La Regione Lombardia ha approvato lo scorso 22 novembre, in Consiglio regionale, una legge che riconosce la figura del caregiver familiare, la persona che per assiste e si prende cura di un parente non autosufficiente o disabile. Nella nota che accompagna la notizia della approvazione, viene sottolineato come La nuova norma esalta e tutela il suo importante ruolo assistenziale e sociale. Nella stessa nota viene indicato come la legge specifichi i principi, finalità e definizione del caregiver familiare e le funzioni attribuite alla Regione, alle Ats e Asst nonché ai Comuni. Specifici articoli affrontano il tema degli interventi regionali dedicati al caregiver familiare e alla rete di sostegno al caregiver, costituita dal sistema integrato dei servizi sociali, sociosanitari e sanitari, dal Terzo settore e dalla solidarietà di vicinato.
Si affrontano anche i temi dei programmi regionali di inserimento e reinserimento lavorativo, dei percorsi formativi per il caregiver familiare e del riconoscimento dell’attestato di competenze di caregiver familiare. Altri passaggi della legge si occupano specificatamente di iniziative di formazione, informazione e sensibilizzazione nonché dei bandi mirati al Terzo settore.
La dotazione finanziaria è di 900.000 euro per ciascuna delle prossime tre annualità. Nella nota si sottolinea come assessore e consiglieri regionali concordano, però, sul fatto che la legge sia un punto di partenza, con risorse da implementare sicuramente, e che già si integri con misure e interventi regionali che pongono al centro la persona con disabilità e/o non autosufficienza.
Regione Lombardia prevedeva già per il caregiver familiare, contributi per l’assistenza garantita e voucher per il sostegno e il sollievo.
Le associazioni dei familiari, però, contestano “la definizione di soggetti volontari — spiega Fortunato Nicoletti, presidente di Nessuno è escluso — e il fatto che il caregiver familiare, che assiste 24 ore su 24 il parente, sia confuso con quello “saltuario” o professionale”. E poi la formazione: «A noi che siamo obbligati ad esserlo? Sarebbe utile fosse indirizzata verso un caregiver sostituto, figura che potrebbe darci un po’ di respiro, ma che non è neanche prevista da questa legge». Quello che manca è «un cappello culturale», commenta Fabio Cernuschi del Coordinamento Genitori Cdd. Imprescindibile è il tema della «convivenza», dice Teresa Bellini di Confad: «Solo chi convive e quindi presta assistenza in continuità ha bisogno di essere sostenuto, altra cosa è chi assiste un congiunto a distanza o in modo saltuario». E ancora: «La rete dei servizi sociosanitari è piena di lacune e le parti non dialogano tra loro. L’assistenza domiciliare è praticamente inesistente: c’è da potenziare una rete di supporto dove noi dobbiamo essere attori principali». Però «Tironi ha assicurato che da domani inizieremo a interloquire per fare tutti i possibili aggiustamenti».
La Regione si è dovuta «attenere alla definizione ministeriale riportata nella legge di Bilancio, dato che ad oggi esiste solo questa», risponde la vicepresidente della commissione Sanità: «Qui il caregiver familiare è definito come una risorsa volontaria, non perché fa volontariato ma perché non è una professione riconosciuta. E anche il tema del convivente ci ha tenuti molto impegnati, ma non possiamo inserirlo se non viene fatto a livello nazionale. Speriamo si arrivi presto a una legge nazionale dove tutte le regioni avranno un riferimento normativo in merito al caregiver familiare».