Chi mette in affitto un appartamento su portali come Airbnb, per locazioni brevi (fino a 30 giorni), come persona fisica, quindi al di fuori di attività d’impresa, paga la cedolare secca del 21%. Che, nel caso in cui ci si rivolga ai portali di intermediazione, viene trattenuta e versata direttamente dal portale. Si applica l’articolo 4 del dl 50/2017, sulle locazioni brevi. Lo chiarisce l’Agenzia delle Entrate rispondendo a specifico interpello (373/2019) di un contribuente che temeva di dover aprire partita IVA in base a un legge provinciale, restrittiva sui criteri per considerare brevi gli affitti.
Affitti brevi: la normativa
Non c’è conflitto normativo, chiarisce il Fisco, per gli affitti brevi si applica il Dl 50/2017, che riguarda “contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, ivi inclusi quelli che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali, stipulati da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, direttamente o tramite soggetti che esercitano intermediazione immobiliare, o che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in cerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare”.
Nel momento in cui l’operazione soddisfa i criteri esposti nella norma, quindi si riferisce a un periodo inferiore ai 30 giorni, e venga effettuata al di fuori dell’attività d’impresa, trova applicazione il regime fiscale previsto dal citato articolo 4, ovvero l’imposta sostitutiva cedolare secca al 21%.