Gli interventi di ristrutturazione così come le nuove costruzioni consentono molteplici soluzioni per le finiture interne delle pareti nelle nostre case: dalle più tradizionali, come l’intonaco a civile, fino ai rivestimenti o alle pannellature con nuovi materiali
Sebbene l’intonaco abbia una storia antichissima e sia probabilmente una delle finiture interne più comuni nell’edilizia residenziale ormai da tempo immemore, si deve però considerare che sono notevolmente variate nei secoli e in particolare in quest’ultimo secolo sia la composizione chimica e la granulometria, sia le modalità di stesura. Per questo motivo è considerata quasi alla stregua di un’innovazione la riproposizione degli intonaci di finitura in malta di calce che sempre più facilmente viene oggi venduta come prodotto pronto premiscelato, sia dai colossi del mondo delle costruzioni italiane (come Mapei, ma anche Kerakoll e altri) sia da piccoli produttori che cercano oggi di avvicinare l’utente finale proponendo dei premiscelati il più possibile simili a un pacchetto “chiavi in mano”, ovvero intonaci già colorati in pasta, con un palette colori pre-definita che il cliente può visionare e scegliere in show room o già completi di additivi con effetti particolari, come le scaglie di marmo, in modo da consentire un maggior controllo del committente sul risultato finale (come nel caso della “Calce del Brenta”).
Intonaci al civile e malte per le finiture interne
Se la malta di calce ha quindi avuto un certo “revival” lo si deve probabilmente anche a questi nuovi servizi offerti dai produttori di materiali edili a fronte di maestranze che sono ormai da decenni forse più avvezze all’uso della malta di cemento e per molti buoni motivi. Come è noto, infatti, la malta di calce è un materiale indubbiamente meno energivoro del cemento, ma ha una minore resistenza della malta di cemento, risultava di più difficile gestione e, all’atto pratico, risulta da tempo più costosa, nonostante offra ancora oggi una migliore lavorabilità e una maggior compatibilità con il substrato esistente negli interventi di restauro storico. Anche per questi motivi si è quindi rapidamente diffusa nei cantieri di ogni giorno la malta bastarda, così chiamata proprio in quanto derivata da una miscela di calce e cemento. Occorre dire che la via di mezzo non è sempre la giusta soluzione e che, sebbene questo genere di intonaco abbia dato buona prova di sè nella maggior parte delle case, ogni organismo edilizio richiede sempre una ristrutturazione coerente e compatibile con i materiali esistenti e con la posa prescelta.
Non solo esistono diverse categorie di prodotti premiscelati e pronti all’uso, ma alcune delle aziende produttrici propongono oggi i loro posatori di fiducia: è questo per esempio il caso di molte resine, ma anche di quella vasta famiglia di finiture interne che, pur non potendosi classificare come intonaci, sarebbe riduttivo chiamare pitture e hanno a tutti gli effetti un notevole impatto non solo cromatico, ma anche a livello di texture e rilievo (come nel caso di molti prodotti Oikos).
Finiture interne, l’importanza della posa
Per comprendere l’importanza della fase di posa, basterà considerare come una finitura storica ancora oggi in auge, come lo stucco alla veneziana, deve il suo particolare effetto proprio ai caratteristici segni della spatola dell’intonacatore ed è liscio al tatto come la seta non solo in virtù della granulometria molto fine del grassello di calce e degli inerti utilizzati (spesso la polvere di marmo), ma anche per mezzo dell’azione meccanica e della forza impressa all’atto della posa da mani esperte. Già Carlo Scarpa negli anni ’50 aveva saputo rinnovare magistralmente questa finitura nel negozio Olivetti di piazza San Marco, dai suoi caratteristici interni di color grigio con un sospiro di viola, che non a caso sono stati preservati ed esposti dal Fondo per l’Ambiente Italiano anche in virtù del magistrale utilizzo delle tecniche storiche veneziane, che, con Scarpa, appaiono moderne ed innovative.
Analogamente si osserverà come altre finiture interne come la carta da parati mantengono un legame con il passato che è solo nominale a ben considerare la duttilità che hanno assunto nei cantieri contemporanei. Infatti se la digitalizzazione consente oggi una personalizzazione pressoché totale dei disegni e delle fantasie disponibili (accanto a quelle già molto varie proposte dai produttori), sono in effetti cambiati oggi anche i materiali e la tecnologia dei rivestimenti, che può renderli idrorepellenti, resistenti al fuoco o e persino in grado di supportare piccole mensole (come nel caso della “carta velcro” di Jannelli&Volpi).
Carta da parati, finiture interne tra antico e moderno
In effetti la tradizionale carta da parati oggi non è scomparsa (sono infatti ancora in produzione presso alcuni marchi storici anche alcune delle fantasie più note del XIX secolo), ma ha acquisito molte potenzialità smettendo di essere solo “carta” e includendo anche diversi supporti tecnici come la fibra di vetro e includendo anche diverse modalità di posa, a volta anche con l’uso combinato delle resine.
Con un po’ di pazienza quindi il committente può trovare a sua disposizione sul mercato quasi ogni tipo di prodotto, per ogni esigenza tecnica, ma anche con diverse fasce di costo, dalle soluzioni più tecnologiche e innovative fino alle più tradizioni, comprese le tappezzerie storiche.
E’ infatti tutt’oggi vanto di un produttore storico italiano, la tessitura Luigi Bevilacqua, aver mantenuto accanto alla produzione industriale un piccolo numero di telai jaquard manuali che hanno consentito, uniche al mondo, la riproduzione delle tappezzerie storiche del diciottesimo secolo del Cremlino originalmente prodotte in Francia e oggi rinnovate solo grazie alla maestria di esperte mani italiane.