Si sente dire molto spesso che i combustibili fossili sono una delle cause principali delle emissioni di anidride carbonica, e quindi del riscaldamento globale. Si sente dire anche che il nostro obiettivo è quello di smettere di usarli. Parafrasando il libretto rosso di Mao, sarebbe bene rendersi conto che smettere di utilizzare i combustibili fossili non è una cosa semplice né comoda, e può avere conseguenze non da poco sulla nostra vita. Prendiamo in considerazione due importanti necessità (tra le tante) per cui dipendiamo dai combustibili fossili: gran parte dei trasporti e l’agricoltura intensiva, che permette di produrre grandi quantità di cibo a prezzo ragionevole (se non addirittura basso). Possiamo sostituire senza problemi le fonti fossili in questi due settori? E se ci riuscissimo, sarebbe possibile per l’economia continuare a crescere?
Da poco è stato pubblicato un rapporto di EEB (European Environmental Bureau), con un titolo un po’ enigmatico: “Decoupling Debunked”. Cosa significa? La traduzione letterale sarebbe: “Disaccoppiamento smascherato”. Probabilmente si capisce meglio leggendo il sottotitolo: “Prove e argomenti contro la crescita verde quale unica strategia per la sostenibilità”. In sintesi, il rapporto prende in esame un’opinione che molti, seguendo quello che viene propagandato dalla politica, si sono fatti negli ultimi tempi: che sia possibile ottenere nello stesso tempo la crescita economica e la sostenibilità ambientale. Ma la conclusione è chiara e preoccupante: non solo non esiste evidenza empirica del fatto che si possa ottenere la crescita economica senza aumentare i problemi ambientali, ma sembra proprio che anche in futuro il PIL potrà crescere soltanto al costo di un corrispondente aumento dei problemi ambientali.
Tornando ai combustibili fossili, che sono indicati come una delle principali cause di questi problemi ambientali, e trascurando per ora il loro legame con lo sviluppo economico, si esaminano alcune soluzioni che permetterebbero di usarne di meno. Per cominciare, tanti sostengono che potremo continuare ad andare in automobile senza utilizzare il petrolio, perché ci saranno le auto elettriche. É una visione piuttosto semplicistica. Prima di tutto, per le auto elettriche serve potenza elettrica, e l’elettricità non esiste direttamente in natura. Dobbiamo produrla, e per il momento una buona parte delle centrali elettriche nel mondo funziona con combustibili fossili. Finché ci saranno poche automobili elettriche, l’elettricità a disposizione basterà, ma non è possibile sostituire in poco tempo tutte le automobili in circolazione con auto elettriche, tranne che incrementando ulteriormente l’uso di combustibili fossili per produrre l’energia necessaria. C’è da considerare anche che non sempre il miglioramento dell’efficienza porta alla diminuzione dei consumi. Basta guardarsi intorno e notare come le automobili siano sempre più grandi. Avete provato a confrontare una 500 di quando noi Pantere avevamo 20 anni, con la 500 di oggi? Per non parlare della 500L… Si sostituisce una automobile meno efficiente con una più efficiente, ma più grande, e la si usa più spesso (adesso, anche con i rischi del Covid 19). Automobili più efficienti supportano anche il trasporto basato sulle auto private, a scapito dei trasporti pubblici e di alternative come ad esempio le biciclette. Che ovviamente richiedono un certo spirito di adattamento e non sono l’ideale per molte categorie.
