Cento milioni di tonnellate di emissioni di CO2, pari al doppio di quelle prodotte ogni anno dalla Svizzera. È la quantità di anidride carbonica risparmiata in 12 anni, dal 1999 al 2011, dalle aziende che hanno aderito al programma Climate Savers del Wwf e che, entro il 2020, potrebbe trasformarsi in una riduzione complessiva di oltre 350 milioni di tonnellate, una quantità equivalente a quanto emesso in un anno dalla Spagna.
Lo rivela lo studio “The carbon impact of Wwf’s Climate Savers programme”, condotto dagli esperti dell’istituto di ricerca internazionale sull’energia Ecofys. I dati sono stati diffusi dall’associazione ambientalista in occasione dell’evento “Next – Leading business into a low-carbon future”, che si è svolto nei giorni scorsi a Rotterdam, in Olanda. Secondo Ecofys, queste riduzioni possono contribuire fino al 9% alla soluzione di quello che l’Unep – United nations environment programme, il programma Onu per l’ambiente – chiama “emission gap”: ovvero, la differenza tra le emissioni di gas a effetto serra in aumento e ciò che è necessario ridurre per limitare l’aumento medio della temperatura globale al di sotto dei 2 gradi Celsius rispetto all’epoca preindustriale ed eviti i cambiamenti climatici più catastrofici.
Ma non è tutto. In vista del G8 di Camp David del prossimo 18 maggio, arriva una nota congiunta di 15 accademie di tutto il mondo, fra cui quella dei Lincei, che indica tre aree prioritarie per il clima in cui è necessario intervenire.“Il G-scienza – leggiamo nel documento – raccomanda che i governi impegnino la comunità scientifica internazionale nello sviluppo di soluzioni innovative a tre dilemmi globali: come rispondere alla domanda di energia e acqua crescente nel mondo; affrontare al meglio l’aumento dei disastri naturali e tecnologici; misurare più accuratamente le emissioni di gas serra dei singoli paesi per verificare il raggiungimento degli obiettivi internazionali”. Il disastro di Fukushima, in particolare, ha messo in evidenza come sia “necessario mettere più attenzione sulla sorveglianza dei rischi e sull’adozione di piani di emergenza”, aggiungono gli scienziati.
Ma, se il riscaldamento climatico non dà segni importanti di diminuzione, lo stesso non si può dire del sostegno per le politiche ambientali e climatiche. Un sondaggio condotto negli Stati Uniti dal Woods institute for the environment alla Stanford University rivela infatti che i cittadini americani che sostengono le campagne contro il cambiamento climatico si sono ridotti del 5% dal 2010. Complici, secondo gli esperti, una stagione più fredda del previsto e la poca attenzione al “global warming” di una parte del mondo politico.