Moody’s taglia il rating del debito italiano, portandolo da A3 a Baa2. La spirale dei downgrade, insomma, continua ad avvitarsi, come ha sempre fatto nell’ultimo anno. Anche se stavolta il pericolo è più grande, perché Roma si trova a questo punto appena due gradini sopra il livello ‘spazzatura’, al quale il consiglio per gli investitori è di non acquistare. E perché la nota dell’agenzia individua il rischio maggiore nelle prossime elezioni politiche.
Il taglio arriva piuttosto a sorpresa. Soprattutto perché l’agenzia si era espressa poco tempo fa sul nostro paese. A febbraio, infatti, il giudizio sull’Italia era stato rivisto, passando da A2 ad A3. Sebbene allora fosse stato confermato l’outlook negativo, ha stupito la volontà di tornare a pronunciarsi su Roma di nuovo dopo così poco tempo. E si tratta del terzo intervento in meno di un anno. A ottobre 2011, infatti, Moody’s ci aveva fatto passare da Aa2 ad A2, togliendoci ben tre gradini in un colpo solo. Quell’Aa2, addirittura, resisteva dal lontano 2007.
La spirale dei declassamenti
Questo fenomeno, però, riguarda anche le altre due sorelle del rating: Fitch e Standard & Poor’s. Per ricapitolare quanto avvenuto, a settembre 2011 Standard & Poor’s ci portava da A+ ad A, principalmente a causa della situazione di stallo del governo Berlusconi, giunto all’ultimo giro di giostra. A ruota seguiva Fitch, che portava Roma da AA- ad A+.
Poi, a gennaio 2012 arrivava una nuova scarica di bocciature. Prima il declassamento da parte di Standard & Poor’s per quasi tutta l’eurozona: l’Italia passava da A a BBB+, facendo ancora una volta un triplo salto all’indietro. E in questo destino era seguita da diverse vittime illustri: Spagna, Francia e, addirittura, il fondo salva Stati (Efsf), costretto a rinunciare alla tripla A perché ormai non più sostenuto da una maggioranza di paesi con la tripla A. Quell’azione di S&P dava la stura a una nuova ondata di pronunce. Fitch seguiva a ruota il dossier dell’agenzia americana, portando il rating da A+ ad A-, con outlook negativo.
Le ragioni del taglio
I motivi dell’ultimo taglio assomigliano molto ai precedenti. “L’outlook economico a breve termine dell’Italia è negativo, come evidente sia dalla crescita più debole sia dalla disoccupazione più alta, cosa che crea un rischio di fallimento nel raggiungimento dei target fiscali”, si legge nella nota dell’agenzia di rating. “L’incapacità di raggiungere target fiscali potrebbe a sua volta indebolire ulteriormente la fiducia del mercato, alzando il rischio di un improvviso stop del finanziamento”. Senza contare il rischio di contagio e di incremento degli spread, causato dai collegamenti con la Spagna e con la Grecia.
Politica inaffidabile
Ma nella nota arriva anche un richiamo al clima politico italiano, che rende il nostro paese inaffidabile. L’agenzia parla prima di “forte impegno” del governo Monti sul fronte delle riforme strutturali e del consolidamento fiscale. Ma nota poi che “l’outlook negativo riflette la nostra visione che il rischio di implementazione di queste riforme rimane elevato”, sullo sfondo di un “quadro economico in peggioramento che aumenta lo scontento tra la popolazione per l‘austerity e le riforme”. Ma soprattutto “il clima politico e in particolare l’avvicinamento delle elezioni della primavera 2013, sono un’altra fonte di rischio di implementazione (delle riforme)”. In sostanza, l’anno prossimo c’è il rischio concreto che arrivi al potere qualcuno che voglia smontare quanto di buono sta facendo l’attuale esecutivo.
Bruxelles: dubbi sui tempi
La notizia è stata accolta con molto fastidio a Bruxelles dove, dietro le quinte, si parla di taglio ‘arbitrario’. Mentre ufficialmente è arrivata la condanna del portavoce del Commissario europeo per gli Affari economici Olli Rehn che ha detto di non avere “considerazioni da fare sul contenuto, ma possiamo legittimamente e seriamente interrogarci se il timing sia stato appropriato o meno”.
Il taglio, comunque, potrebbe rappresentare un catalizzatore per la proposta di regolamentazione da poco approvata dal Parlamento europeo, attualmente in fase di negoziazione con Commissione e Consiglio dei Ministri Ue. La sua idea di fondo è limitare il ruolo delle agenzie, aprendo il mercato a nuovi soggetti, creando un’agenzia europea e ingabbiando i rating solo in alcuni momenti dell’anno, escludendoli per i paesi sotto attacco.