La legge sullo Smart Working approvata il 10 maggio in via definitiva lascia aperte una serie di questioni, ad esempio in materia di copertura INAIL: il lavoratore agile non è tenuto a prestare l’attività all’interno dei locali aziendali, ma il datore di lavoro ha i consueti obblighi in materia di assicurazione contro malattie e infortuni professionali. Non a caso, nell’ultimo passaggio in Senato è stato approvato uno specifico ordine del giorno su questo punto.
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Sicurezza Lavoro Agile
Le regole sulla copertura INAIL sono contenute nell’articolo 20 della legge sullo Smart Working, che prevede – oltre agli obblighi di comunicazione ai competenti uffici – il diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all’esterno dei locali aziendali. In particolare il comma 3 specifica che il diritto alla copertura INAIL sussiste anche durante il tragitto (andata e ritorno) dal luogo di abitazione a quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, quando la scelta del luogo della prestazione sia dettata da esigenze connesse alla prestazione stessa o dalla necessità del lavoratore di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative e risponda a criteri di ragionevolezza.
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Cosa dice la legge
Su questo interviene l’ordine del giorno approvato in Senato, che chiede al Governo di impegnarsi a chiarire che gli infortuni legati esclusivamente alla scelta discrezionale del luogo di lavoro da parte del lavoratore non potranno essere addebitati a titolo di colpa al datore di lavoro. E a precisare che non rientrano nell’ambito di applicazione della disciplina i lavori che prevedono l’utilizzo di mezzi pericolosi quali le attività di trasporto su strada.
Si tratta, è bene ricordarlo subito, di ordini del giorno. Le disposizioni previste dalla legge sono quelle contenute nell’articolo 20 e non contengono al momento limitazioni alla copertura INAIL. Ma è lecito porsi una serie di interrogativi. E’ possibile, naturalmente, che le nuove modalità del lavoro agile pongano nuove sfide in materia di copertura INAIL, in considerazione delle peculiari modalità con cui si svolge questo tipo di prestazione lavorativa.
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Esempi replicabili
Detto questo, esistono già molteplici forme di lavoro che che si svolgono al di fuori dai locali aziendali e che sono regolarmente coperte dall’assicurazione INAIL. L’esempio forse più classico può essere rappresentato dal dipendente in trasferta, che spesso e volentieri ha autonomia nel pianificare la propria giornata al di fuori degli uffici e continua ad essere assicurato contro gli infortuni. Ma anche nella normale giornata lavorativa i lavoratori dipendenti possono spesso e volentieri avere impegni fuori ufficio che, per definizione, comportano autonomia gestionale: riunioni dal cliente, pranzi e cene di lavoro, eventi.
Ci sono attività che comportano con notevole frequenza spostamenti del lavoratore fuori ufficio: il cronista che si reca sul luogo in cui è avvenuto il fatto, il medico che visita un paziente e casa, il manager che si reca da un cliente. Si tratta di situazioni per le quali esiste adeguata copertura INAIL, per cui la cosa più logica può sembrare quella di applicare le stesse regole anche agli smart worker.
Dubbi da chiarire
La richiesta al Governo è di “chiarire che gli eventi infortunistici legati esclusivamente alla scelta discrezionale del luogo di lavoro da parte del lavoratore non potranno essere addebitati a titolo di colpa al datore di lavoro”. Come detto, è contenuta in un ordine del giorno, che tecnicamente potrebbe forse rappresentare un’eccessiva complicazione rispetto alla necessaria flessibilità, anche regolatoria, che lo smart working comporta, anche in considerazione del fatto che, come ricordato, in fondo si tratta solo di applicare prassi che già vengono previste in molti casi allo stesso lavoro dipendente.
Analoghe considerazioni si possono proporre in merito alla richiesta, contenuta sempre nello stesso ordine del giorno, di “precisare il dovere di valutazione dei rischi connessi a prestazioni di lavoro agile nel loro complesso, in modo da escludere quella dei rischi legati ai singoli luoghi in cui l’attività venga svolta, che il datore spesso non può conoscere, ferma restando la garanzia per il lavoratore di una idonea sorveglianza sanitaria”.
C’è infine la richiesta di fornire specifici chiarimenti in merito all’esclusione dei lavori che prevedono l’utilizzo di mezzi pericolosi perché di fatto estranei al concetto di lavoro «agile» (ad esempio, le attività di trasporto su strada). Qui probabilmente il discorso è più complesso, nel senso che riguarda l’esigenza di fornire adeguata copertura assicurativa a mansioni o situazioni lavorative caratterizzate da elevate percentuali di rischio, ma comunque probabilmente la strada migliore resta quella di applicare con flessibilità le regole esistenti.
Modelli e prassi
In generale, si può forse dire che su una materia come quella del lavoro agile si può applicare una ratio normativa che detti regole flessibili, con carattere regolatorio rispetto ai principi fondamentali a cui le prassi debbano ispirarsi, lasciando poi flessibilità sulle varie metodologie e modelli utilizzabili.
In molti casi si sottolinea come uno dei problemi italiani risieda nell’eccesso di leggi, e nella conseguente scarsa responsabilizzazione dell’applicarle (con atteggiamenti che si potrebbero ricondurre al manzoniano esempio dell’avvocato Azzeccagarbugli). Forse è un po’ un volo pindarico, è giusto che i datori di lavoro abbiano riferimenti certi a cui uniformarsi, anche per ridurre eventuali contenziosi. Ma è altrettanto corretto valorizzare sempre, quando ci sono, le normative esistenti senza bisogno di produrne sempre di nuove, introducendo rigidità in ambiti che per definizione (lavoro agile) richiedono flessibilità.