Le diete alimentari più di moda si possono suddividere in due grandi famiglie:
a) quelle “dimagranti” (per esempio, ipocalorica, low fat, low carbs, iperproteica, a zona, dissociata, ecc.);
b) quelle “alternative” al regime alimentare consueto (vegana, vegetariana, macrobiotica, biologica, ecc. ).
Di fondo entrambi gli approcci nascono in molti casi come risposta alle resistenze suscitate dal modello alimentare tipico dei paesi industrializzati che – condizionato com’è da acquisti d’impulso, ritmi di vita accelerati, prodotti di dubbia provenienza e composizione, squilibrio in termini di nutrienti – viene comunemente percepito come dannoso per la salute o in alcuni casi poco etico. Il problema di fondo che caratterizza ognuna di queste diete è che nell’adottarle si può rischiare di perdere un valore portante e ancestrale della cultura alimentare: la spensieratezza conviviale, cioè il ruolo simbolico, rituale, edonistico, emozionale e affettivo della condivisione dei pasti.
Quindi quella mediterranea – che unisce piacere e salute coniugando la convivialità con un corretto equilibrio nutrizionale – non rientra di fatto in nessuna delle due categorie e di conseguenza non andrebbe qualificata come “dieta”. Ecco perché la sua formula non ha come concorrenti le diete dimagranti o i regimi alternativi, ma semmai il sushi: piatto tipico leggero ed equilibrato, al quale in tutto il mondo si riconosce uno status elevato in termini culturali e sociali. Il sushi – fatte le dovute distinzioni (in fondo si tratta più di una ricetta che di un vero e proprio regime alimentare) – può essere interpretato anch’esso come un modello di convivialità “salutare”: proprio come la pasta per gli italiani, si consuma per piacere e senza che questo generi alcun senso di colpa. Il successo internazionale del sushi è favorito non solo dall’essere collegato a una specifica cultura gastronomica, ad un’unica pietanza e a una sola categoria di ristorante, ma anche al fatto che le sue virtù di leggerezza sono evidenti ed universalmente note, senza bisogno di una spiegazione o di un avallo scientifico. Mentre la dieta mediterranea non è altrettanto semplice ed immediata da decodificare. D’altra parte, il grande vantaggio competitivo sul quale la dieta mediterranea può far leva, e che sicuramente risulterà sempre più rilevante per le persone negli anni a venire, riguarda la sua incontrovertibile sostenibilità ambientale: una prerogativa che oggi, grazie anche all’attività del BCFN, le viene universalmente riconosciuta.