Edoardo Boncinelli, genetista di fama, esperto di biologia molecolare, professore all’Università Vita- Salute San Raffaele di Milano, autore di numerosissimi saggi sui nostri geni, sul cervello, la mente e l’anima, e sulle forme della vita, ha dato di recente una spiegazione più che esauriente sul significato e sul valore del cibo.
Il tema, “Nutrire il pianeta, Energia per la vita” presentato all’Expo sotto vari aspetti, con la prevalenza di quelli sociali, gastronomici ed economici, riguarda anche storie che ci coinvolgono ogni giorno e ci toccano da vicino.
“ Se voglio evocare un sapore e un episodio della mia infanzia legato al cibo– dice il professor Boncinelli- è l’olfatto che si mette in moto per primo. Ed è l’odore del caffellatte della prima colazione, che mi porta indietro nel tempo. Un odore che mi è rimasto nel sangue. Il percorso del gusto, nell’individuare un sapore, non è mai solitario, ma è sempre accompagnato anche dalla vista, oltre che dall’olfatto . L’aspetto di un cibo quando ci si accinge a mangiare è molto importante, perché la corteccia celebrale fa la sintesi dei vari stimoli, dei vari segnali che riceve. Questo profumo straordinario che è rimasto nei miei ricordi, si accompagna a un certo tipo di caffellatte e a una precisa rievocazione visiva: una bella ciotola bianca con una giusta misura di caffè nel latte ben zuccherato, e il calore della scodella sulle mani. Avevo circa sei anni, la mia famiglia non era ricca e mia madre mi aveva mandato alle colonie in un paese delle Dolomiti, dove si mangiava piuttosto male. Ma la mattina, nella grande mensa la scodella di caffellatte della prima colazione, che io riempivo fino all’orlo con tanto pane, mi compensava delle tante melanconie della giornata. ”
L’intervista, è pubblicata nel libro “La memoria del gusto” di Laura Bolgeri (editore Cinquesensi) insieme ad altre di tanti illustri personaggi. Boncinelli è un uomo di scienza particolarmente goloso e curioso si è mostrato disponibile a rispondere alle nostre domande sul cibo e sulle ragioni profonde di quell’atto primordiale che è il nutrirsi e le relative sensazioni .
” Se rivado con la memoria ai sapori per me più evocativi, ne rintraccio una grande varietà. Riflettendo, è sorprendente anche per uno scienziato gourmet come me, che per quanto la gamma dei sapori sia di una varietà infinita, in realtà noi scomponiamo tutti i sapori in solo quattro sapori fondamentali che sono: il dolce, l’amaro, il salino e l’acidulo. Tutti i sapori sono scomposti in questa scala, perchè sulla lingua e sul palato abbiamo soltanto quattro tipi di ricettori. Nonostante questo limite, noi siamo sensibili e possiamo sperimentare un incredibile varietà di sapori. In questo caso c’entra l’apprendimento, la cultura, l’esperienza. Anche se i ricettori sono solo quattro, le combinazioni possono essere variatissime.
“Io sono cresciuto in Toscana, con una madre e una nonna che sapevano inventare, con elementi poco costosi, piatti e ricette di tutti i tipi, usando le cose più strane. Non solo erbe e legumi di ogni genere, cotte in tutti i modi come i “gobbi”, i cardi in umido, ma anche interiora di vitello, di manzo, di maiale, di agnello. Sono parti dell’animale che oggi sono rimasti in pochi ad aprezzare, come ad esempio il cervello, il timo (le animelle), la trippa, persino la poppa (la mammella della mucca) che aveva un sapore squisito, tagliata a larghe striscie e fritta.
Ed ecco un’altra osservazione golosa spiegata dall’uomo di scienza.
“Mi viene in mente il gusto particolare di un piatto che appariva morbido al mio palato di bambino perchè si sgranava, si scioglieva in bocca. Erano le uova di pesce. La sensazione più precisa era quella tattile, provata sulla lingua. Il profumo e il sapore non erano preponderanti. Di queste uova di pesce fresche, che non hanno niente a che fare con il caviale, da bambino ne ho mangiate quantità impressionanti. Sono semplici uova di trota, di salmone, di sogliola, che i pesci femmina le “pescie” (così si chiamano in Toscana) in certe stagioni portano in abbondanza nel ventre.
