I mercati mondiali, che hanno attraversato un momento turbolento sul finire dell’estate, sono rimasti a guardare, con crescente scetticismo, mentre i leader politici in Europa e negli Stati Uniti, in modi diversi, hanno tergiversato ed evitato di raggiungere soluzioni costruttive. Era proprio l’ultima cosa di cui si aveva bisogno in una situazione in cui le già fragili economie europee e statunitense stavano incominciando a dare i primi segni di ripresa. Particolarmente deludenti sono state le discussioni negli Stati Uniti, incentrate sulle politiche di partito anziché sulle attuali precarie condizioni dell’economia americana. L’agenzia di credit rating Standard & Poor’s ha ribattuto abbassando la valutazione del credito statunitense di un grado, accelerando così i timori a livello globale. A pesare sui mercati è soprattutto un’enorme crisi di fiducia nei confronti dei politici mondiali (in Italia, Grecia, Germania o persino negli Stati Uniti), concentrati sulle misure a breve termine in un momento in cui invece servono più che mai interventi sul lungo termine.
Chi ci guadagna da questa situazione? Senza dubbio i mercati emergenti, che si stanno sviluppando più rapidamente dei paesi occidentali e, in più, non hanno lo stesso livello di debito che presentano invece l’Occidente o il Giappone. È proprio su questi paesi che è necessario investire sul lungo termine. Nonostante i fatti nudi e crudi, le borse di questi mercati emergenti hanno la vecchia abitudine di essere spinte al ribasso più che in occidente (è difficile prevedere una situazione in cui i mercati emergenti salgono mentre le borse statunitensi sono deboli). È quindi il momento adatto per entrare in questi mercati.
(Da Soldionline)