La situazione sembra ancora più complessa per l’agricoltura: i trattori e le grosse macchine che permettono di ottenere raccolti abbondanti con poco lavoro da parte dell’uomo, funzionano grazie ai combustibili fossili. Secondo alcune stime, servono da 7 a 10 calorie derivate dai combustibili fossili per ottenere una caloria di cibo. Consumano una quota particolarmente elevata di energia gli allevamenti di bovini da carne, o le stalle per la produzione di latte in grande quantità e a basso prezzo, insomma in generale tutti gli allevamenti intensivi. In agricoltura c’è molta innovazione e approcci diversi. Contrariamente a quanto i cittadini posssano pensare, in agricoltura si utilizzano metodi molto avanzati, che ermettono di parlare di agricoltura sostenibile: la produzione dei foraggi per gli animali avviene nella stessa azienda in cui si trovano le stalle, evitando i trasporti; l’irrigazione viene regolata tramite misure via satellite dell’umidità dei terreni consentendo così di non sprecare acqua. Si fa la rotazione delle diverse colture, sempre su grandi appezzamenti, e si controlla la composizione del terreno in modo da mantenerlo efficiente. Poche persone riescono così a coltivare grandi appezzamenti, con ottimi risultati in termini di produzione. Il contadino è stato sostituito dall’agronomo laureato, che però ha al suo servizio una schiera di “schiavi energetici”. Quindi è un’agricoltura sostenibile grazie alla disponibilità e al consumo di combustibili fossili! Una parte anche significativa dell’energia elettrica che serve può essere ottenuta mediante le rinnovabili (fotovoltaico, vento), che hanno comunque i loro limiti; ma sembra molto difficile fare a meno dei grandi macchinari, che devono necessariamente essere alimentati a gasolio. Anche l’agricoltura biologica in molti casi ricade in questa categoria, e quindi non aiuterà a diminuire il consumo di combustibili fossili.
È nata nel frattempo l’esigenza, e forse la moda, di utilizzare metodi di produzione diversi, tornando all’utilizzo degli animali invece delle macchine, evitando le monoculture, valorizzando di più anche il lavoro umano. Con questi metodi si diminuisce l’uso di combustibili fossili, anche se non si possono eliminare completamente, a meno di tornare all’agricoltura di sussistenza, che è ancora diffusa in molte parti del mondo, ma è poco compatibile con la crescita del benessere e dei consumi. Anche in questo caso, se il cambiamento sarà limitato a una piccola parte delle aziende agricole, non avrà grosse conseguenze. Ma per eliminare del tutto i combustibili fossili, si dovrebbe accettare una corrispondente diminuzione della produzione, e forse un ritorno a certi scenari che ricordano i film di Ermanno Olmi o le novelle di Luigi Pirandello e di Giovanni Verga.
Più banalmente, ci si deve aspettare che il prezzo dei cibi aumenti. Naturalmente le conseguenze per i Paesi ricchi non sarebbero forse molto pesanti: potremmo agire sulla nostra dieta, ad esempio diminuendo il consumo di carne, oppure quello di latte e derivati. Questo al limite ci potrebbe persino fare del bene, aiutando a eliminare le malattie dovute al consumo eccessivo di cibo; nei Paesi più poveri potrebbe però essere un problema serio e causare un aumento delle persone denutrite. Ma se si riuscisse ad aumentare molto l’efficienza dei sistemi? Si potrebbe ottenere una produzione sufficiente senza aumentare i consumi di energia? Per il momento questa soluzione sembra lontana.
Occorre sempre tenere presente che le soluzioni tecnologiche trovate per un problema possono creare problemi nuovi e/o aumentarne altri. Ad esempio, per fabbricare veicoli elettrici servono litio, cobalto e rame; per produrre il gasolio bio si utilizzano piante o cereali che potrebbero essere adatti per l’alimentazione umana o per gli animali, e serve energia.
E’ necessario fare attenzione ai discorsi riguardo alla crescita verde, perché spesso si basano sulla convinzione che si possa ottenere un risultato sufficiente aumentando l’efficienza dei processi, o scegliendo diverse alternative, senza limitare né la produzione né i consumi. Dire apertamente che ci aspetta una situazione difficile e una diminuzione del benessere non conviene ai politici, qualunque sia la loro collocazione: la rivoluzione di Mao non può più essere proposta.