“Oggi è più difficile recuperarle, perché molti pescivendoli le scartano. E le massaie in genere non le apprezzano. In realtà sono degli embrioni freschi, ricchissimi di fosforo, un cibo molto nutriente e salutare. Ricordo ancora il sapore delicato delle uova di pesce appena lessate e condite con il buon olio di casa, e poi spruzzate con un po’ di limone. Ma quando mia madre le passava nel pan grattato e le friggeva, allora le uova delle “pescie” svelavano un singolare ed eccellente sapore più intenso.
“Forse, senza saperlo, mia madre e mia nonna davano a noi bambini cibi molto sostanziosi per il cervello. Ma non posso dire, con esattezza scientifica, che le mie intuizioni in matematica siano dovute a questo tipo di nutrimento. E di intuizioni precoci ne ho avute tante. Mia madre raccontava ad esempio che quando andavo a scuola a Bologna, su per la salita di San Luca –avrò avuto sei o sette anni- una volta le chiesi :” Se quattro meno due fa due, due meno quattro deve fare due sotto zero”. Certo era un ragionamento non male per un bambino di quell’età. Può darsi che il merito fosse proprio di quel fosforo della uova di pescia, anche se scientificamente non è un dato facile da provare.”
” A proposito di rievocazioni posso far presente un dato che ha una vera base scientifica. Quando si immagina un sapore, anche se non ci si nutre del solo ricordo, si attivano però le stesse aree del cervello e gli stessi meccanismi cerebrali che entrano in azione quando ci si appresta a nutrirsi. Perciò si ha il fenomeno dell’acquolina in bocca e dei succhi gastrici che si attivano in attesa. In questi momenti sale un po’ anche il livello degli ormoni nel sangue, che si preparano a digerire. E se c’è un appetitoso odorino che gira per la casa tutto il corpo si prepara a gustare il cibo….. Non si può vivere, però di soli ricordi, di evocazioni, nè come scienziati, nè come persone: e allora continuo a pensare – ha concluso in tono confidenziale l’intervista il professore Boncinelli- che è meglio mettersi a tavola e gustare con piacere i sapori dei cibi veri che sono nel piatto.”
Ma se ci si chiede semplicemente : Perché mangiamo ? la risposta sintetica di Edoardo Boncinelli è: “perché dobbiamo introdurre dentro di noi un flusso continuo di materia, di energia e di informazione”. L’ha pronunciata quando è tornato sull’argomento del cibo al Circolo Filologico Milanese in un ciclo di conferenze intitolate ” Cibo in evoluzione “, poi illustrate in un filmato. Come genetista e biologo ha spiegato il processo evolutivo e i fenomeni che hanno condotto lentamente alle forme di vita attuali. Ma quanto avvenga dal punto di vista genetico e biologico per gli esseri viventi è molto complesso e Boncinelli lo racconta sinteticamente in un piccolo libro edito da Book Time dal titolo “Perché si mangia” .Edoardo Boncinelli è stato Presidente della Società Italiana di Biofisica e Biologia Molecolare e ha scoperto i “geni omeotici” che in momementi particolari regolano lo sviluppo di un organismo. Ciò gli è valsa la candidatura al Nobel. Ma anche nel ruolo di scienziato il professor Boncinelli non manca di ironia e per spiegare il meccanismo per cui come esseri fatti di materia (prima che di energia e informazione) non possiamo fare a meno di mangiare commenta:
“La materia è sotto gli occhi di tutti: quando mangiamo degli spaghetti, dei fagiolini, o un’arancia, vediamo che mangiamo della materia. Ma se questa materia non fosse digeribile, se per esempio mangiassi della naftalina (come faceva Eta Beta ) non mi nutrirei minimamente perché quello per me non è un cibo. Solo quelli che conosciamo come cibi sono elementi giusti da introdurre”. E a conclusione :” Ogni generazione ha avuto dalla precedente il necessario per imparare a vivere. Quindi oltre al fatto che se non ci fossero le piante che prendono energia dal sole e la trasformano in cibo, noi non avremmo nulla da mangiare- tutte cose che oramai sappiamo bene e che gli ambientalisti ci ricordano ogni giorno- siamo tutti , noi esseri viventi, parti dello stesso evento, che possiamo chiamare vita.”