Una riflessione sulla parola ‘sostenibile‘, citata spesso e da diversi interlocutori. Ma sempre a proposito? Prima di tutto la definizione che si trova nel vocabolario (Fonte: Treccani):
sostenìbile: aggettivo, derivato da sostenere. –1.a. Che si può sostenere: una tesi difficilmente sostenibile. b. Che può essere affrontato: una spesa sostenibile; questa situazione non è più sostenibile.- 2. Compatibile con le esigenze di salvaguardia delle risorse ambientali: energia sostenibile; sviluppo sostenibile.
Mentre la definizione più tradizionale, la 1, è semplice da capire – ognuno sa bene se ha le risorse per sostenere una spesa oppure una discussione –, la definizione più recente, la 2, è meno immediata. Cosa si intende per sostenibilità ambientale? Per offrire benessere a una popolazione mondiale in rapida crescita, è necessario aumentare i consumi e quindi estrarre sempre maggiori quantità di risorse. Ma le risorse, in un pianeta finito, non sono infinite. L’obiettivo dovrebbe essere quindi quello di usare meno risorse. Per cominciare si potrebbe almeno provare a usarle meglio. Occorre passare dall’attuale approccio lineare di produzione e consumo (prendi-utilizza-smaltisci), a una economia in cui si massimizza l’uso delle risorse e dei prodotti, riducendo al minimo lo spreco in tutte le forme. Alcuni usano il termine economia circolare, e sostengono che il cambiamento può avvenire anche nelle città.
Come può una città diventare “circolare”? Anche per questo si può trovare una definizione.
Se ne parla nel documento pubblicato dalla European Investment Bank nel dicembre 2018, intitolato “The 15 circular steps for cities”: “Le città generano circa l’85% del PIL mondiale. Per farlo, consumano circa il 70% delle risorse globali e il 70% di tutta l’energia generata. Inoltre, emettono il 70% di tutti i gas serra e generano circa il 50% di tutti i rifiuti. Le città sprecano anche beni, risorse, servizi, spazio e tempo. Ad esempio, un’auto rimane parcheggiata in media più del 90% del tempo, il 30% del cibo viene sprecato e un ufficio medio viene utilizzato solo il 35-50% delle volte. Di conseguenza, molte città soffrono di quelle che potrebbero essere chiamate esternalità lineari, come emissioni nell’aria e nell’acqua, rumore e congestione. Sono inoltre esposti ai rischi lineari legati all’aumento della domanda di risorse e alla diminuzione dell’offerta. Ciò dimostra che le città lineari non sono sostenibili e rappresenta un buon motivo per il cambiamento”.
Una città circolare conserva e riutilizza le risorse e i prodotti, condivide e aumenta il proprio patrimonio, minimizza il consumo di risorse e la creazione di rifiuti in tutte le forme. Programma di per sé già piuttosto impegnativo. Ma una città può anche essere definita intelligente. Quando? Quando gli investimenti in capitale sociale e umano, insieme a quelli nelle infrastrutture tradizionali (come per esempio i trasporti) e moderne (tipicamente, gli strumenti digitali), vengono utilizzati per ottenere una elevata qualità della vita, senza però trascurare la gestione oculata delle risorse naturali.
Sembra che la soluzione sia questa: utilizzare gli strumenti digitali per migliorare le infrastrutture. In agricoltura per esempio, molte aziende usano i dati rilevati dai satelliti per programmare l’irrigazione e non sprecare acqua; qualcosa di simile può essere usato per affrontare i diversi problemi che possono sorgere in città. Questo può avvenire in molti campi. Ecco qualche esempio:
- Si possono migliorare i trasporti pubblici e minimizzare quelli privati, creando una rete per unire il treno ad automobili e/o biciclette in condivisione; mettendo a disposizione un servizio che segnala attraverso i cellulari i parcheggi liberi più vicini ed eventuali problemi; modificando gli itinerari degli autobus di linea per soddisfare le esigenze di un maggior numero di utenti.
- Si può creare una rete per gestire il cibo invenduto nei negozi e ristoranti: per questo in Italia esiste già almeno un sito specializzato, Too good to go che potrebbe essere utilizzato
- Anche per la gestione dei rifiuti il digitale può essere molto utile. Nella città di Austin, in Texas è operativo dal 2014 un sito per il riciclo dei materiali. Il programma è concepito per mettere in contatto aziende e associazioni, con l’obiettivo di trovare soluzioni per il riuso e il riciclo di rifiuti e sottoprodotti. Oltre ad alleggerire le discariche, diminuendo la quantità di rifiuti, si possono risparmiare denaro ed energia, creare posti di lavoro e opportunità per nuove imprese. Può sembrare una idea nuova e rivoluzionaria, ma se pensiamo ai nostri nonni contadini, il modello “niente rifiuti” è stato per molti anni centrale nella società umana, almeno fino alla rivoluzione industriale della produzione di massa
Il passaggio alla economia circolare è una sorta di ritorno al passato, e non si può negare che potrebbe causare problemi, ad esempio diminuire il benessere. È cruciale a questo punto non limitarsi a tornare indietro, ma cercare di usare al meglio i nuovi strumenti a disposizione. In particolare si deve sfruttare il digitale attraverso una maggiore partecipazione (progettazione dal basso) che si basi almeno su due aspetti, e cioè:
- la condivisione della conoscenza
- l’incremento delle reti di produzione locali
Occorre anche tenere conto dei consumi energetici dovuti al digitale, che non sono trascurabili, come è stato ben spiegato in un recente articolo di Grey Panthers.
Per seguire il tema ecco un link a Pavia 1 Tv, dove l’Ing. Gabetta interviene ogni sabato sera in diretta: