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, che ha esaminato oltre mille pagine di documenti e interloquito nuovamente con Ispra su alcuni aspetti delle varie fasi della procedura.
“È bene sottolineare che parliamo di un procedimento già autorizzato e concluso nel 2014, su cui si è espresso il Consiglio di Stato con sentenza 1392 del 27 marzo 2017, confermandone definitivamente la legittimità. Tuttavia, come è stato detto, abbiamo ascoltato tutte le osservazioni provenienti dal territorio, sia dai portavoce del Movimento 5 Stelle sia dal comune di Melendugno. Abbiamo valutato se tutte le autorizzazioni fossero state emesse a norma di legge. “La valutazione fatta dal Ministero dell’Ambiente esula dal mio pensiero personale e dal mio convincimento politico, se l’opera sia giusta o no. Ma nella fase attuale ogni valutazione da parte del Ministero deve essere fatta solo ed esclusivamente sulla base del principio della legittimità degli atti e non sul merito tecnico dei medesimi, in quanto non consentita dall’Ordinamento”.
Il viaggio in Italia del gas proveniente proveniente dall’Azerbaigian attraverso le condotte Tap non si fermerà in Puglia. Per raggiungere l’Europa, il metano dovrà attraversare tutto lo Stivale, da sud a nord, passando su ben dieci regioni e incontrando le zone più sismiche del Paese. Si chiama Rete Adriatica il proseguimento del TAP sul territorio italiano: 687 chilometri di gasdotto che la Snam Rete Gas è pronta a costruire. Due progetti presentati separatamente ma, se divisi, che non avrebbero ragione di esistere. L’Abruzzo è una delle regioni che rischia di subire il maggior impatto da quest’opera. Anche qui, come in Puglia, molte comunità locali fanno resistenza.
A Sulmona, in provincia de L’Aquila, le compravendite dei terreni posti sul tracciato stabilito per la costruzione della Rete Adriatica si sono concluse una decina di anni fa, con largo anticipo. Queste due grandi opere, TAP e Rete Adriatica, al centro di proteste e contestazioni, avrebbero un unico, comune, obiettivo: trasformare, come chiariscono i promotori del progetto, l’Italia “nell’hub del gas europeo”. Ossia, in uno snodo commerciale di stoccaggio, transito e vendita del gas per i paesi europei. Il centro Italia non è conosciuto solo per la sua sismicità: l’Abruzzo in particolare, è definita la “regione verde d’Europa”: 167 chilometri di gasdotto passerebbero tra i parchi nazionali della Majella e del Gran Sasso, il regionale Sirente-Velino, svariate riserve naturali e 21 aree protette.
Fonte E-gazette