In materia di TARSU, l’ormai ex tassa rifiuti ora sostituita dalla TARI, è sempre il contribuente che deve informare il Comune di tutte le caratteristiche utili alla quantificazione dell’imposta, ad esempio di eventuali superfici non tassabili: questo, anche in presenza di una perizia dei tecnici dell’amministrazione che identifica le aree da sottoporre al tributo e quelle su cui c’è esenzione. Lo stabilisce la sentenza della Corte di Cassazione 5047/2015.
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Denuncia di esenzione
Il caso riguarda un avviso di accertamente sulla TARSU inviato dal Comune a un’impresa per un’area su cui il contribuente aveva ritenuto superfluo presentare la denuncia di esenzioneperché c’era appunto un verbale dei tecnici comunali che lo certificava. La Cassazione ha stabilito che l’impresa avrebbe invece dovuto presentare regolare richiesta di esenzione, perché spetta al contribuente:
«L’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza e alla delimitazione delle aree» che non concorrono alla quantificazione della complessiva superficie imponibile.
È vero, specifica la Cassazione che in materia fiscale l’onere della prova dei fatti che costituiscono fonte dell’obbligazione tributaria spetta sempre all’Amministrazione, ma tutto cio che invece riguarda la quantificazione dell’imposta deve invece essere provato dal contribuente. E nemmeno il verbale di accesso dei tecnici comunali che identifica le aree sottoposte a tassazione e la relativa destinazione, rende superflua la presentazione della denuncia.
Tassa sui rifiuti
Ricordiamo infine la tassa rifiuti negli ultimi anni ha subito parecchie modifiche normative, per cui la TARSU prima è diventata TIA, poi TARES mentre dallo scorso 2014 si paga la TARI, che insieme alla TASI e all’IMU costituisce la IUC, imposta unica comunale. La sentenza resta comunque di interesse perché sottolinea gli obblighi del contribuente in materia fiscale, che valgono indipendentemente dalle novità normative.
(Fonte: la sentenza di Cassazione 5047 del 2015).