Da sempre le melanzane sono la mia passione. Mi piacciono in tutti i modi, al forno, al funghetto, grigliate, ripiene, mi piace la crema di melanzane e soprattutto adoro la parmigiana, il mio piatto preferito. E siccome amo le melanzane non posso non amare la Turchia, che ha fatto della melanzana la regina incontrastata dei suoi piatti.
In Turchia sono andata la prima volta a 14 anni, in crociera con la scuola. Allora era il luogo più esotico che avessi mai visitato. Non ho mai dimenticato l’arrivo della nave, all’alba, a Istanbul, il Bosforo era tinto di rosa e decine di piccole giunche a vela ci venivano incontro cariche di pesce che cercavano di vendere. Le Moschee, i minareti, il Topkapi, il Serraglio, tutto mi sembrava uscito dalle Mille e una Notte. Alla mia fantasia sovraeccitata la città appariva davvero come la porta di un Oriente misterioso.
Sono poi tornata in Turchia anni dopo, d’estate, in vespone, con quello che sarebbe diventato il mio futuro marito. Dormivamo dove ci capitava, in certi alberghi schifosi dove dai rubinetti uscivano scarafaggi, sulle spiagge, in mezzo ai campi, insomma quei viaggi che si facevano negli anni ’70. Il ricordo più vivo che ho di quell’avventura è il momento in cui traversammo la frontiera tra Grecia e Turchia. Faceva molto caldo, la vespa correva lungo una strada che si scioglieva come un nastro tra distese di sabbia. Avevo fame e il caldo mi faceva strani scherzi, continuavo a vedere, stagliate all’orizzonte quelle che mi sembravano le mura di una città, che una volta raggiunte sparivano nel nulla. Miraggi. Finalmente ci fermammo stanchi e sudati in un villaggio di pietra, ci sedemmo contro un muretto e crollammo addormentati. Fui risvegliata da voci sussurrate. Di fronte a me una fila di donne e bambini, che evidentemente non avevano mai visto un vespone, ci guardavano con curiosità, parlottando a bassa voce, un bambino ci si avvicinò e ci fece dono di un cocomero, sembravano i pastori in adorazione di Gesù nella grotta. La loro dolcezza era commovente. Restarono a fissarci mentre divoravamo il cocomero, rosso e succoso.
Due o tre anni fa siamo tornati in Turchia e questa volta abbiamo affittato una macchina. Questa volta, a folgorarmi sono stati i mercati. Grandi, variopinti, disordinati. Come piacciono a me. Pomodori, frutta, erbe profumate e naturalmente tante melanzane. Avevamo deciso di costeggiare il Mar Nero, che in effetti è davvero quasi nero e dove vanno a trascorrere le loro vacanze solo i Turchi, da lì siamo andati all’interno, alla ricerca dell’Impero Ottomano. Lo abbiamo trovato e con lui anche un indimenticabile piatto di tortelli di melanzane, condite con una piccantissima salsa di pomodoro. Molto buoni non c’è che dire, ma non al punto di farmi dimenticare la mia parmigiana di melanzane, che poi è quella di mia madre e di mia nonna prima di lei. E’ stata, la parmigiana, la sfida culinaria della mia vita. Per lunghi anni la parmigiana di mia madre è stata infatti imbattibile. Fino allo scorso anno quando persino lei ha dovuto ammettere che finalmente ero riuscita a farla buona come la sua! E comunque perché riuscisse davvero bene ho dovuto scoprire i segreti della mia mamma.
Il primo è che non si deve mai mettere le melanzane sotto sale, perché cacciano l’acqua e poi friggono male.
Il secondo è che l’olio deve essere bollente.
Poi bisogna imparare a capire quando e’ il momento giusto per scolarle, quando cioe’ sono pronte.
Io lo chiamo “l’orgasmo della frittura”, si tratta di individuare l’istante preciso in cui le melanzane raggiungono il culmine del friggere, e’ quell’attimo in cui sono tutte uniformemente dorate, un secondo immediatamente prima che brucino diventando amare e immangiabili. Bisogna perciò attendere, osare e poi colpire con prontezza. Ci vuole esperienza e un certo allenamento, all’inizio si andra’ inevitabilmente incontro a delusioni e fallimenti: le melanzane saranno poco cotte e percio’ gonfie d’olio o al contrario inesorabilmente bruciacchiate.
Sbagliando si impara. Alla fine sarete diventate talmente brave da non avere neanche bisogno di guardare per capire quando e’ il momento dell’azione. Vi bastera’ ascoltare. perche’ la melanzana, al contrario degli umani, nel suo “orgasmo da frittura” tace improvvisamente, avendo infatti ormai emessa tutta la sua acqua, dopo aver sfrigolato, crepitato, scrosciato e schioppettato a lungo, si azzittisce di colpo. E io la scolo, strizzandola ben bene tra due schiumarole e disponendola distesa sulla carta da pane. Infine un piccolo accorgimento. Dopo averla condita a strati, salsa di pomodoro, abbondante parmigiano, mozzarella e basilico, e passata in forno, aspettate a mangiarla che si freddi per circa dieci minuti cosicchè i succhi si rapprendano un po’. Siccome poi friggere le melanzane e’ operazione noiosissima anche perche’ avviene in estate, con il caldo e l’afa, il mio consiglio e’ quello di friggere nude con un grembiule che vi ripari dagli schizzi. E poi farvi un tuffo a mare. Mi raccomando poi niente versioni dietiche con melanzane grigliate o peggio lesse. Se e’ dei grassi e delle calorie che si ha paura allora questo piatto non fa per voi. Una vera parmigiana di melanzane, come i bucatini all’amatriciana, deve essere un po’ unta!