Molti pensano che il recente aumento di prezzo dell’energia sia dovuto alla crisi tra Russia e Ucraina, e che in poco tempo potrà essere superato, forse anche sostituendo le importazioni dalla Russia con quelle dagli Stati Uniti. In realtà, però, alcuni segnali ci potrebbero indicare che l’energia a disposizione (in termini di energia per ogni essere umano) stia diminuendo. E i problemi energetici potrebbero essere la causa, piuttosto che la conseguenza della guerra. Ho già avuto occasione di citare il blog di Gail Tverberg: il suo ultimo articolo affronta l’argomento.
Gail sostiene che stiamo vivendo in un mondo in cui l’energia a disposizione per ciascun essere umano sta diminuendo. Stiamo raggiungendo i limiti dei combustibili fossili, ma non solo, anche l’estrazione dei metalli sta diventando più difficile, i costi di molte materie prime stanno aumentando, e tutto questo ha già conseguenze sul prezzo del cibo. Non è una novità, già in passato in diverse occasioni siamo stati avvertiti che le risorse del pianeta sono limitate e che la crescita non può essere infinita. Una prima occasione risale agli anni ’50 del secolo scorso, quando si era cominciato a discutere del “picco del petrolio“ (Peak oil). In particolare si può fare riferimento a un discorso dell’Ammiraglio Hyman Rickover nel 1957. Nel 1972, il libro “The Limits to Growth”, scritto da Donella Meadows e dai suoi colleghi del MIT è stato pubblicato anche in italiano, poichè era il risultato di una ricerca finanziata dal Club di Roma. In questo Rapporto si descriveva l’evoluzione possibile di un mondo finito che continua a consumare le risorse senza pensare al futuro. La parte forse più interessante di questo lavoro è riassunta nella figura che segue, dove le previsioni del modello sono confrontate con l’andamento reale misurato dopo 40 anni, nel 2012. Ne ho già parlato in questa rubrica, nel Giugno 2020. La riga verde che rappresenta la produzione di cibo sembra ancora in crescita, nonostante la previsione del modello; forse perché l’agricoltura è in effetti uno dei campi in cui sono state applicate le maggiori innovazioni.
Dietro a tutte queste innovazioni c’è consumo di energia. L’invasione dell’Ucraina può essere interpretata in modo semplice, come del resto sta avvenendo: è una mossa scriteriata della Russia, e se riusciremo a fermarla, utilizzando le sanzioni, gli aiuti ai combattenti della resistenza in Ucraina, il supporto alla dissidenza in Russia, potremo riportare la situazione più o meno al punto di prima. Anche perché il gas e gli altri combustibili fossili ormai ci serviranno per poco tempo, presto tutta l’energia sarà prodotta dalle rinnovabili e le auto saranno elettriche.
Secondo alcune analisi però sarebbe bene non dimenticare la questione energetica. A quanto sembra, la maggior parte delle persone in America e in Europa stanno sottovalutando l’importanza dei combustibili fossili che provengono dalla Russia. Nella figura qui di seguito, che proviene dal blog di Gail Tverberg, sono illustrate le esportazioni di gas da parte dei diversi produttori.
Non solo la Russia ha esportato nel 2020 il 41% del gas scambiato nel mondo, ma si vede come gli Stati Uniti solo da pochi anni hanno cominciato ad esportarne, e sempre in quantità non paragonabile a quella degli altri maggiori esportatori. In questo momento il gas è particolarmente importante soprattutto in Europa, dove è necessario per la transizione energetica. È difficile quindi che la nostra economia possa mantenere il proprio andamento senza i combustibili fossili provenienti dalla Russia. Ma non c’è soltanto questo: mentre l’Europa tende a diminuire, sia pure leggermente, i propri consumi energetici, le grandi economie asiatiche, soprattutto Cina e India, per garantire alle proprie popolazioni un miglioramento adeguato del tenore di vita, devono continuare a far crescere i consumi. Per questo attualmente la Russia potrebbe spostare senza problemi le proprie forniture di gas verso altri clienti.
Il ruolo degli Stati Uniti è molto importante. Gli States sono un forte produttore di gas, in gran parte associato al petrolio. Washington apparentemente ha tutto l’interesse a vendere il proprio gas all’Europa, ma la sua produzione è soprattutto utilizzata per usi interni. Solo da pochi anni, cioè da quando sono entrati in produzione i giacimento dell’olio di scisto (Shale Oil), c’è un surplus che può essere esportato. La quantità disponibile comunque è inferiore al nostro fabbisogno. Il trasporto avverrà per nave e su distanze molto grandi, il che significa tempi più lunghi e costi più elevati. I tempi potrebbero allungarsi ancora se sarà necessario aumentare il numero di navi metaniere utilizzate, perché la flotta a disposizione è ancora abbastanza ridotta.
Nell’esaminare la crisi tra Russia e Ucraina sarebbe bene tenere conto anche della condotta Nord Stream 2, che collega direttamente Russia e Germania. Questa condotta è stata completata, riempita di gas russo, ed aspetta solo di essere autorizzata. Ma c’è una forte opposizione, sia da parte di Washington che vuole vendere il proprio gas, sia da parte dell’Ucraina che dovrebbe rinunciare ai suoi guadagni come intermediaria. L’aumento del commercio diretto tra Mosca e Berlino non viene visto di buon occhio dagli Stati Uniti perché in un mondo in cui Russia e Germania sono in buoni rapporti commerciali non servono più le basi militari americane, i costosi armamenti di difesa, forse neppure la NATO. Non servirebbe più neppure pagare le forniture energetiche in dollari, e questo avrebbe grosse conseguenze sul potere economico statunitense. Quindi l’Ucraina in questo momento potrebbe essere alleata degli Stati Uniti con l’obiettivo – per ora – di impedire l’utilizzo di Nord Stream 2, e più a lungo termine di mantenere il potere USA sull’economia dell’energia..
La Russia in questo momento ritiene di avere in mano alcune buone carte e ha deciso di giocarle. Prima o poi sapremo se è stata una scelta opportuna (dal loro punto di vista ovviamente), e quali risultati potrà avere sull’energia. Certamente prima che le cose precipitassero, nessuno degli avversari ha ritenuto di dover prendere sul serio le richieste della Russia, perciò preventivamente non è stata tentata nessuna mediazione. Sarà stata anche questa una scelta opportuna? E per chi? L’Europa è ancora troppo legata agli Stati Uniti per non allinearsi; ma è quella che rischia di più dal punto di vista dell’energia. Anche perché ci si illude di poter facilmente rinunciare ai combustibili fossili. D’altro canto l’Europa, e soprattutto la Germania, hanno da tempo una buona relazione con la Russia. Sarà interessante vedere se tutta questa indignazione contro Putin sarà duratura.
Leggere, approfondendo e tenere conto di aspetti diversi può essere utili per comprendere la situazione attuale. Ricordare poi che l’energia è fondamentale per il nostro benessere, ma anche per il benessere di tutti gli altri nel mondo, e che non è a disposizione in quantità infinita; sarà necessario essere pronti a negoziare e a rinunciare a qualcosa. Infine la transizione energetica non è e non sarà facile: rinunciare alle importazioni di energia dalla Russia non sarà una cenetta romantica a lume di candela.