L’estate è davvero finita e in un soffio sarà subito Natale. E se ci tocca affrontare i rigori invernali allora niente di meglio di un week end a Vienna, dove la cattiva stagione quantomeno si colora d’allegria.
La prima volta che sono capitata a Vienna era Novembre, faceva freddo ed era caduta la prima neve, eppure persino io, così amante del sole e del mare, lì non sono riuscita a rimpiangere climi più miti. Era un momento della mia vita in cui mi ero invaghita di tutto ciò che sapeva di Mitteleuropa, dall’arte, alla letteratura, ai suoi miti intramontabili. Così mi ero precipitata a Hofburg, il palazzo imperiale degli Asburgo, per ritrovare il fantasma della bellissima e sfortunata Sissi, la moglie infelice e volitiva dell’imperatore Francesco Giuseppe, che pure quella reggia non l’aveva mai amata troppo, sempre in fuga nelle sua irrequietezza verso luoghi “altri”, l’Ungheria, dove poter abbandonare la rigida etichetta di corte e la Grecia, Corfù dove ritrovare il sole e tempi più dilatati. Eppure il fantasma di Elisabetta d’Austria, ne sono certa, ancora si aggirava tra quelle stanze immense.
A colpirmi del palazzo non erano state tanto gli addobbi sfarzosi, le grandi tavole sontuosamente apparecchiate, gli ori e gli stucchi, i letti a baldacchino, coperti di stoffe preziose, e nemmeno l’immagine, ormai immortalata ovunque della bella imperatrice, l’ampio abito bianco, tutto un pizzo e un merletto, né i suoi lunghi capelli intrecciati con ghirlande di fiori. Ad affascinarmi era stata invece una statua di Elisabetta a grandezza e fattezze naturali in cui la donna esibiva un vitino così esile da sembrare quello di una fata. E ancor più ero restata lunghi attimi ad ammirare uno dei suoi guanti, così piccoli, così stretti da chiedermi quali fossero le mani tanto minute in grado di indossarli.
Vienna, in quel viaggio mi era sembrata insolitamente colorata, come le tele di Klimt che avevo visto esposte nei suoi straordinari musei. Mi sembrava di essere precipitata in un’operetta di Listz e che tutta la città mi venisse incontro a passo di danza, di quei valzer che Strauss aveva composto raccontandoci come il Danubio, che scivolava silenzioso attraverso la città, fosse di un bel colore blu, anche se avevo potuto constatare, con una certa tristezza, che il fiume di blu non aveva proprio niente, era grigio, freddo e uggioso. A differenza della città che in quell’inverno mi apparve allegra, colorata e soprattutto golosa.
Avevo deciso di vincere il freddo, perché sì è inutile negarlo, l’inverno viennese è davvero freddo, a colpi di dolci e di cioccolata calda. Vienna è ricca di straordinarie pasticcerie, prima fra tutte Demel, già fornitori di corte, (si dice addirittura che esistesse un passaggio segreto che la collegasse alla corte per consentire alla principessa Sissi di abbandonarsi, senza essere vista, alle sue scorribande dolci) nella quale mi rifugiavo intirizzita dal freddo per assaltare i suoi indimenticabili strudel e le sue sublimi millefoglie alla crema.
Lì tra i dolci migliori al mondo, le luci, gli specchi e un decor d’antan, se chiudevo gli occhi potevo davvero credere di trovarmi nella Vienna fin de siècle. Io però ai dolci ho sempre preferito il salato e la mia vera perversione era quella di rifugiarmi, a fine giornata, stremata e con i piedi doloranti dopo aver traversato la città in lungo e largo, in una delle tante heuriger, le caratteristiche taverne viennesi, dove instancabilmente, giorno dopo giorno, ordinavo lo stesso piatto: la Wiener Schnitzel, la progenitrice della cotoletta alla milanese, e mi perdoneranno gli amici milanesi se al confronto la bandiera gastronomica milanese impallidisce. La carne, solitamente di maiale, ma anche di vitella, deve essere molto battuta, poi passata nella farina, nell’uovo e infine nel pangrattato per ottenere una panatura spessa e croccante. Poi viene cotta nello strutto e il risultato è sensazionale, sembra quasi che la panatura avvolga la carne come uno scrigno.
Cerco di rifarla spesso per ricordare quel viaggio indimenticabile che ha avuto solo un risvolto negativo: sono tornata in Italia che pesavo tre chili in più di quando ero partita!