La scelta vegetariana, per salvare il pianeta

Pubblicato il 8 Marzo 2015 in , da Auro Bernardi

A meno di due mesi dall’Expo dedicata al cibo, si è tenuta a Milano una tavola rotonda dal titolo Nutrire il pianeta con la dieta vegetariana cui hanno partecipato Pietro Leemann, chef stellato del ristorante Joia e autore di numerosi libri a tema, Carlo Modonesi, biologo specializzato in Igiene ed Ecologia Ambientale all’Università di Milano, Leonardo Pinelli, pediatra, diabetologo, esperto in nutrizione, Monica Oldani, psicobiologa dell’Università di Milano, Vincenzo Russo, direttore del Master of Food & Wine Communication dello Iulm, membro del Comitato Scientifico per Expo, e Vittorio Castellani, giornalista meglio noto come Chef Kumalè. Moderatore Gabriele Eschenazi, giornalista e ideatore con Pietro Leemann di The Vegetarian Chance annuale appuntamento di cucina vegetariana e vegana che si terrà a Milano dal 5 al 7 giugno.

Dai dati riferiti nel corso della tavola rotonda è emerso chiaramente come la scelta di una alimentazione che escluda cibi di origine animale può davvero essere la chance per il futuro del nostro pianeta che, con gli attuali ritmi di sfruttamento delle risorse naturali, rischia seriamente il collasso nel giro di pochi decenni. Campanello d’allarme, gli ormai conclamati mutamenti climatici con conseguenti altissimi costi sociali in termini di distruzione e perdite di vite umane.

Ma vediamo alcuni di questi fattori. Il primo, ricavabile dalle ricerche Eurostat (dunque inoppugnabile), ma taciuto dal nostro Ministero della Salute, riguarda proprio la fascia senior ed è il drastico crollo che si è verificato tra il 2004 e il 2012 (ultimi dati disponibili) del livello di salute nella popolazione italiana. Vediamo di cosa si tratta. A fronte di un progressivo aumento della vita media, dovuto soprattutto al miglioramento delle terapie mediche, si è assistito in parallelo a un calo della soglia dell’età in cui insorgono malattie croniche come il diabete, malattie invalidanti come l’infarto e i tumori, malattie degenerative come l’Alzheimer e il Parkinson. Questa soglia (chiamata vita attiva sana) era di 71 anni nel 2004 mentre è scesa a 62 anni nel 2012. In altre parole fino a 11 anni fa chiunque poteva sperare di arrivare a 71 anni senza contrarre alcuna malattia cronica, oggi questa aspettativa si limita a 62 anni. Motivo? Oltre ai fattori di costante inquinamento dell’ambiente in cui viviamo, questo crollo è stato individuato dai ricercatori di Eurostat nella catena alimentare: infiammazione cronica sub-clinica, causa principale delle malattie più importanti, e veri e propri veleni accumulati nel grasso animale e passati quindi in quello umano, sono tra le cause scatenanti delle patologie citate. Insomma, è sempre più vero che siamo quello che mangiamo. E la dieta con presenza di carne non aiuta.

Altro dato preoccupante: secondo Nomisma un italiano su tre (31%) è sovrappeso e uno su dieci (11%) soffre di obesità. Eppure l’87% degli italiani “Ritiene di seguire un’alimentazione sana ed equilibrata” (la famosa Dieta Mediterranea). Invece i prodotti industriali, gli alimenti raffinati, i grassi saturi stanno modificando sempre più anche le nostre antiche abitudini a tavola. Il grasso, il sapido e il dolce hanno preso posto delle fibre, degli antiossidanti, dei sali minerali contenuti nelle piante. La riprova? Negli ultimi 15 anni il consumo di frutta e verdura è calato costantemente (1,5 kg in meno pro capite ogni anno). Un trend che non ha avuto a che fare con la crisi, iniziata nel 2008. Nel 2014 ognuno di noi ha consumato in media 360 g di ortofrutta al giorno, al di sotto di quei 400 g che i nutrizionisti indicano come razione giornaliera raccomandata (rgr). Nel 2000 eravamo ben al di sopra di questa quota. Sempre dal 2000 a oggi i consumi di frutta sono calati del 15% e quelli di verdura del 6%.

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Eppure un dato in controtendenza c’è: l’aumento degli italiani che si dichiarano vegetariani o vegani. Oggi questa fascia di popolazione ha raggiunto il 12,5% (sette milioni e mezzo) ed è in costante crescita tanto che l’Eurispes stima che tra 15 anni i veg italiani possano essere 30 milioni. Circa un terzo (31%) afferma di aver fatto questa scelta per motivi etici (rispetto degli animali). Un quarto (24%) perché fa bene alla salute, infine il 9% per motivi ecologici (tutela ambientale). Nei paesi sviluppati i vegetariani “per scelta” (dunque non tali per motivi religiosi o culturali) sono stimati sui 75 milioni, ma non va dimenticato che nel Terzo e Quarto Mondo ci sono oltre 800 milioni di persone che soffrono ancora la fame nonostante la produzione di cibo sarebbe in grado di sopperire anche alle loro necessità. E qui sta il cuore del problema: le disuguaglianze esistenti sul pianeta Terra tra paesi come quelli europei e del Nordamerica che producono e consumano troppo e vastissime aree, soprattutto in Africa e Asia, dove le carenze strutturali, la corruzione dei governi locali e il colonialismo economico determinano squilibri insostenibili.

Nutrire il pianeta, uno degli slogan di Expo 2015, è dunque molto più che una necessità. Ma che non può riguardare solo gli esseri umani, bensì tutti gli esseri viventi e la terra stessa con le sue risorse, che non sono infinite. Non è infatti ipotizzabile, per esempio, che un miliardo e mezzo di cinesi arrivi a consumare la stessa quantità di cibo (e quindi di suolo, acqua, CO2 ecc.) di un americano. Senza contare che, proprio per il regime alimentare diffuso in quel paese uno statuinitense su due è a rischio tumore. Per essere alimentati dobbiamo a nostra volta alimentare e rispettare la natura. La scelta vegetariana consente tutto questo perché nutrirsi di vegetali significa rigettare lo sfruttamento e la violenza sugli animali, rispettare l’ambiente difendendo allo stesso tempo la nostra salute. E l’esempio lampante viene proprio da chef stellati come Pietro Leemann che da 26 anni nel suo ristorante di Milano segue una rigorosa ricerca di sapori vegetariani con il rispetto assoluto delle biodiversità, della filiera produttiva e persino delle fonti energetiche usate in cucina in modo da ridurre al massimo l’impatto ambientale legato alla nutrizione. Sono infatti personaggi come lui la dimostrazione pratica che mangiare vegetariano non è né triste né monotono. Il mondo vegetale offre infatti una varietà incredibile di colori, sapori e profumi diversi in ogni stagione e in ogni parte del mondo. Senza che sia necessario “consumare” 121mq di terreno agricolo, 15mila litri di acqua e 7 litri di idrocarburi per produrre un solo kg di carne bovina. Per un kg di pomodori bastano infatti un fazzoletto di terra e 50 litri d’acqua.

Nella foto d’apertura: piatto di Antonia Klugmann-spinacino selvatico