D’accordo con la tendenza crescente di voler, da parte dei giovani, lavorare all’estero ed aspirare ad essere assunti da aziende “globali”. Ma come la mettiamo con la conoscenza dell’inglese? Spesso alcuni candidati indicano nel CV inglese fluente e, dalla verifica dell’intervistatore, salta fuori che è appena a livello scolastico. Probabilmente la Scuola e l’Università dovrebbero intervenire, raffordando e migliorando notevolmente i corsi finora erogati.
30 ottobre 2012
Un giovane su due vuole lavorare all’estero. Lo rivela una ricerca Istud
Lavoro. Secondo l’Istat, tra il 2000 e il 2010 i laureati emigranti verso l’estero sono raddoppiati rispetto al periodo 1990-2000, con una impennata allo scoppiare della crisi del 2008. È stato calcolato in un miliardo annuo il profitto prodotto dai brevetti depositati fuori dai confini nazionali dai nostri scienziati top 50 emigrati in università e centri di ricerca stranieri.
Come si inseriscono i giovani italiani in questo quadro complesso? Quali le aspettative della Generazione Y verso il proprio futuro e il proprio inserimento lavorativo? A queste domande ha provato a rispondere l’Osservatorio permanente ISTUD su Giovani e Lavoro, che le ha girate a sua volta ad oltre 1000 laureandi, laureati e neoinseriti in azienda, nell’ambito di un progetto di ricerca sulla mobilità internazionale che è stato illustrato a Milano nei giorni scorsi presso Assolombarda.
Dai risultati della ricerca del 2012, emerge come quasi un giovane su due esprima la propria volontà di lavorare all’estero (46%). Con l’Europa che batte gli Stati Uniti come meta maggiormente desiderata (30% del totale dei rispondenti, contro il 9%). Da sottolineare come la propensione all’internazionalità aumenti tra i laureandi e neolaureati rispetto all’anno 2011, con un incremento dell’8,4% di chi desidererebbe lavorare all’estero, e dell’8,2% di chi esprime l’ “azienda globale” come tipologia di organizzazione maggiormente ambita. I dati si inseriscono anche nella cronaca di questi giorni che ha parlato di possibili tagli alle borse Erasmus per il secondo semestre 2012-2013. Le analisi Istud dicono infatti come l’Erasmus possa essere un fortissimo propulsore nelle decisioni di vita orientate all’internazionalità. Un giovane su 3 del campione ha avuto esperienze all’estero, e di questi il 40% ha aderito al progetto Erasmus. Chi ha fatto l’Erasmus manifesta poi maggiore propensione alla ricerca di lavoro all’estero (62% contro il 30% di chi non l’ha fatto). Le aspettative associate all’esperienza internazionale sono legate a un migliore futuro professionale (54%), un ambiente più stimolante (39%), a poter fare esperienze utili e gratificanti (34%).
(Metro)