Dell’ozono ci si ricorda solo quando è poco o è troppo. Questa particolare molecola di ossigeno formata da tre atomi (al posto degli abituali due dell’ossigeno che respiriamo) circonda la Terra tra i 15 e 35 chilometri di altitudine, nella stratosfera. A causa delle basse temperature, l’ozono tende a dissolversi sopra le regioni polari (più sull’Antartide che sull’Artico) seguendo il ciclo delle stagioni. Negli ultimi decenni però le emissioni umane hanno accelerato il processo, fino a creare veri e propri «buchi» al polo Nord e al polo Sud. Quando invece l’ozono è presente in dosi eccessive, come nelle metropoli in estate, provoca malattie respiratorie. E l’Italia è la nazione europea messa peggio. Lo strato di ozono è fondamentale per la presenza della vita, sotto qualsiasi forma, sul nostro pianeta: ha infatti la capacità di assorbire le radiazioni ultraviolette emesse dal Sole, in particolare quelle di lunghezze d’onda più nocive (Uv-B). Se queste arrivassero al suolo, danneggerebbero il Dna delle cellule.
Poiché il problema del buco nell’ozono è di livello globale, le Nazioni Unite hanno istituito nel 1995 la Giornata internazionale per il mantenimento dello strato di ozono. Un passo importante in questa direzione era già stato compiuto nel 1987, quando venne firmato il Protocollo di Montreal, con il quale vennero messi al bando i Cfc, ossia i gas principali imputati per la distruzione dello strato di ozono sopra i poli, trattato che è stato ratificato finora da 196 nazioni, cinque in più del Protocollo di Kyoto.
La Giornata internazionale appena conclusasi ha avuto come tema “L’opportunità unica di mettere fuori gioco gli Hcfc”, i gas che hanno preso il posto dei famigerati Cfc e che dal 1° gennaio 2015 saranno anch’essi messi fuori produzione. In Antartide le cose stanno andando meglio: rispetto alle dimensioni massime raggiunte il 24 settembre 2006 (29,6 milioni di km quadri), il buco dell’ozono si è ridotto a 22,6 milioni il 25 settembre dello scorso anno. Si spera che i dati 2011 (che saranno noti tra qualche settimana perché il minimo si raggiunge tra l’ultima decade di settembre e la prima di ottobre) facciano registrare un ulteriore miglioramento. Purtroppo le cose vanno meno bene a nord. Sull’Artico a inizio 2011 c’è stata un’inaspettata perdita di ozono con un calo del 40% tra l’inizio dello scorso inverno e la fine di marzo a conferma che, nonostante la messa al bando dei Cfc risalga a oltre vent’anni fa, la lunga vita di questi gas condiziona e condizionerà ancora a lungo lo strato di ozono.