Se ne già parlato tempo fa, ma è il momento di ricordarlo ancora: il prezzo del petrolio è un importante indicatore dell’economia, e anche un parametro fondamentale per il nostro benessere. Tanti anni fa ho seguito un corso di formazione sul prezzo del petrolio, per i dipendenti Eni. Il docente era un professore universitario americano, di origine pachistana, che mi risultò antipatico a pelle, per come ci trattava durante le sue lezioni. Per di più, dopo averci dato informazioni di tutti i generi – e anche piuttosto interessanti – sui fattori che determinano il prezzo del petrolio, la sua conclusione è stata: non si può prevedere come sarà in futuro il prezzo del petrolio. Questo atteggiamento mi aveva indignato, perché pensavo che un esperto – probabilmente molto ben pagato – avrebbe potuto dirci qualcosa di più. Adesso, dopo tanto tempo, non so dire se ho capito qualcosa di più sull’economia del petrolio e più in generale dell’energia; ma in un sito che seguo (oilprice.com) ci sono alcuni spunti che ci possono servire per interpretare quello che è successo negli ultimi anni e sta succedendo adesso. Da prendere con le pinze ovviamente, l’argomento ha molti aspetti diversi…
Cominciamo a guardare questo grafico dell’andamento del prezzo del petrolio negli ultimi 5 anni:
Da gennaio 2017 a oggi, nonostante l’intervallo dovuto alla pandemia, il prezzo del petrolio ha avuto una tendenza a crescere; si ricorda che già nel 2014-2015 si era avuto un picco anche più elevato di quelli che vediamo negli ultimi 4 anni. La politica, probabilmente, sta facendo di tutto per mantenere bassi i prezzi dell’energia, spesso con il risultato di aumentare il livello del debito pubblico. Uno degli esempi è la produzione dell’olio di scisto (Shale oil) negli Stati Uniti, che ha alti costi sia economici sia ambientali. In altri casi, si verificano giochi politici come quelli che vediamo bene negli ultimi tempi, con la Russia che può decidere a chi vendere il suo gas, e quali condotte utilizzare. O con l’influenza sui mercati delle difficoltà nelle relazioni tra Marocco ed Algeria, e altri casi ancora. Questi fatti fanno capire che la quantità di gas a disposizione non è in eccesso: chi ne possiede può influire sulla geopolitica in modo anche importante.
Il petrolio e i combustibili fossili restano indispensabili per la nostra vita. “Our products make the world run” (I nostri prodotti fanno correre il mondo), così ha detto recentemente l’amministratore delegato della Chevron’s Mike Wirth, che ha espresso il punto di vista anche delle altre grandi aziende petrolifere. I combustibili fossili sono indispensabili e continueranno a esserlo per un futuro abbastanza lungo. Questo fatto non va molto d’accordo con quello che ci dicono in molti, dalle varie associazioni ambientaliste ai Governi europei e degli Stati Uniti. Da una parte, eventuali aumenti del costo dei combustibili fossili avranno una influenza sui prezzi di tutti i beni, aumentando l’inflazione; dall’altra, non sembra così plausibile riuscire a diminuirne l’uso in modo drastico e veloce.
Ecco quello che l’amministratore delegato di Aramco ha detto in occasione del World Petroleum Congress che si è tenuto a Houston all’inizio di questo mese: “Ammettere pubblicamente che petrolio e gas avranno un ruolo essenziale durante la transizione e anche oltre potrà essere difficile per molti, ma riconoscere questa realtà sarà molto più facile che dover combattere con l’insicurezza energetica, la crescita dell’inflazione e i problemi sociali che aumenteranno sempre di più con la crescita dei prezzi dovuta agli obblighi necessari per ottenere emissioni zero”.
E allora, cosa dobbiamo aspettarci per il prossimo anno? I combustibili fossili continueranno ad avere un ruolo centrale nel provvedere energia al mondo; si potrebbe però pensare di diminuire le emissioni di gas serra dovute al loro trasporto, così come al trasporto di tanti altri beni di consumo, razionalizzando gli spostamenti delle merci. Resta probabile che ci sia un problema nella produzione di combustibili fossili, perché gli investimenti sono diminuiti troppo, sia per i problemi dovuti alla pandemia sia per il tentativo – spesso troppo frettoloso – di passare alle energie rinnovabili prima che siano sufficientemente mature.
Può essere che i problemi che si sono visti in questo ultimo scorcio dell’anno possano insegnare soprattutto a noi europei alcune lezioni importanti. Se non sarà così, nel prossimo futuro la situazione potrebbe ulteriormente peggiorare. Il mio personale augurio è che la politica diventi più consapevole. Occorre che i risultati delle ricerche e degli studi che riguardano le conseguenze economiche della cosiddetta “rivoluzione verde” siano discussi ampiamente e portati a conoscenza delle persone. La gente deve capire che la transizione energetica richiede prima di tutto una diminuzione dei consumi, soprattutto di quel genere di consumi che non aumentano in modo significativo il benessere. La politica economica dovrebbe essere focalizzata sul benessere e sulla sostenibilità anziché sulla crescita. Continueremo a parlarne, sperando di non essere i soli. Buon anno a tutti!