Quanto tempo in palestra? Scrive un lettore: “Mi avvicino ai 70. In gioventù ho fatto nuoto e giocato a pallacanestro. Da vent’ anni frequento con una certa regolarità una palestra due volte la settimana. Va bene tenere questo ritmo? Qual è l’ideale per tenersi in forma senza strafare?”
La prima considerazione è che la sua frequenza settimanale in una palestra con una certa regolarità è sicuramente un fatto positivo: non sappiamo però il tempo di ogni seduta e la qualità degli esercizi. Rifacciamoci quindi alle linee guida dell’American Heart Association, la più prestigiosa società di cardiologia, e dell’American College of Sports Medicine, altrettanto numero uno nel campo dell’attività sportiva, relative alla sesta e settima decade di vita, che come ben sappiamo rappresentano un momento importante nella vita del senior. Il primo consiglio che gli esperti suggeriscono è diretto ad una corretta alimentazione e come la stessa segua più o meno i ritmi dell’attività fisica: per noi è semplice ricordare la Dieta Mediterranea e tutti i benefici connessi. Secondo consiglio imperativo è una opportuna reidratazione dato che più si va avanti con l’età, maggiormente i meccanismi che controllano la sete tendono ad avere dei rallentamenti e il senior spesso non beve a sufficienza.
Detto ciò, l’attività fisica viene consigliata tre volte la settimana per un tempo medio di 60 minuti, a giorni alterni per consentire il recupero tra una seduta e l’altra.
La prima parte dell’allenamento è legata al cosiddetto “riscaldamento”, che si effettua usualmente o utilizzando la cyclette o il tapis roulant a velocità crescenti. Questo consente di effettuare il tipico lavoro aerobico e, al termine dello stesso, è utile effettuare qualche minuto di stretching per affrontare meglio la seconda parte dell’allenamento che deve vedere sia una componente aerobica sia una anaerobica, o contro resistenza, cioè utilizzare pesi liberi, elastici e le macchine, sapendo bene che ognuno di questi ha delle caratteristiche specifiche (vantaggi e svantaggi), ma la finalità è quella di potenziare la massa muscolare per contrastare in ogni modo la fisiologica sarcopenia che purtroppo si affaccia in queste decadi di vita. L’ultima parte della seduta può concentrarsi su una attività cosiddetta “propriocettiva” che stimola la stabilità e l’equilibrio e quindi ci rende più agili e meno soggetti alle cadute. Quindi, stretching globale, magari finalizzato su distretti particolari che ne abbiano la necessità (esempio, la zona lombare per combattere il mal di schiena).
Per finire, il cosiddetto “defaticamento”, ovvero blandi esercizi aerobici che consentano un riequilibrio vascolare del sangue, dalla periferia nei muscoli verso i visceri. Come non esagerare? Facendosi seguire da un operatore qualificato e specialmente tenendo sotto controllo la propria frequenza cardiaca. Il calcolo si fa utilizzando una vecchia formula, ovvero 220 – età: si ottiene un numero che approssimativamente rappresenta la nostra frequenza cardiaca teorica massima che il nostro cuore può sopportare. Su questo valore si diminuisce in modo percentuale (del 30, 40, 50 per cento) per ottenere dei valori soglia entro cui lavorare con tranquillità. Attualmente ci sono delle formule più precise e complicate che un buon personal trainer sa utilizzare e che ci consentono di lavorare in tranquillità entro i limiti della nostra fisiologia cardiaca.
Fonte: Osservatorio Senior