Verso un’altra economia: l’altro lato della crescita

Pubblicato il 10 Settembre 2024 in , da Giovanna Gabetta
Gabetta

La crescita, economica e non solo, negli ultimi decenni è stata eccezionale e ha permesso un eccezionale sviluppo del benessere degli esseri umani[1]. In genere, gli economisti difendono l’idea che si debba continuare in questa direzione

L’aumento del PIL è un obiettivo di tutti i Paesi e di tutti i partiti politici. Una delle notizie che sentiamo più spesso anche nel giornale radio è l’andamento del PIL, la cui crescita  viene considerata un parametro essenziale per stabilire se le cose vanno bene. Ma in un mondo finito, la crescita non può continuare all’infinito, e forse ci stiamo avvicinando ad un punto di rottura: al momento in cui la crescita non sarà più un vantaggio per l’economia.  Vi propongo di provare ad approfondire la proposta del professor Herman Daly, uno dei fondatori della economia ecologica.

Il Prof. Daly, purtroppo morto all’età di 84 anni nell’ottobre 2022, è stato autore di moltissimi articoli e libri, e ha avuto molti riconoscimenti e premi, ma le sue teorie in generale non hanno avuto molto seguito. Di recente è stato pubblicato un libro in italiano, intitolato “Herman Edvard Daly, verso un’altra economia. Scritti per un futuro sostenibile”[2]. Mi sento di consigliarne la lettura, anche perché è adatto anche a chi non ha particolari conoscenze in ambito economico. Io ho invece letto un testo in inglese, comperato prima di sapere che era disponibile quello in italiano[3].

Nei suoi scritti, Herman Daly sosteneva che la crescita non è sempre collegata ad un miglioramento dell’economia. Ecco le sue parole: “Una minoranza (di studiosi di economia), me compreso, ha sostenuto per oltre 40 anni che la crescita della produzione metabolica delle risorse (e del suo stretto correlato, il PIL – prodotto interno lordo) è diventata antieconomica nei paesi ricchi, e lo sta rapidamente diventando sempre di più. Effettivamente non abbiamo persuaso la maggioranza, e nemmeno una minoranza significativa, dei nostri concittadini[4]”.

Riconoscere i limiti della crescita

Già negli anni ‘70 del secolo scorso, infatti, alcuni autori avevano segnalato che la crescita avrebbe potuto avere dei limiti. Dobbiamo ricordare il rapporto “I limiti della crescita”, pubblicato nel 1972 per iniziativa del Club di Roma, che ha avuto un grande successo, ma non è stato preso molto sul serio, se si guarda ai risultati. Anche di questo abbiamo parlato tempo fa in questa rubrica[5].

Herman Daly sostiene che c’è una differenza significativa tra la crescita, (definita come un aumento di dimensioni fisiche, che deriva dall’accumulo di materiale e può essere misurata in termini quantitativi), e lo sviluppo, (cioè un aumento più che altro qualitativo del benessere, che riguarda ad esempio il design, la tecnologia, l’etica).

Quindi l’economia dello stato stazionario richiede che si smetta di crescere (almeno nei paesi ricchi), ma si continui a favorire lo sviluppo. Lo stato stazionario è definito in termini di accumulo e di flusso di materiali, ma non è necessariamente una diminuzione del benessere. Vale la pena di chiarire questo concetto, perché molti ritengono che l’economia dello stato stazionario significhi la fine del progresso. Per il prof. Daly lo stato stazionario è una situazione di “sviluppo senza crescita”. Ricordiamo che quando qualcosa cresce diventa più grande. Anche l’economia diventa più grande quando cresce, perciò gli economisti devono confrontarsi con questa domanda: quanto può essere grande l’economia se la consideriamo all’interno dell’ecosistema mondiale? Quando lo spostamento delle risorse naturali arriva a costare di più di quanto si ricava dalla crescita in termini di produzione?

Perché il mondo è finito. Herman Daly dice anche: “Durante la mia vita, la popolazione mondiale è triplicata; ma la popolazione degli oggetti – prodotti dall’uomo – che dissipano energia (automobili, case, allevamenti di animali, frigoriferi, telefoni cellulari ecc.) è molto più che triplicata”. Questo ci porta a considerare la differenza tra un mondo “vuoto” e un mondo “pieno”.

La figura si riferisce alla pesca, e fa vedere come l’aumento del numero di pescherecci, dei pescatori e delle reti a loro disposizione, non serve ad aumentare il pescato se la popolazione dei pesci diminuisce (come effettivamente sta avvenendo).

Occorre però riconoscere che nei Paesi in cui predomina la povertà, la crescita è ancora necessaria insieme allo sviluppo. L’economia della crescita ci illude che non occorra fare passi indietro, ma probabilmente non è vero: ormai il problema delle risorse si fa sentire, come è ormai diventato importante risolvere l’emergenza creata dall’inquinamento e dalla produzione di rifiuti.

Per superare la povertà i Paesi ricchi dovranno necessariamente adattarsi a una economia stazionaria, anche al fine di liberare risorse e spazio in cui i poveri possano crescere. E per portare i poveri al livello di sufficienza che serve come premessa per un’economia di stato stazionario, sarà necessaria una notevole condivisione.

Può darsi che l’economia dello stato stazionario sia un’utopia; ma che la crescita non abbia più molto spazio a disposizione è sotto i nostri occhi. Quello  che ci possiamo aspettare se continueremo nella ricerca della crescita, soprattutto da parte dei Paesi ricchi, è un aumento dei conflitti e delle guerre per l’accesso a petrolio, acqua, terreno agricolo e molte altre risorse. Sembra difficile immaginare come un mondo finito fatto di economie nazionali che cercano soltanto la crescita possa riuscire a vivere in pace. Uno dei costi della crescita, che non sempre viene considerato nel calcolo del PIL, è il costo della guerra e della preparazione alla guerra.

Al di là delle proposte dell’economia, per superare il problema della scarsità di risorse sono sempre più importanti una migliore distribuzione della ricchezza e una maggiore condivisione. Sostituire la competizione, anch’essa cara agli economisti “classici”, con la collaborazione. È un cambiamento radicale, a cui non siamo per ora preparati. Ma l’alternativa, di cui ci stiamo purtroppo accorgendo, è l’aumento dei conflitti.


[1]    https://www.grey-panthers.it/green/economia-della-crescita/

[2]          Herman Edward Daly, Verso un’altra economia. Scritti per un futuro sostenibile, a cura di Giandomenico Scarpelli, Carocci, Roma 2023, pp. 312, 33 euro.

[3]

[4]    Herman E. Daly, “From Uneconomic Growth to a Steady-State Economy”, Publisher Edward Elgar, UK 2016. Dalla Prefazione, Pagina viii.

[5]    https://www.grey-panthers.it/green/conoscere-lenergia/limiti-della-crescita/

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