Insieme alla quota 100 è forse la misura di riforma pensioni più rilevante contenuta nel decreto approvato dal Governo lo scorso 17 gennaio: la pensione anticipata si avvicina rispetto alle precedenti regole, perché non bisogna più aggiungere gli adeguamenti alle aspettative di vita. C’è dunque un vantaggio immediato, perché non si applicano i cinque mesi di scatto 2019. E’ però stata introdotta una finestra di tre mesi fra maturazione del diritto e decorrenza della pensione (durante la quale si può continuare a lavorare).
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I requisiti per la pensione anticipata 2019 restano quelli dell’anno scorso: gli uomini possono ritirarsi con 42 anni e dieci mesi di contributi, le donne con un anno in meno, quindi 41 anni e dieci mesi. Non rileva in alcun modo l’età anagrafica, contano solo i contributi. Si possono contare tutti i contributi versati o accreditati (compresi quelli da riscatto, i contributi figurativi, i contributi volontari e via dicendo). E’ però necessario avere almeno 35 anni effettivamente versati (senza contare, quindi, quelli figurativi).
Attenzione: il blocco degli aumenti legati alle aspettative di vita è stabilito fino al 2026. Di conseguenza i requisiti sopra esposti restano immutati fino al 31 dicembre 2026. Nello stesso periodo di tempo, per fare un esempio, le pensioni di vecchiaia, alle quali invece si applicano gli adeguamenti, conterranno gli scatti nel 2021, 2023, e 2025.
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Rispetto alla precedente legislazione nel 2019 si può andare in pensione anticipata con cinque mesi di anticipo. Bisogna però aspettare tre mesi dal momento di maturazione del requisito. Esempio: un lavoratore che matura i 42 anni e dieci mesi di contributi in luglio, e presenta la relativa domanda di pensione anticipata, potrà iniziare a percepire l’assegno dal primo novembre. La misura sarà ufficialmente in vigore dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ma di fatto si applica a partire dal primo gennaio 2019. C’è una specifica previsione in base alla quale coloro che hanno maturato il diritto fra il primo gennaio e il giorno di entrata in vigore del decreto conseguono il diritto al trattamento pensionistico dal 1 aprile 2019.
Il personale della Scuola continua ad applicare l’articolo 59, comma 9, della legge 449/1997, per cui la cessazione dal servizio ha effetto dall’inizio dell’anno scolastico o dell’anno accademico. In sede di prima applicazione, bisogna presentare domanda di pensione entro il 28 febbraio 2019. Le nuove regola riguardano esclusivamente gli iscritti alle diverse gestioni INPS. Coloro che invece pagano i contributi alle casse previdenziali dei professionisti continuano ad applicare le regole previste dall’istituto di appartenenza. Non sono previsti decreti attuativi, quindi sarà tutto immediatamente operativo dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Il blocco delle aspettative di vita fino al 2026 riguarda solo coloro che vanno in pensione anticipata con le regole sopra esposte (contenute nel comma 10 dell’articolo 24 del dl 201/2011, come modificato dal decreto di riforma pensioni). Resta la possibilità di andare in pensione di anzianità a 63 anni (comma 11 dello stesso articolo 24 dl 201/2011) e 20 anni di contributi (effettivi) per coloro che sono interamente nel contributivo (primo accredito successivo al primo gennaio 1996). Ma in questo caso continuano ad applicarsi gli scatti alle aspettative di vita. Quindi, da quest’anno, il requisito è pari a 64 anni (si aggiungono 5 mesi ai 63 anni e sette mesi previsti nel 2018).
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