Sempre più spesso si vede l’acqua in contenitori di tetrapak. Bisogna capire se questo modo di distribuire l’acqua sia veramente sostenibile
Qualche giorno ho viaggiato in prima classe su un treno Freccia Rossa; il possesso di un biglietto più costoso mi ha dato dritto (oltre che a un sedile più spazioso) ad avere qualcosa da bere. Ho chiesto un bicchiere d’acqua, e ho ricevuto una confezione Tetrapak (per intenderci, un cartone come quelli del latte, con tappo in plastica) da 500 ml di acqua minerale naturale, e un bicchiere di plastica. La mia fantasia è stata subito colpita dalle scritte sul cartone, che spiegavano come questa acqua Smeraldina sia un meraviglioso prodotto confezionato in modo sostenibile.
Arrivata a casa, ho subito cercato di saperne di più, e devo dire che non è stato difficile. Ecco cosa ho “scoperto” dopo una breve ricerca. L’acqua Smeraldina proviene da una sorgente che si trova a Tempio Pausania, in provincia di Sassari. La confezione in Tetrapak si può acquistare in rete, sul sito smeraldinashop.it, al prezzo di 11,76 Euro per il pacco da 24 confezioni (corrisponde a 49 centesimi per una confezione da mezzo litro come quella che ho avuto io sul treno), più le spese di spedizione che variano a seconda della quantità ordinata. Ci sono comunque molti siti che la offrono, a prezzi diversi. Nei supermercati, il costo delle diverse acque minerali varia da 0,11 a 1 euro al litro (fonte Quale Scegliere). Il costo medio è di 60 centesimi al litro, cioè 30 centesimi per mezzo litro.
Acqua Smeraldina si vanta di essere una delle acque migliori del mondo. Ad esempio, nella classifica della miglior acqua minerale in bottiglia del 2021, Altroconsumo le ha assegnato il primo posto. Anche il magazine americano Gayot.com ha premiato l’acqua Smeraldina inserendola al 5° posto tra le 10 acque migliori al mondo, e dicendo la qualità dell’acqua in Sardegna potrebbe essere una delle cause dell’alto numero di centenari nell’isola.
Acqua in tetrapak, distribuzione sostenibile?
Ora si cerca di capire se veramente questo modo di distribuire l’acqua sui treni sia sostenibile. La sostenibilità richiede di tenere conto di tre fattori: Economia, Ambiente, Società, come schematizzato nella Figura che segue. Io aggiungerei che occorre anche tenere conto del costo energetico, di cui si è già parlato nel libro “Lo struzzo energetico”.
Dal punto di vista economico, l’acqua Smeraldina è tra le più costose. Dà, però, lavoro a un certo numero di persone, sia nello stabilimento di imbottigliamento sia nel trasporto. Per la consegna a Trenitalia tra Tempio Pausania e Roma l’acqua viaggia per 360 km, mentre per arrivare a Milano dovrebbe percorrere 660 km. In entrambi i casi dovrà percorrere una tratta via nave, ma si può sperare che almeno la quantità richiesta da Trenitalia viaggi in treno… In generale si ricorda che il trasporto su gomma richiede consumo di combustibili fossili, con relativo inquinamento e emissione di CO2.
Risulta più complesso esaminare il contenitore di Tetrapak (le informazioni provengono dal sito della Tetrapak e dal sito www.tiriciclo.it). Un contenitore di Tetrapak è formato da diversi strati di carta (71%), plastica (24%) e Alluminio (5%). Si tratta di materiale riciclabile. Come?
I cartoni vuoti vengono spappolati in una centrifuga (che richiede ovviamente energia per essere messa in moto). Una specie di grande frullatore che utilizzando acqua riesce a separare le fibre di cellulosa, riutilizzabili per produrre carta, dai composti di plastica e alluminio, che possono essere riutilizzati ma a quanto sembra non possono essere separati tra di loro. Per il momento – si dice nel sito – il riciclo della plastica non è praticato, ma se ne prospetta un aumento.
Le fibre di carta ottenute non sono adatte, però, per produrre nuovo Tetrapak. Questi contenitori possono essere fabbricati solo con carta nuova (che, si dichiara, viene prodotta soltanto da alberi che provengono da piantagioni sostenibili). Il tappo è di plastica bio ricavata dalla canna da zucchero. Un altro argomento da approfondire.
Per le bioplastiche, il percorso verso il degrado non è così semplice. Come le plastiche convenzionali, le bioplastiche sono molto stabili e sono anche molto resistenti al degrado. Ciò significa che se un contenitore in bioplastica non fosse riciclato o scomposto correttamente, si comporterebbe in modo molto simile alla plastica convenzionale. Si romperà solo a livello fisico, trasformandosi in nanoplastiche, ma rimarrà sostanzialmente intatto, come avviene per tutti i tipi di plastica. Le bioplastiche hanno bisogno di una raccolta adeguata e di strutture giuste. Non tutte le bioplastiche possono o devono comunque essere riciclate. Alcuni tipi possono essere semplicemente scomposti chimicamente, diminuendo il danno ambientale. In sostanza, le bioplastiche richiedono parametri specifici prima di degradarsi a sufficienza: occorrono ossigeno, calore e batteri che le trasformino. È un percorso complicato e la mancanza di chiarezza su ciò che queste materie plastiche possono e non possono fare può complicare ulteriormente le cose. I consumatori devono essere più consapevoli di ciò che acquistano e utilizzano.
Per finire, proviamo a confrontare le analisi dell’acqua, riportate sul cartone, con quelle dell’acqua potabile del comune di Roma, che si trovano on line. Le analisi riportate sulla confezione risalgono al 30 settembre 2019, mentre le analisi riportate nel sito dell’ACEA per il Comune di Roma sono state effettuate a Dicembre 2022. I parametri riportati sul cartone sono 11, mentre l’Acea ne misura 60. Ho notato in particolare che nell’acqua minerale non vengono analizzate le quantità di alcuni elementi velenosi, come ad esempio Arsenico e Berillio, che si possono trovare nel terreno. Questi elementi vengono invece monitorati nelle acque potabili.
La sostenibilità non è una cosa semplice
Occorre prima di tutto essere consapevoli che si deve diminuire il consumo di energia e la produzione di rifiuti. Tutti questi sistemi non sembrano utili allo scopo, anche se si potrebbe approfondire lo studio per capire se davvero le confezioni in Tetrapak sono meno inquinanti – o consumano meno – delle classiche bottigliette di plastica. Occorre invece cambiare le abitudini in modo drastico.
Occorre poi bere l’acqua del rubinetto. È controllata ed è buona, e anche se l’acqua in bottiglia fosse migliore (cosa che va dimostrata), sarebbe un piccolo sacrificio che permetterebbe di ottenere un miglioramento sensibile soprattutto in Italia che è tra i maggiori consumatori al mondo di acqua in bottiglia.
Una proposta per Trenitalia è, prima di tutto, di ripristinare le fontanelle di acqua potabile nelle stazioni. Sui treni si potrebbero avere dei contenitori da cui spillare i bicchieri d’acqua richiesti dai passeggeri. E i bicchieri sarebbe bene che non fossero del tipo “usa e getta”. Che è indispensabile negli ospedali e per gli usi sanitari, ma per gli altri usi sarebbe opportuno avere stoviglie lavabili, che possono essere anche di plastica perché infrangibili. Utopie? Forse, ma potrebbero cominciare a fare la differenza e aiutarci a capire cose è veramente la sostenibilità.