Se si parla d’influenza e di vitamine, viene subito in mente la C. Da qualche tempo, però, è la D, la cosiddetta “vitamina del sole”, ad attirare l’attenzione dei ricercatori. Che il sole abbia un effetto benefico nei confronti delle patologie respiratorie si era intuito già in passato: non a caso, prima della scoperta degli antibiotici, la terapia elettiva per la tubercolosi era “la cura del sole”. E poiché l’esposizione alla luce solare stimola la formazione di vitamina D nella cute, viene naturale pensare al coinvolgimento di questa sostanza.
In uno studio pubblicato dal British Journal of Nutrition, condotto nel Regno Unito su più di 6700 adulti, si è visto che più erano elevati i livelli di vitamina D, più basso era il rischio d’infezione che causa influenza e malattie di stagione. Che la vitamina D abbia un ruolo nel prevenire le infezioni virali lo suggerisce già l’osservazione che le sindromi influenzali hanno un picco in inverno, quando la sintesi di vitamina D cutanea è debole. Insomma, la vitamina D non è solo un regolatore della formazione ossea, ma è anche un immuno-modulatore. Per esempio, induce nei monociti, nei neutrofili e in altre cellule immunitarie la produzione di proteine antimicrobiche. Il consiglio è dunque quello di non trascurare la vitamina D, che tra l’altro sembrerebbe proteggere anche da malattie cardiovascolari, diabete, molti tipi di cancro e numerose patologie autoimmuni. E il dosaggio? In molti casi basta l’esposizione alla luce solare. Se è insufficiente, come è facile accada in inverno si consiglia di introdurre con la dieta o con integratori (chiedendo consiglio al medico o al nutrizionista) 5 mcg al giorno di vitamina D (che salgono a 10 mcg per anziani).