In questi giorni si stanno susseguendo importanti momenti di riflessione sul tema e la valenza della comunicazione ambientale: a Roma termina oggi BICA, la Borsa della Comunicazione Ambientale, a Milano si è appena chiuso il workshop dell’Osservatorio IEFE Bocconi sulla comunicazione ambientale, mentre a Torino è stato presentato lunedì, al Salone del Gusto, Greencommerce.it, un progetto promosso dal nostro web magazine per rafforzare la via della trasparenza tra imprese e consumatori, un nuovo corso della comunicazione aziendale di cui ha parlato anche Repubblica nello speciale di Affari & Finanza del 25 ottobre. Greenews.info ha approfondito la questione insieme a Giuseppe Minoia presidente di Gfk Eurisko.
“La green communication diventerà il nuovo standard della comunicazione”, assicurava meno di un anno fa nel suo libro, Go Green, Diego Masi, presidente di AssoComunicazione. E che il colore verde stia diventando, gradualmente, la nuance dominante del nostro modo di vivere, della realtà quotidiana e dello stesso mondo industriale, è emerso con chiarezza dai risultati dell’indagine condotta da GfK- Eurisko e commissionata proprio dall’associazione che riunisce le imprese di comunicazione insieme a quelle che investono in pubblicità, Upa: Gli italiani, la Green Economy & Communication.
Le conclusioni di quella ricerca – pubblicata il 10 novembre 2009 – restano sostanzialmente valide a 12 mesi di distanza, secondo Giuseppe Minoia, presidente di Eurisko. Che, intervistato da Greenews.info, riflette sullo stato di salute della comunicazione verde e, più in generale, sulla percezione che hanno i cittadini – in quanto consumatori di prodotti e utenti di servizi – delle politiche aziendali “green”.
Innanzi tutto, i segnali colti in questi mesi dai ricercatori darebbero indicazioni ancora più marcate rispetto alla costruzione di un “clima culturale diffuso” in tema di sostenibilità. Non solo. È ancora profondamente attuale, dice Minoia, l’esigenza che l’indagine del 2009 metteva in luce: quella che le aziende spieghino meglio i progetti eco che hanno in cantiere o stanno già realizzando, in modo da intercettare i bisogni di un utente-consumatore sempre più consapevole.
“Non c’è dubbio che si faccia sempre più largo la sensibilità ecologica negli italiani”, spiega il presidente di Eurisko. E le percentuali, in effetti, sono “plebiscitarie”: il 92 per cento di consumatori ha ormai una “consapevolezza crescente” dell’importanza che riveste il contributo individuale nel ridurre l’inquinamento, ad esempio. Tanto che la preoccupazione riguardo ai cambiamenti climatici oppure allo smaltimento dei rifiuti, viene immediatamente dopo i timori provocati da disoccupazione e crisi economica.
È significativo, infatti, che gli italiani, come già emergeva dall’indagine del 2009, “dimostrino di avere più fiducia (quasi il 50 per cento) nelle aziende/marchi che esprimono sensibilità ambientale” e che, per queste, “siano disposti a pagare di più i loro prodotti (34 per cento)”.
Esistono, dunque, da parte dei cittadini, precise “attese di sostenibilità”, che già l’indagine Eurisko metteva in rilievo. Aspettative che riguardano principalmente, nell’ordine, il territorio urbano, lo smaltimento dei rifiuti, la qualità dell’abitazione e i trasporti. E che sono avanzate nei confronti di due interlocutori principali: le istituzioni e le imprese. Attese deluse, per ora.
Quello della green communication resta infatti, ancora oggi, l’ambito che mostra il “verde più sbiadito” e meno convincente di tutti.
“Quello che mi sembra non si stia verificando”, spiega Minoia, “è la traduzione delle attese ormai evidenti e legittime dei cittadini, in percezione di comportamenti da parte delle imprese”. Cioè nonostante le imprese continuino a comunicare che sono socialmente responsabili e sono per la sostenibilità ambientale, in realtà, osserva ancora Minoia, “i consumatori, sempre più attenti, non percepiscono con chiarezza il cambiamento”, che è sia culturale che di prassi aziendale.
Dunque, se è vero che “le imprese operano finalmente entro logiche di sostenibilità”, è altrettanto evidente che comunicano i propri progetti male, o non li comunicano affatto oppure pensano di comunicarli ma invece non arrivano all’utente finale.
Risultato? Per il presidente dell’Eurisko, il consumatore italiano non riesce a condividere con le aziende del Paese, il proprio impegno in chiave di green culture: un clima culturale diffuso che il cittadino ha ormai fatto proprio e che vorrebbe vedere, in modo trasparente, anche nei comportamenti e nelle scelte degli altri interlocutori, pubblici e privati.
È come se, prosegue Minoia, nel rapporto “utente-produttore di beni” mancasse il passaggio di “responsabilità verde”: una consegna del testimone del tutto plausibile dal momento che “la gran parte delle realtà imprenditoriali investe in sostenibilità e porta avanti programmi green”.
“Spesso”, racconta, “nei nostri focus con i consumatori, quando spieghiamo quello che c’è dietro l’attività di ricerca nel settore della sostenibilità delle imprese, i cittadini hanno reazioni assolutamente entusiastiche: scoprono un mondo di cui non sapevano l’esistenza”.
Dunque, “da ricercatore”, chiede provocatoriamente Minoia, “cosa fa questo mondo industriale, che anche quando si impegna in programmi green, non li comunica?”.
La risposta per ora manca. Il nostro livello di percezione della sostenibilità delle imprese è davvero basso, addirittura a livello del Messico: lo testimonia lo stesso osservatorio internazionale dell’istituto di ricerca guidato da Minoia: il riorientamento realizzato negli anni dal mondo produttivo italiano è percepito pochissimo dai consumatori.
La questione centrale per il ricercatore è, dunque, quella di mettere in campo nuove procedure, nuovi modi di comunicare: “perché”, spiega, “la responsabilità di agire nell’ambito di una logica sostenibile non può prescindere dalla necessità di operare in modo trasparente e comprensibile a tutti”. E di saperlo comunicare.
Secondo Minoia, nella mente degli uomini che fanno comunicazione d’impresa si è insediata un’idea sbagliata: “Il concetto secondo cui la comunicazione sia tutta giocabile sul terreno del coinvolgimento emotivo, del divertimento, dell’identificazione e molto poco su quello dell’informazione reale e oggettiva”. Questo, per il presidente Eurisko, è un tema fondamentale: “Il punto di svolta per le aziende è invece rappresentato dal poter dire cose vere, concrete, anche dure”, superando, ad esempio, vecchi timori. Gli stessi che in passato hanno indotto le aziende a marginalizzare temi come quelli della salute e dell’inquinamento, pensando che potessero sottrarre allure ai prodotti sul mercato. Su questo terreno, conclude Minoia, occorre “lavorare insieme: agenzie di comunicazione, sociologi, giornalisti, tutti”. Perché “l’ambientalismo all’italiana” non si limiti, di nuovo, a un banale greenwashing: a una semplice operazione di facciata .
Ilaria Donatio da greennews.com