Un rimborso spese relativo a una prestazione di lavoro occasionale, tenuta da un professionista che non svolge attività abituale di lavoro autonomo, non rende necessarie ritenute alla fonte: lo ha stabilito l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 49/E/2013, rispondendo a uno specifico quesito dell’Istituto Italiano di Tecnologia.
Si chiedeva in particolare al Fisco se fosse necessario, da parte dell’Istituto, effettuare le trattenute sui rimborsi spese a docenti e ricercatori di altre istituzioni scientifiche invitati a visitare i laboratori o a svolgere seminari. Si tratta di prestazioni che non prevedono alcun compenso, limitandosi al rimborso delle spese di viaggio, vitto e alloggio o al sostenimento diretto delle stesse. La ritenuta in genere applicata a queste spese è quella prevista dall’articolo 25 del DPR 600/1973, pari al 20%. Nel caso specifico, sottolinea l’Istituto, trattandosi di un rimborso spese, il reddito imponibile sarebbe pari a zero.
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L’Agenzia delle Entrate, in nome di un criterio di semplificazione, per evitare l’obbligo di effettuare e versare la ritenuta alla fonte in ipotesi di attività occasionali di carattere sostanzialmente gratuito, in quanto il compenso è pari alle spese sostenute, ritiene possibile non assoggettare alla ritenuta di cui all’art. 25 del DPR 600/1973:
«I rimborsi spese di viaggio, vitto, e alloggio, purchè siano solamente quelle strettamente necessarie per lo svolgimento dei seminari, previa acquisizione dei titoli certificativi delle spese».
Stesse condizioni anche nell’ipotesi in cui le spese siano direttamente sostenute dall’Istituto (e, allargando il concetto anche da un’azienda).
Da precisare che la semplificazione vale anche per il percipiente (ovvero il professionista): «Che non è tenuto a riportare dette somme e le corrispondenti spese nella dichiarazione dei redditi».
L’Agenzia argomenta premettendo che, come regola generale:
«Alla determinazione del reddito di lavoro autonomo e del reddito di lavoro autonomo non esercitato abitualmente» rientrano nella nozione di compenso «anche le somme che il lavoratore autonomo riaddebita al committente per il ristoro delle spese sostenute per l’espletamento dell’incarico (cfr. circolare n. 1 del 1973, risoluzione n. 20 del 1998, circolare n. 58 del 2001, risoluzione n. 69 del 2003)».
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Il riferimento normativo è l’articolo 54, comma 1, del TUIR (testo unico imposte sui redditi) in base al quale:
«Il reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’arte o della professione…».
Per quanto riguarda invece i redditi di lavoro autonomo occasionale, l’articolo 71, comma 2, del TUIR, stabilisce che questi:
«Sono costituiti dalla differenza tra l’ammontare percepito nel periodo d’imposta e le spese specificamente inerenti alla loro produzione».
C’è quindi una differenza fra redditi da lavoro autonomo abituale e non abituale, costituita dal collegamento diretto diretto tra compenso e spesa sostenuta (che vale solo per il lavoro autonomo non abituale, come visto).
È per questo che, solo per prestazioni di lavoro autonomo occasionale, quando è previsto solamente il rimborso delle spese strettamente necessarie per l’esecuzione della prestazione stessa o l’anticipo delle stesse da parte del committente, si genera un reddito diverso pari a zero, anche se le spese sono sostenute in un diverso periodo d’imposta.
L’esonero dalla ritenuta (e dalla dichiarazione per il contribuente) non è invece applicabile:
«Quando il compenso, anche nella forma di spese rimborsate o anticipate dal committente, eccede le spese strettamente necessarie per lo svolgimento dell’attività occasionale, facendo venir meno il carattere sostanzialmente gratuito dell’attività stessa. In tal caso, l’intero importo erogato dal committente costituirà reddito di lavoro autonomo occasionale assoggettabile a ritenuta, ai sensi del citato art. 25 del D.P.R n. 600 del 1973».
Infine, in ogni caso per il committente (quindi l’azienda) rimane ferma la rilevanza dei costi ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), di cui al d.lgs 446/1997.
Fonte: Risoluzione 49/E/2013 dell’Agenzia delle Entrate