Questa mattina, 5 febbraio 2010, sono stati presentati a Fieragricola di Verona i risultati di una ricerca su un campione di 4mila agricoltori hobbisti. Il vicepresidente di Veronafiere, Claudio Valente: «Anche chi non svolge attività agricola con finalità di reddito cerca la qualità e la tracciabilità della filiera». Ma la passione per l’attività primaria comporta delle spese da sostenere. Con costi naturalmente variabili.
In prevalenza uomini (89 per cento) e pensionati (47,7 per cento), non si fanno (quasi) mai mancare un orto da coltivare nell’88 per cento dei casi, ma non disdegnano neppure le piante da frutto (65 per cento), il vigneto (34,3 per cento) o gli olivi (32,3 per cento). In estrema sintesi è questo l’identikit dell’hobby farmer.
Agricoltori per passione, disposti anche a fare investimenti per coltivare quella che è una vera e propria passione, un diversivo rilassante, un bisogno di coltivare prodotti per l’autoconsumo. Il fenomeno degli hobby farmer – illustrato questa mattina nel corso di Fieragricola, in un convegno organizzato da Veronafiere in collaborazione con Nomisma e la rivista Vita in campagna (Edizioni L’Informatore Agrario) – secondo il vicepresidente di Veronafiere, Claudio Valente, «mette in luce una disponibilità alla valorizzazione del prodotto, alla tracciabilità e alla ricerca della qualità che non soltanto è molto importante, ma andrebbe adeguatamente valorizzata. Gli hobby farmer, infatti, escono da ogni logica di anonimato del prodotto e dimostrano di essere disposti anche a spostarsi e viaggiare per coltivare con passione».
Fare l’«agricoltore del weekend», se così si vogliono battezzare, ha comunque dei costi da affrontare e sostenere, come tutti gli hobby, d’altronde. Naturalmente non ci sono limiti di spesa, ma, a seconda dell’attività che viene svolta, si devono sostenere delle spese. Dando per scontato poi la disponibilità di tempo, in base alle attività svolte.
Una serra per coltivare prodotti orticoli, ad esempio, può costare «chiavi in mano» non meno di 5mila euro. Sono poi necessari le sementi, i mezzi tecnici, eventuale riscaldamento dell’ambiente, anche con l’ausilio di pannelli fotovoltaici (nell’area esterna di Fieragricola è peraltro visibile la serra riscaldata a energia solare di Idromeccanica Lucchini). In questo caso i prezzi sono variabili, in base alle coltivazioni e all’ampiezza della superficie coltivata.
Chi avesse vigneti, frutteti o giardini – per i quali sono da mettere in conto tutte le operazioni di impianto – dovrà poi dotarsi di tecnologia per la cura del verde e dei diversi impianti. Sostenendo costi aggiuntivi.
Mediamente, tenendo conto che si tratta di prezzi indicativi, raccolti fra gli stand di espositori di alto profilo presenti a Fieragricola (e dunque rivolti ad un pubblico di professionisti), un tosa-siepi professionale (la ricerca presentata da Denis Pantini, responsabile dell’area agroalimentare di Nomisma, rivela che gli hobby farmer sono disposti a spendere anche 1.500 euro per ettaro e oltre, se necessario a coltivare la propria passione) può costare anche mille euro; 6-700 euro è il costo di un decespugliatore; altri 1.200 euro sono necessari per una elettro-sega a motore, cifra destinata a salire se collegata ad un’asta per i lavori a distanza.
Coltivare ulivi impone gli hobby farmer di dotarsi di un raccoglitore. Può andare benissimo la versione manuale di antica memoria, ma chi volesse meccanizzarsi ed acquistare uno strumento all’avanguardia deve sborsare oltre mille euro.
Gestire un vigneto, poi, con macchine professionali, comporta una spesa minima di 60mila euro (solo per la vendemmia). E se la passione per l’agricoltura dovesse essere sfrenata e direttamente proporzionale ad un conto in banca a molti zeri, si possono svolgere tutte le fasi della gestione e cura del vigneto con macchine professionali. Decisamente rivolte a contoterzisti ed imprenditori agromeccanici, perché in questo caso si arriva a spendere anche 700mila euro.
Ben più contenuta la spesa per allevare in «fai da te» un maiale da macellare a dicembre, prima di Natale, come impone la tradizione. I suini allevati per hobby raggiungono pesi più elevati rispetto a quelli destinati alla macellazione negli stabilimenti industriali: spesso oltre 200 chilogrammi e più di 10-11 mesi di alimentazione, contro i 160 chilogrammi per la filiera del prosciutto. Con spese che possono essere valutate anche in tre euro per chilogrammo di cane realizzato.
Insomma, l’agricoltura per passione attrae, rilassa, tiene lontano dallo stress. Ma l’hobby farming può anche diventare un diversivo costoso. Anche con molti zeri…