“La ripresa dell’economia europea deve poggiare sulle solide basi di finanze pubbliche sane. Inoltre, dobbiamo incoraggiare gli investimenti produttivi e ristabilire i flussi di prestito all’economia reale. Condizioni di finanziamento eccessivamente restrittive, soprattutto nei Paesi meridionali quali Spagna, Portogallo e Italia, stanno ostacolando il flusso di credito verso le famiglie e le imprese. Questo frena la crescita delle esportazioni e l’attività economica.
Dobbiamo anche invertire il declino della competitività industriale europea e dell’occupazione nel settore industriale. L’occupazione nell’industria genera un significativo effetto moltiplicatore sul resto dell’economia, attraverso l’impatto sulla filiera produttiva e sul settore dei servizi. E questo effetto moltiplicatore può aumentare il potenziale di crescita delle nostre economie nel lungo termine come nel breve.
Per sostenere la nostra industria, dobbiamo continuare a ridurre gli oneri amministrativi, e garantire regole semplici per le imprese. Dobbiamo cogliere le opportunità offerte dalla crescita globale. L’esempio delle trattative per il libero scambio tra UE e USA, che ha grandi potenzialità di favorire la crescita su entrambe le sponde dell’Atlantico, è estremamente incoraggiante. E dobbiamo fare tutto quello che è nelle nostre possibilità per assicurare che le imprese vengano pagate per i beni e i servizi che hanno fornito, anche per rispondere alle attuali esigenze di liquidità.
Da questo punto di vista, la Direttiva sui ritardi dei pagamenti è molto importante. Essa stabilisce regole chiare in tema di pagamento di beni e servizi acquistati dal settore pubblico. Tutti gli Stati membri hanno l’obbligo di trasporre e applicare la direttiva a partire dal 16 marzo 2013. Ogni Stato membro dovrebbe assicurare la sua attuazione puntuale ed effettiva, al fine di interrompere l’accumulazione di debiti commerciali da parte delle pubbliche amministrazioni, evitando così l’applicazione degli interessi per il ritardo del pagamento previsti dalla direttiva stessa.
Ciò premesso, la direttiva non si applica necessariamente all’ammontare del debito commerciale pregresso. In particolare, nel caso dell’Italia, le autorità hanno deciso che le nuove regole si applicheranno solo ai contratti conclusi a partire dal 1 gennaio 2013. Una soluzione realistica al problema dell’ammontare di debito commerciale pregresso – che si stima essere di notevoli dimensioni – deve, probabilmente, prevedere un piano di liquidazione avente come obiettivo quello di portare tale ammontare di debito pregresso a livelli non attribuibili a ritardi nei pagamenti (livelli fisiologici) in tempi relativamente brevi. Questo piano dovrebbe prevedere adeguate misure contro il rischio di comportamenti opportunistici (azzardo morale) da parte delle pubbliche amministrazioni titolari del debito pregresso.
La liquidazione del debito commerciale pregresso si rifletterebbe in un corrispondente aumento nel debito pubblico. La parte di questo corrispondente a spesa per investimenti avrebbe anche un impatto sul deficit pubblico.
Mentre il quadro normativo europeo in tema di sorveglianza di bilancio pubblico non prevede uno speciale trattamento per specifiche voci di spesa che incidono sul debito e sul deficit, il Patto di Stabilità e Crescita permette di prendere in considerazione fattori significativi in sede di valutazione della conformità del bilancio di uno Stato membro con i criteri di deficit e di debito del Patto stesso. In tale ambito, la liquidazione di debiti commerciali potrebbe rientrare tra i fattori attenuanti.
La Commissione è pronta a cooperare con le autorità italiane per aiutare l’attuazione tecnica del piano di liquidazione del debito commerciale pregresso e accoglierebbe con favore la disponibilità di informazioni più dettagliate ed aggiornate sull’attuale ammontare di tale debito da parte di ogni livello di amministrazione pubblica. “